Sindrome Nimby: un freno allo sviluppo economico oppure rivendicazioni legittime?

Acronimo che sta per l’espressione inglese Not In My Back Yard (letteralmente, non nel mio cortile), il cosiddetto “effetto Nimby” si manifesta in un atteggiamento di opposizione nei confronti della realizzazione di un’opera di interesse pubblico, ma ingombrante per gli abitanti di una comunità. Si tratta di un fenomeno sfaccettato che può racchiudere al suo interno diverse anime, tra cui quella ecologista.
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Federico Turrisi 15 Luglio 2020

Come la prenderesti se costruissero vicino a casa tua una centrale nucleare? E se ti dicessero che si tratta di un'opera di importanza strategica per il tuo Paese saresti comunque d'accordo alla sua realizzazione? Spesso gli interessi del singolo, o di un piccolo gruppo di individui, non coincidono con quelli di una nazione intera (o perfino di una comunità internazionale come l'Unione Europea). Ecco allora che può scoppiare lo scontro. Gli abitanti di una piccola comunità scendono in piazza per protestare contro l'opera e per bloccarla: sono consapevoli del suo carattere di necessità, ma temono le ripercussioni sull'ambiente locale e sulla salute delle persone, e per questo si oppongono con forza al progetto.

Il mondo anglosassone ha coniato un termine per identificare tale atteggiamento: Nimby, acronimo che sta per Not In My Back Yayd, "non nel mio cortile". La cosiddetta sindrome Nimby è da tempo una realtà con cui le amministrazioni pubbliche e le grandi aziende devono fare i conti. Quando c'è di mezzo la parola Nimby le polemiche non mancano mai e talvolta è molto difficile prendere posizione: si stanno calpestando i diritti delle piccole comunità oppure le proteste di un gruppo esiguo di persone stanno paralizzando interi settori produttivi?

Non fa quasi mai piacere farsi etichettare come Nimby, perché denota un atteggiamento egoistico che ostacola lo sviluppo collettivo. Ma qual è il discrimine tra opposizione per partito preso e tutela del territorio (che in fondo è il primo bene comune)? Come puoi intuire, un'opera di interesse pubblico può dare origine ad aspre contese, per cui un'etichetta si rivela fin troppo semplicistica.

I dati in Italia

Forse non sai che in Italia esiste un think tank, Nimby Forum (attivo dal 2004), che censisce e analizza l’evoluzione delle opposizioni Nimby alle opere di pubblica utilità e agli insediamenti industriali sul territorio nazionale. Ogni anno pubblica un rapporto dove si fa il punto della situazione nel nostro Paese. C'è chi in passato ha criticato i criteri della selezione: inevitabile, se consideri che stiamo parlando pur sempre di un fenomeno che presenta diverse sfumature.

Stando ai risultati della tredicesima edizione dell'Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, in Italia sono 317 le infrastrutture e gli impianti oggetto di contestazioni. Il settore più controverso è quello energetico (57,4%), all'interno del quale spicca l’attività di estrazione di idrocarburi (11,6%). Segue il trattamento dei rifiuti (discariche, termovalorizzatori eccetera) con il 35,9%. In generale, gli impianti più contestati sono le centrali a biomasse, seguite dagli impianti di compostaggio, dalle centrali geotermiche e dai parchi eolici.

Qualche esempio

Colpisce che tra le "vittime" della sindrome Nimby ci siano di frequente le rinnovabili, considerati un tassello fondamentale nel processo di decarbonizzazione del settore energetico. Si crea così un paradosso: con quale coerenza si afferma che è necessario raggiungere gli obiettivi fissati dall'Accordo di Parigi sul clima se poi ci si oppone alla realizzazione di una centrale a biogas o di un impianto eolico?

Il caso più recente in questo senso è quello dell'impianto eolico off-shore davanti alla costa di Rimini, un progetto osteggiato per il suo impatto visivo e per le eventuali ricadute sul settore turistico, cruciale per la riviera romagnola. Si potrebbero fare moltissimi altri esempi. Tutti vogliamo una società a rifiuti zero basata su un modello di economia circolare, ma, soprattutto al Sud, abbiamo un deficit di impianti spaventoso. Nonostante la tecnologia attuale permetta di ridurre al minimo l'emissione di odori sgradevoli, nel mirino delle comunità locali finiscono molto spesso i biodigestori che servono a smaltire i rifiuti organici e a produrre energia elettrica e termica attraverso il biometano.

Per concludere, non possiamo non citare l'opera che più di tutte ha suscitato conflitti sul territorio: la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. Qui si potrebbe aprire una discussione infinita. Per il movimento No Tav il punto non è se si può realizzare un'opera del genere altrove, ma se sia davvero necessaria e il rapporto costi-benefici sia bilanciato come affermano i sostenitori del progetto. Perciò è piuttosto scivoloso parlare di sindrome Nimby in questo caso.