Riciclo delle batterie al litio: a che punto è la ricerca scientifica in Italia e in Europa?

Oggi il problema maggiore è legato ai costi. Un progetto tutto italiano, realizzato dal Cobat e dal Cnr-Iccom di Firenze, ha portato a brevettare una nuova tecnologia che potrebbe consentire un recupero più efficiente dei metalli (litio, cobalto, nichel e manganese) contenuti nelle batterie delle auto elettriche.
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Federico Turrisi 9 Aprile 2020

Partiamo subito sfatando un falso mito: le batterie agli ioni di litio delle auto elettriche non vengono abbandonate o disperse, inquinando così l'ambiente. Lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per veicoli è infatti vietato dalla legge (la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo 20 novembre 2008, n. 188 che recepisce la direttiva europea 2006/66/CE). Questo perché le batterie esauste sono considerati rifiuti pericolosi, e chi le abbandona rischia una sanzione amministrativa pecuniaria. Tradotto, rischia multe salatissime.

Gli impianti per il trattamento delle batterie al litio sono una realtà consolidata. Nel 2018, fa notare uno studio realizzato della società di consulenza londinese Circular Energy Storage, sono state riciclate quasi 100 mila tonnellate di accumulatori al litio su scala globale. La parte più consistente dell’attività di smaltimento e di recupero è avvenuta in Cina, con oltre 60 mila tonnellate, seguita dalla Corea del Sud con circa 18 mila tonnellate. In Europa gli impianti si concentrano soprattutto in Germania.

I due aspetti su cui si può discutere sono il grado di efficienza del processo di riciclo e il suo costo. Sul recupero dei materiali delle batterie l'Unione Europea vuole introdurre target più ambiziosi rispetto a quelli attuali per favorire all'interno del sistema europeo una fonte secondaria di litio e degli altri metalli rari. Il Vecchio Continente ne è infatti carente e se facesse affidamento sulle proprie risorse minerarie non potrebbe soddisfare la domanda del mercato, soprattutto alla luce dell'espansione delle auto elettriche che tutti si aspettano. Ecco allora che il riciclo diventa fondamentale per ridurre la dipendenza dei paesi europei da quelli che al momento hanno il primato nella produzione delle celle della batteria (Cina, Corea del Sud, Giappone) .

Il processo attualmente in uso in Europa si concentra su metalli ad alto valore aggiunto, in particolare il cobalto e il nichel, ma non viene recuperato il litio. Perché? La risposta è più semplice di quanto tu possa pensare: il riciclo costa di più rispetto all’acquisto della fonte primaria. Certo, bisognerà vedere se in futuro il prezzo del litio rimarrà stabile oppure crescerà sensibilmente, in funzione della crescita della domanda di celle al litio. Un aiuto può arrivare però anche dalla tecnologia, che sta facendo passi da gigante in questo settore. L'introduzione di processi innovativi potrebbe essere in grado di aumentare il grado di efficienza del riciclo, abbattendo i costi e permettendo un notevole risparmio energetico.

In questa partita l'Italia gioca un ruolo di primo piano. Cobat (Consorzio nazionale raccolta e riciclo), insieme al Cnr-Iccom (Istituto di Chimica dei Composti OrganoMetallici) di Firenze, ha messo a punto e brevettato un nuovo processo idrometallurgico che ha dato risultati incoraggianti. "L’intento è quello di evitare il più possibile l'utilizzo dei forni", spiega Luigi De Rocchi, responsabile del settore Ricerca e Sviluppo di Cobat. "La pirometallurgia è decisamente più costosa, più energivora e meno efficiente. Invece il processo idrometallurgico, se ben tarato, garantisce una migliore efficienza di recupero e minori costi energetici. Inoltre, la valorizzazione della materia prima seconda è maggiore perché si ottengono dei metalli con un grado maggiore di purezza".

Un partner industriale italiano si è già fatto avanti per far partire il progetto pilota. In questo modo sarà possibile verificare l'efficacia e la sostenibilità di questo nuovo sistema. "Sviluppare un processo di riciclo efficiente «a chilometro zero», diciamo così, consente un grande risparmio, perché il trattamento dei rifiuti presenta dei costi per la raccolta, per lo stoccaggio, per la messa in sicurezza, per il trasporto e via dicendo. Più vicino sarà il luogo di trattamento, minore sarà la spesa complessiva", prosegue De Rocchi.

Anche per quanto riguarda il riciclo, la Cina è molto più avanti rispetto all'Italia e all'Europa. Pechino ha fatto una scelta ben precisa in fatto di elettrificazione del settore automobilistico. E quando si tratta di prendere decisioni strategiche che hanno una valenza epocale e che comportano trasformazioni che si realizzano nell'arco di decenni i regimi sono avvantaggiati rispetto alle nazioni democratiche. Non è una critica alla democrazia, ma è un dato di fatto. L’instabilità politica ostacola la formulazione di piani a lungo termine.

"I cinesi stanno portando avanti una politica neo-coloniale, comprando tutte le miniere di cobalto e di nichel in Africa, i giacimenti di litio in Sudamerica e via dicendo. Nel frattempo si stanno dotando di impianti di riciclo ad altissima efficienza che garantiscono un percorso di recupero che assicura la massimizzazione delle materie prime seconde. Inoltre, in Cina il governo ha chiuso il cerchio tra produttori di celle, case automobilistiche e impianti di trattamento. Questo da noi non accade, la filiera non è ancora connessa in maniera virtuosa. Ci si sta provando con l’European Battery Alliance". Insomma, anche in Europa qualcosa si sta muovendo, anche se con un certo ritardo rispetto ai paesi asiatici.

Dunque che cosa dovremo aspettarci per il futuro? Il recupero dei metalli più importanti come cobalto, manganese e nichel già avviene. In un contesto di competizione internazionale, si assisterà all’introduzione di tecnologie sempre più raffinate: "Si passerà probabilmente da processi che vedono l’utilizzo di forni a processi misti in cui magari sarà ancora presente l’uso dei forni ma unita alla parte idrometallurgica", sottolinea De Rocchi.

Il nodo principale rimane l'ottimizzazione del recupero dei metalli rari presenti all'interno della cosiddetta black mass, la parte elettro-chimicamente attiva degli accumulatori al litio. Anche su questo, tanto per cambiare, le aziende cinesi sono all'avanguardia. In Europa invece non se ne occupa praticamente nessuno. Risultato? Gli impianti europei tritano la batteria, recuperano quel che possono, ma poi spediscono la black mass in Asia. "Nei prossimi anni dovrà avvenire un’internalizzazione del processo idrometallurgico, dal momento che gli impianti vorranno essere più competitivi su questo fronte e vorranno fare a meno di regalare a terzi la possibilità di trattare la black mass, e quindi il vantaggio del recupero dei metalli preziosi. Questo consentirà anche una forte riduzione dei costi e dell'impatto sull'ambiente".