Remodule, il progetto che vuole dare una seconda vita alle celle delle batterie usate delle auto elettriche

Quella riguardante lo smaltimento degli accumulatori agli ioni di litio è una questione delicata, soprattutto se consideriamo che il numero dei veicoli elettrici è destinato a crescere sempre di più. L’intuizione dei giovani fondatori di Remodule: perchè non riutilizzare le celle nel settore dell’accumulo stazionario, dove sono richieste performance meno elevate?
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Federico Turrisi 9 Settembre 2021

Uno degli argomenti più usati da chi ha un atteggiamento critico nei confronti delle auto elettriche riguarda lo smaltimento delle batterie (le più utilizzate commercialmente sono quelle agli ioni di litio). Che fine faranno milioni di accumulatori esausti nel mondo? Per quanto sia bene ricordare che il riciclo delle batterie permette il recupero di una parte delle preziose materie prime di cui sono composte e che le tecnologie in questo campo stanno facendo notevoli passi in avanti, la questione non è di poco conto.

Ne è consapevole il team di Remodule, il progetto – formalmente non è ancora una start up – nato nel 2019 nell'ambito del percorso di formazione dell'Università di Modena e Reggio Emilia chiamato TACC, sigla che sta per Training for Automotive Companies Creation, per lo sviluppo di idee nel campo automotive. Parliamo di un team composto interamente da giovani (l'età media si aggira intorno a 25-26 anni), che si sono laureati in ingegneria e in economia. L'obiettivo che si sono posti è stato quello di trovare un modo per recuperare le celle ancora utilizzabili dei pacchi batteria dismessi delle auto elettriche e reimpiegarle in applicazioni di accumulo stazionario.

Remodule ha già ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui il Premio Repower per l’Innovazione 2020, ed è stato tra gli ospiti degli Emoving Days, l'evento sulla mobilità sostenibile tenutosi lo scorso weekend a Milano. Ma di che cosa si tratta esattamente? "La nostra idea parte da un problema: il costo elevato delle celle agli ioni di litio per l'accumulo stazionario", ci spiega Michele Franceschetti, ceo di Remodule. "Per accumulo stazionario intendiamo una importante fetta del mercato delle batterie. Non quelle montate su strutture in movimento (vedi il caso dei veicoli a trazione elettrica), ma quelle fisse. Ci riferiamo, per esempio, agli accumulatori presenti negli impianti fotovoltaici, oppure ai gruppi di continuità per gli ospedali o per quelle industrie che non possono permettersi black-out, o ancora alle colonnine di ricarica per i veicoli elettrici".

Da sinistra verso destra: Lorenzo Tapini, Marco Mostarda, Michele Franceschetti

Ecco allora che i ragazzi di Remodule hanno pensato di studiare una soluzione a questo problema, cercando al contempo di limitarne un altro: quello dello smaltimento dei pacchi batteria dei veicoli ibridi ed elettrici, che abbiamo menzionato nell'introduzione. "Quando le batterie delle automobili raggiungono uno stato di degradazione tale da non permettere più di garantire il range di chilometraggio necessario, vengono avviate allo smaltimento", prosegue Michele. "Questo è un grande spreco, perché solitamente – e ce lo hanno confermato le case automobilistiche con cui abbiamo parlato – la capacità residua è ancora molto alta, intorno all'80%".

Sono quindi delle batterie con un elevato livello tecnologico, ancora in grado di accumulare e scaricare energia elettrica. Buttarle è svantaggioso sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista ambientale. "Noi puntiamo a recuperare le celle, cioè la componente chiave di queste batterie, e a testarle e certificarle per il riutilizzo in settori, come quello dell'accumulo stazionario, in cui sono richieste performance inferiori rispetto al settore automotive".

Sviluppata l'idea, adesso si guarda già al futuro. "Stiamo cercando di avviare un progetto pilota in cui andiamo appunto a testare e certificare le celle recuperate per reimpiegarle in un accumulatore di piccola taglia. Questo è il primo passo. Poi vorremmo provare a industrializzare una linea di testing entro un anno e mezzo o due", aggiunge Michele. Insomma, quello di Remodule è un interessante esempio di economia circolare: un processo che permette di risparmiare denaro e di avere un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale, trasformando quello che viene considerato uno scarto in una risorsa da poter sfruttare.

Credits photo | Remodule