mancanza neve montagna

Sull’Appennino è così caldo che nemmeno la neve artificiale resiste

Le temperature sopra la media e la mancanza totale di neve stanno mettendo in ginocchio il settore del turismo bianco, soprattutto sull’Appennino. Federfuni Italia chiede aiuto al governo, ma l’innevamento artificiale è davvero l’unica soluzione possibile?
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Maria Teresa Gasbarrone 5 Gennaio 2023

Manca la neve. Se ami sciare te ne sarai accorto anche tu, soprattutto se le tue mete preferite si trovano sull'Appennino. Se è così probabilmente hai anche dovuto rinunciare alla tradizionale settimana bianca. Quest'anno infatti nella maggior parte degli impianti sciistici dell'area appenninica, dall'Abruzzo all'Emilia Romagna, la stagione sciistica si è fermata ancor prima di cominciare, o meglio, non è mai partita.

Il motivo? Per scoprirlo ti basta aprire un qualunque sito di previsioni meteo: non nevica, ma soprattutto non fa freddo. Se sei un frequentatore delle vette innevate saprai che ormai la neve naturale non basta quasi mai e la norma per gli impianti sciistici è ricorrere all'innevamento artificiale. Ma quest'anno la situazione è così drammatica che nemmeno la neve finta riesce ad attecchire al suolo. Tanto che centinaia di strutture sono state costrette a chiudere e centinaia di istruttori di scii a "migrare" sulle Alpi, dove la situazione è – leggermente – migliore.

Federfuni Italia – l'associazione di categoria che rappresenta la maggior parte delle aziende che gestiscono impianti a fune nella catena Appenninica – ha parlato di "una calamità, forse non naturale, ma sicuramente economica". Invece il punto è proprio questo: quanto stiamo vivendo, senza negare il drammatico impatto economico che sta avendo su tante aziende e lavoratori, è l'ennesima prova di come le conseguenze del cambiamento climatico siano ormai innegabili.

Cosa sta succedendo

"Una situazione così difficile – spiega il presidente di Federfuni Andrea Formento non si vedeva da circa 30 anni. Per trovare delle annate simili a questa bisogna tornare alle stagioni '88-'89 e '89-90′, ma allora le dimensioni del settore sciistico erano molto ridotte rispetto a oggi, quindi è anche difficile fare un confronto reale con quello che sta succedendo adesso".

Per l'Italia il 2022 è stato l'anno più caldo dal 1800

L'emergenza in corso oggi, che ha causato la chiusura di centinaia di impianti sciistici sull'Appennino, è infatti il risultato di quella che gli esperti del settore definiscono una "doppia anomalia". Non solo non nevica, ma le temperature sono così sopra la media da rendere vano anche qualsiasi tentativo di correre ai ripari attraverso gli impianti di innevamento artificiale.

Il turismo bianco in ginocchio

"Di solito – prosegue Formento – dalla fine di novembre e per tutto il mese di dicembre accendiamo gli impianti, ma quest'anno abbiamo potuto farlo solo per poche ore". Questo perché gli elevati tassi di umidità hanno reso impossibile la formazione di neve artificiale, e anche qualora questo fosse possibile il caldo anomalo e le piogge abbondanti fanno sciogliere la neve ottenute.

Per farti un'idea di cosa intendiamo per "caldo anomalo" ti basti pensare che il 2022 è stato, per il nostro paese, l'anno più caldo dal 1800. E anche il 2023 è iniziato all'insegna di temperature decisamente sopra la media, anche di dieci gradi in più alcune aree del Nord Italia.

La situazione è così drammatica che Federfuni ha lanciato un appello al governo per chiedere "interventi a tutela dell'occupazione, del sostegno alle aziende della filiera del turismo bianco e dei liberi professionisti a partire dai maestri di sci, moratorie bancarie e fiscali, compensazioni economiche per i costi energetici e di riscaldamento".

"Se non si interviene subito – sottolinea Formento – le conseguenze economiche potrebbero essere ancora più drammatiche di quelle attuali. Non solo per le imprese sciistiche, ma anche per tutti gli operatori del turismo coinvolti: la mancanza di neve rende meno attraente queste aree e quindi anche le attività connesse sono destinate a subire gravi perdite".

L'innevamento artificiale è sostenibile?

Alla disperata ricerca di un modo per sopravvivere, gli operatori del settore sciistico hanno chiesto aiuti mirati allo Stato anche per ricorrere a impianti di innevamento sciistico più potenti. D'altronde la posta in gioco è alta: molti di loro rischiano il fallimento dopo anni di investimenti. Ma ricorrere all'innevamento artificiale è una soluzione davvero sostenibile? Qual è il costo per l'ambiente?

La neve artificiale ha infatti caratteristiche diverse da quella naturale: innanzitutto ha meno quantità di aria per metro cubo, perciò è più compatta. Per darti un'idea: la neve naturale pesa circa 100 kg per metro cubo, mentre quella artificiale pesa dai 300 ai 500 kg per metro cubo. Ciò significa un maggior impatto per l'ambiente: una volta scioltasi, la neve artificiale potrebbe rendere più difficile la naturale rinascita della vegetazione e quindi implicare anche un maggiore rischio di erosione.

Il parere dei geologi

"L'innevamento artificiale non è sostenibile a lungo termine. Non possiamo più cercare soluzioni illudendoci che il cambiamento climatico non esista". A parlare è il presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale (Sigea) Antonello Fiore: "Purtroppo il cambiamento climatico è tanto certo quanto imprevedibile. Dobbiamo rovesciare il nostro modo di vedere le cose e non far finta che tutto sia rimasto come era trenta anni fa. Potremo avere degli inverni con abbondanti nevicate tanto da dover prolungare la stagione sciistica e altri in cui non nevicherà affatto".

Allora che fare? Per i geologi la risposta sta nell'adattamento al cambiamento climatico: "Ricorrere solo alla neve artificiale significa dover utilizzare grandi quantità di risorse idriche ed energetiche. Non siamo più nelle condizioni di potercelo permettere".

Per questo il suggerimento che arriva da chi è esperto di montagna e di ambiente è quello di provare a "diversificare l'offerta turistica anche negli altri periodi dell'anno e a prescindere dalla presenza di neve". C'è già chi lo sta facendo. Un esempio arriva dall'Abruzzo: a Roccaraso, uno dei comprensori sciistici più gettonati del centro Italia, per mantenere vivo il turismo nonostante l’assenza di neve, gli operatori stanno proponendo altri tipi di attività e c'è chi sceglie di tenere in funzione gli impianti di risalita per permettere ai turisti di ammirare il panorama oppure di fare un pranzo nei rifugi ancora aperti.