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Scorie nucleari, cosa si cela dietro lo smaltimento dei rifiuti radioattivi? Inquinamento e scenari futuri

Ti sei mai chiesto come vengono smaltite le scorie nucleari? Sapevi che in realtà non sempre le scorie nucleari sono altamente inquinanti? Cosa potrebbe accadere in futuro se dovessero scomparire tutte le nozioni scientifiche sul nucleare e le scorie?
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Mattia Giangaspero 10 Maggio 2023

Sai che se scavassimo la terra in alcuni punti del nostro pianeta uscirebbero scorie altamente radioattive? Sotto terra l’uomo ha costruito dei depositi geologici dove immagazzinare le scorie prodotte dalle centrali nucleari che restano tossiche per decine di migliaia di anni. Ma cosa intendiamo davvero per scorie nucleari? E come si smaltiscono?

Cos'è una scoria? 

Quando si pensa a un rifiuto radioattivo, forse la prima immagine che ci salta in mente è quella di un barile che contiene uno strano liquido verde fosforescente pronto a riversarsi per terra, ma non è esattamente così. Innanzitutto dobbiamo fare un'importante distinzione sui rifiuti radioattivi perché non tutti sono classificabili come scorie. Ci sono infatti tre diverse categorie di rifiuti radioattivi: le prime due vengono identificate come  rifiuti a basso e medio livello radioattivo, (ovvero oggetti di scarto come vestiti e attrezzi usati in ospedali, industrie farmaceutiche e centri di ricerca). Queste tipologie di radiazioni di rifiuti a basso e medio livello radioattivo possono impiegare da qualche anno, fino a un centinaio di anni per neutralizzarsi definitivamente. Nel frattempo verrebbero smaltite in discariche temporanee.

Ora arriviamo alla terza categoria di rifiuti radioattivi. Il nocciolo  sono le “scorie nucleari". Le vere e proprie scorie sono un rifiuto ad alta attività radioattiva causata dal plutonio e dall’uranio utilizzati nella produzione energetica delle centrali nucleari e rimangono radioattive per decine di migliaia di anni. Insomma, tutte le scorie nucleari sono rifiuti radioattivi, ma non tutti i rifiuti radioattivi sono scorie nucleari. Questo è fondamentale per capire che lo smaltimento del plutonio di una scoria non segue lo stesso processo di un rifiuto a basso livello radioattivo, come ad esempio un camice da laboratorio, che può essere isolato e smaltito nel giro di un anno. Le scorie sono molto meno comuni dei rifiuti a basso e medio livello, rappresentano meno del 3% dei rifiuti radioattivi totali, ma contengono il 95% della radioattività. Parliamo di scorie radioattive, e quindi mortali anche per una breve esposizione, che vanno smaltite in modo più attento e sicuro in modo da limitare l’inquinamento e la tossicità del materiale radioattivo.

Inquinamento delle scorie nucleari

Ma allora come vanno gestite queste scorie? Attualmente un reattore nucleare produce all’anno circa 30 tonnellate di scorie nucleari. Se ci pensi non è un numero altissimo sempre se comparato ai rifiuti di altre fonti energetiche, come ad esempio le centrali a carbone che generano 300mila  tonnellate di cenere tossica immessa nell’atmosfera ogni anno. La differenza è che, per come si sono evoluti i sistemi di smaltimento e isolamento, le scorie radioattive oggi risultano meno pericolose e inquinanti dei residui dell’energia a carbone o quella a petrolio. Non solo possono inquinare meno se stoccate in maniera efficiente, ma, pensa un po’, possono essere anche riciclate! All’interno del ciclo di produzione energetica nucleare, l’uranio e il plutonio, gli elementi radioattivi utilizzati nei reattori per produrre energia, possono essere infatti riutilizzati come nuovo carburante del reattore, mentre il residuo viene smaltito. Questo vuol dire che se i materiali radioattivi vengono reinseriti nella produzione energetica, il resto della scoria sarà sempre meno tossica e ciò renderà più difficile la possibilità di inquinamento ambientale grazie alla bassa radioattività e alla messa in sicurezza delle scorie.

Tuttavia, anche se queste scorie vengono sigillate e isolate, dobbiamo valutare anche i margini di errore nel processo di smaltimento. In pratica, che succede se c’è una fuoriuscita di sostanze altamente radioattive? Partiamo dicendo che… le probabilità che ciò accada sono molto basse. Però bisogna ricordare che sostanze come l’uranio e il plutonio, se rilasciate nell'ambiente, possono causare nei casi più estremi la formazione di tumori negli esseri umani e di mutazioni genetiche in fauna e flora. Non solo, la contaminazione delle acque è un altro grave rischio della dispersione radioattiva, perché se il materiale radioattivo penetra il suolo e le fonti di acqua, queste acque contaminate possono raggiungere anche le nostre case facendoci correre il rischio di bere sostanze radioattive. Ma facciamo attenzione, perché ad oggi non si è mai verificata una contaminazione ambientale dovuta al cattivo smaltimento delle scorie nucleari. Prendi Chernobyl e Fukushima: in entrambi i casi si è trattato di un incidente che ha riguardato i reattori, e non la fase di smaltimento. Considera poi che sono stati ideati siti di stoccaggio sofisticati, lontani dai centri abitati, proprio per evitare potenziali incidenti che come detto poc’anzi causerebbero gravissimi danni al nostro pianeta.

