
Probabilmente non ti stiamo dicendo niente di nuovo, ma adesso arriva una nuova conferma della scienza: il riscaldamento inquina, anche più del traffico di automobili e altri mezzi di trasporto alimentati a benzina e gasolio. Un recente studio coordinato dal Centro Studi per la qualità dell’aria e il cambiamento climatico della Foundation for Research and Technology Hellas (C-STACC) di Patrasso in Grecia, al quale ha partecipato anche l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), ha preso in considerazione qual è l'impatto sulla qualità dell'aria nella pianura padana delle stufe a legna e pellet, o meglio qual è il ruolo delle emissioni derivate dalla combustione di biomasse sulle trasformazioni chimiche responsabili della formazione di particolato secondario.
Per capire che cos'è il particolato secondario dobbiamo aprire una piccola parentesi: gli inquinanti secondari, come l'ozono troposferico, non sono imputabili direttamente alle attività umane, ma si originano attraverso reazioni fotochimiche, processi chimico-fisici tra la radiazione solare e i cosiddetti precursori gassosi, come il metano o gli ossidi di azoto (questi sì per lo più di origine antropica). I dati delle varie Arpa, ovvero delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, mostrano che i livelli di polveri sottili nocive per la salute (Pm2.5 e Pm10) in Pianura Padana restano elevati nonostante le limitazioni al traffico, soprattutto in inverno. Perché?
“Gran parte del particolato in Pianura Padana è di origine secondaria, formato cioè a partire da precursori gassosi che reagiscono in atmosfera”, spiega Marco Paglione, ricercatore del Cnr-Isac e autore dello studio. “I meccanismi con cui questi inquinanti si trasformano in particolato sono ancora oggetto di studio, anche perché nei mesi freddi la radiazione solare – che solitamente è il motore delle reazioni chimiche che regolano le concentrazioni di inquinanti secondari in atmosfera – è ridotta al minimo”.
Come si forma allora il particolato secondario durante la stagione invernale? Qui entra in gioco il riscaldamento domestico, soprattutto quello che brucia biomasse. A questa domanda hanno infatti provato a rispondere i ricercatori quantificando proprio l'effetto delle emissioni legate all'utilizzo di stufe a legna e pellet. "Il particolato secondario si forma anche attraverso trasformazioni chimiche degli inquinanti che avvengono in assenza di radiazione (dark aging) e che sono promosse dalla presenza di particelle liquide in atmosfera, come la nebbia", prosegue Paglione. "Finora si riusciva a stimare l'effetto di queste reazioni sulla formazione di Pm secondario a partire da sorgenti da traffico e agricoltura. Il nostro studio evidenzia come anche le emissioni da combustione di legna per il riscaldamento domestico subiscano la stessa sorte, contribuendo alle concentrazioni totali di PM in maniera più sostanziale del previsto".
Fonte | "Rapid dark aging of biomass burning as an overlooked source of oxidized organic aerosol", pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America il 29 dicembre 2020.