Stop alle aste a doppio ribasso sui prodotti alimentari. Parla Fabio Ciconte di Terra!, che da anni si batte contro questa pratica

Lo scorso 4 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo che recepisce la direttiva europea in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare, mandando un chiaro messaggio alla Gdo, che si serviva di un meccanismo come le aste a doppio ribasso per accaparrarsi le merci a prezzi irrisori. Meccanismo contro cui l’associazione Terra! (di cui Ciconte è direttore) ha condotto una lunga battaglia.
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Federico Turrisi 23 Novembre 2021

Vi siete mai chiesti che cosa si potrebbe nascondere dietro a una bottiglia di passata di pomodoro in offerta a un prezzo stracciato? Fabio Ciconte, co-fondatore e direttore dell'associazione ambientalista "Terra!", nonché portavoce della campagna FilieraSporca contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, insieme al giornalista Stefano Liberti, si è a lungo occupato dei lati oscuri dell'industria alimentare.

Uno di questi è rappresentato dalle cosiddette aste elettroniche a doppio ribasso, ovvero lo strumento a cui alcuni gruppi della grande distribuzione organizzata (Gdo) ricorrono per assicurarsi la fornitura di diverse varietà merceologiche a prezzi ribassati. O forse è il caso di dire erano. Perché il Consiglio dei Ministri ha approvato lo scorso 4 novembre il decreto legislativo che recepisce la direttiva europea contro le pratiche commerciali sleali, tra cui rientrano le aste a doppio ribasso.

Queste ultime hanno infatti l'effetto di portare gli attori della filiera agroalimentare a competere selvaggiamente per aggiudicarsi il contratto con la catena di distribuzione, in una guerra che spinge i prezzi sempre più verso il basso e scarica i suoi effetti dannosi sugli ultimi anelli della catena produttiva, cioè agricoltori e braccianti. Per anni Terra! ha denunciato questo perverso meccanismo. Ne abbiamo parlato con Fabio Ciconte, che è tra i finalisti del Premio Ambientalista dell'anno 2021 (ricordiamo che la cerimonia di premiazione si terrà a Casale Monferrato il prossimo 3 dicembre).

Innanzitutto, che effetto fa essere tra i candidati a questo prestigioso riconoscimento?

Fa piacere, sicuramente. Sono più di 23 anni ormai che milito nel mondo dell'ambientalismo, ed è motivo di soddisfazione il fatto che venga riconosciuto il valore del lavoro svolto e dell'approccio utilizzato da Terra!, con cui abbiamo voluto tenere insieme da una parte la complessità dei fenomeni e dall'altra la radicalità delle battaglie.

E una delle battaglie storiche di Terra! era proprio contro le aste al doppio ribasso. Come è nata?

Nel 2016 abbiamo girato per mesi per le campagne del Sud Italia per un'indagine sul fenomeno del caporalato, concentrandoci in particolare sulla filiera del pomodoro da industria (cioè, quello delle passate) e sulle sue storture. Ebbene, durante questo giro abbiamo scoperto la questione delle aste al doppio ribasso: nessuno ne parlava, ma tutti sapevano che si trattava di una prassi consolidata. Parliamo di un meccanismo con cui la Gdo acquista enormi partite di prodotti per poi rivenderli al consumatore a basso costo. La passata di pomodoro è uno di quei prodotti che vengono chiamati "civetta", ovvero è sempre presente sui volantini promozionali a prezzi scontatissimi per attirare i clienti nei punti vendita.

Come funziona del dettaglio questo meccanismo, ci puoi fare un esempio?

Il tema è molto complesso. Prendiamo il caso del pecorino romano. Abbiamo scoperto che la GDO, in particolare alcune sigle dei discount, contattava i suoi fornitori dicendo "guardate, abbiamo bisogno di 10 mila quintali di pecorino romano". Era tra l'altro il periodo della rivolta dei produttori sardi contro il ribasso del prezzo del latte all'inizio del 2019. Che cosa succede? I fornitori avanzano la loro offerta. Vince quella più bassa; a questo punto si fa una seconda battuta d'asta, partendo come base dal prezzo più basso. Effettuando il login su una piattaforma digitale, senza sapere chi siano gli altri partecipanti, i fornitori hanno pochi minuti per competere, ribassando ulteriormente l'offerta nel tentativo di assicurarsi la commessa. In questo modo la Gdo compra la merce a un costo irrisorio, perfino inferiore in alcuni casi al costo di produzione. E questo genera delle distorsioni sul mercato in maniera drammatica.

Oltre a provocare gravi conseguenze a cascata su tutta la filiera agroalimentare, giusto?

Certamente, e il problema riguarda tutti da vicino. È una questione di diritti. Quando qualcosa costa troppo poco significa che si sta scaricando il peso da qualche altra parte: sull'ambiente, sulla salute, sui lavoratori. C'è sempre qualcuno o qualcosa che sta pagando quel sottocosto, questo è il messaggio che deve essere presente nella nostra testa.

Che cosa cambierà concretamente con il recepimento della direttiva europea e il divieto delle aste al doppio ribasso?

Gli operatori del mercato hanno ricevuto un segnale importante: non potete fare quello che volete, solo perché avete più potere contrattuale. La Gdo è un oligopolio molto forte, ma adesso dovrà fare i conti con il fatto che anche il mercato può essere vincolato a delle leggi di buon senso.

Nel tuo ultimo libro, "Fragole d'inverno", ti sei occupato invece di un altro filone, ossia quello del legame che unisce cibo, agricoltura e crisi climatica.

In estrema sintesi, con il mio lavoro di indagine ho voluto mettere in evidenza come l'agricoltura sia allo stesso tempo vittima e carnefice dei cambiamenti climatici. Perché da un lato i sistemi alimentari contribuiscono per oltre un terzo alle emissioni di gas serra a livello globale, dall'altro è il settore che paga il prezzo più alto dell'aumento degli eventi meteorologici estremi (siccità, grandinate, gelate eccetera) dovuto proprio alla crisi climatica.

Anche i consumatori possono svolgere un ruolo di primo piano con le loro scelte?

Io penso che il consumatore debba avere un atteggiamento responsabile, informandosi correttamente così da poter fare una spesa più consapevole. In altre parole, il consumatore deve smettere di essere tale e deve ritornare ad essere cittadino.

In che senso?

Non c'è dubbio che ridurre il consumo di carne rossa o comprare il più possibile prodotti a chilometri zero siano scelte molto importanti. Ma non sono sufficienti. Bisogna cambiare le politiche, a livello nazionale e internazionale. E questo non si può fare senza una forte pressione dal basso, senza una comunità di cittadini e cittadine che si attivano per difendere l'ambiente e i diritti delle persone. Troppo facile inventarsi delle campagne per scaricare le responsabilità soltanto sui consumatori. Occorre intervenire anche a monte.