Smaltimento delle scorie nucleari

Purtroppo però, non siamo sempre stati così previdenti: in passato molti Paesi hanno gettato enormi quantità di residui radioattivi, pensa un po’, negli oceani! Ormai sono persi nelle profondità del mare e non sappiamo che conseguenze hanno avuto o avranno per la vita sott’acqua. Sappiamo solo che questa pratica è stata vietata nel 1993 grazie alla Convenzione di Londra. E proprio in quegli anni si è palesata la necessità di smaltire le scorie in altri modi: i contenitori delle scorie sono realizzati con uno strato di acciaio inossidabile che li rende quasi indistruttibili. Per esserne sicuri gli ingegneri hanno inventato delle “prove di sopravvivenza”: i contenitori sono lasciati cadere da un’altezza di 10 metri, immersi in acqua per mezz’ora e poi bruciati a circa 800 gradi. Solo dopo aver superato questo “battesimo di fuoco”, i contenitori possono essere considerati pronti al trasporto in sicurezza. Le scorie radioattive vengono poi trasportate con mezzi identificati come trasporto eccezionale su strada e su rotaie per raggiungere il sito di stoccaggio.

Inizialmente, si era pensato di immagazzinare le scorie in depositi in superficie – un po’ come si fa per la spazzatura, rivestendo il contenitore per evitare fuoriuscite. Ma la durata della radioattività delle scorie, che può arrivare anche a milioni di anni, non permette di farlo in maniera sicura perché non sappiamo cosa potrà succedere in un futuro così remoto. Ed è proprio questa preoccupazione che ha portato nel 1957 il geologo americano William B. Heroy a pensare allo stoccaggio delle scorie in depositi geologici permanenti, cioè dei magazzini costruiti sotto terra. Secondo il suo rapporto, queste caverne di cemento sotterranee sono la soluzione migliore per tenere in sicurezza le scorie radioattive per periodi così lunghi. Ad oggi nel mondo si stanno costruendo molti depositi geologici – come quello di Onkalo in Finlandia, terminato nell’estate del 2022 – per soddisfare la richiesta sempre più urgente di siti di stoccaggio delle scorie. In Italia, invece, i depositi permanenti non sono in programma: i nostri rifiuti radioattivi vengono trasportati e stoccati all’estero.

Non pensare però che la costruzione di depositi geologici sia una soluzione recente. Il primo deposito geologico della storia è stato il Waste Isolation Pilot Plant, o WIPP, costruito negli anni ‘70. Il deposito WIPP si trova nel deserto del New Mexico, un luogo isolato da tutti e tutto, il cui terreno salino è rimasto stabile per 250 milioni di anni. Nel caso del WIPP, infatti, le scorie sono immagazzinate a circa 600 metri sotto la superficie salina per isolare le sostanze dannose e diminuire il rischio di dispersione radioattiva nell’ambiente. Questo perché la roccia salina può richiudere qualsiasi tipo di frattura naturale, rendendo la zona impermeabile, il che è perfetto per lo stoccaggio di materiale instabile come quello radioattivo. Una volta che questo deposito raggiungerà la capienza massima di scorie nucleari si passerà all’interramento finale: le caverne di stoccaggio verranno sigillate con 13 strati di terra e cemento, mentre il sale della roccia, col passare degli anni, andrà lentamente a riempire le fessure tra i rifiuti, isolando per sempre le scorie dall’ambiente esterno.

Cosa accadrà in futuro?

 Insomma, le scorie nucleari resistono per migliaia di anni e chi si occupa dello smaltimento sta facendo il possibile per evitare che avvengano disastri. Immagina però uno scenario in cui, tra qualche millennio, le attuali conoscenze sul nucleare vadano perdute, e mettiamo il caso che in questo futuro remoto qualcuno vada a scavare proprio in quei punti dove abbiamo seppellito le scorie radioattive, magari alla ricerca di un tesoro nascosto. Non è tanto improbabile se pensi che abbiamo aperto le tombe dei faraoni egizi, senza sapere cosa ci fosse dentro e senza la certezza del significato di certi oggetti e geroglifici sui muri. Per risolvere questo problema sono state avanzate più soluzioni, tra cui alcune davvero assurde da film post-apocalittico. Ad esempio c’è quella del semiologo italiano Paolo Fabbri che ha ideato il “raycat”, un gatto geneticamente modificato che cambia colore in presenza di radioattività. Raccontando la leggenda di questo gatto radioattivo, da cui bisogna stare lontani, si potrebbe tramandare anche il pericolo delle scorie alle generazioni future. Insomma, un po’ come la credenza medievale che i gatti neri portino sfortuna e vadano evitati, ma in questo caso il colore del gatto è verde fosforescente. Il progetto più realistico invece sembra essere quello di rendere il deposito una fortezza impenetrabile: all’interno saranno posizionati segnali di pericolo, mentre all’esterno verranno costruite spine metalliche e blocchi di pietra gigantesche per impedire ai posteri di scavare nei punti in cui sono custodite scorie nucleari, radioattive anche dopo migliaia di anni.

Speriamo di aver fatto un po’ di chiarezza sul processo di smaltimento delle scorie nucleari. Ciò che emerge da questo approfondimento, è che è necessario riflettere in maniera costruttiva sulla sostenibilità ambientale del nucleare e sulla gestione dei rifiuti radioattivi, sia nel presente ma anche e soprattutto nel futuro, perché è una realtà più vicina a noi di quanto pensiamo.