Tra selfie-mania e superstizioni: anche i gufi e gli altri rapaci notturni sono vittime del traffico illegale

Dall’India, dove questi animali vengono sacrificati durante la tradizionale festa della luce, all’Africa, dove le uova sono ritenute dei pregiati portafortuna, passando per il mondo occidentale, che non è affatto esente da responsabilità. Viaggio intorno al commercio illegale di gufi, in compagnia di Raffaella Maniero e Marco Mastrorilli, che su questo tema hanno scritto un libro.
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Federico Turrisi 2 Aprile 2021

Una delle più gravi minacce alla biodiversità si chiama bracconaggio. Una piaga che alimenta un commercio illegale, il cui giro d'affari si aggira, secondo una stima del Wwf, intorno ai 20 miliardi di dollari all'anno a livello globale. Il punto è che magari consideriamo il traffico illecito di animali selvatici un problema lontano da noi europei, qualcosa che riguarda solo certe aree del pianeta. E invece non è così.

Tra le vittime ci sono anche gli uccelli, compresi i rapaci notturni come i gufi. A questi ultimi Marco Mastrorilli e Raffaella Maniero hanno dedicato un accurato lavoro di indagine e l'anno scorso hanno pubblicato un libro “Il volo rapito. Le scomode verità sul traffico illegale di gufi e di altri animali” (edito da Noctua), che tra l'altro ha vinto il Premio internazionale di letteratura "Città di Como" nella sezione Saggistica. Li abbiamo contattati per farci spiegare più nel dettaglio in che cosa consiste tale fenomeno.

Come è nato il libro?

Raffaella: Da 11 anni mi occupo di divulgazione e sensibilizzazione sui temi legati alla natura e alla tutela degli animali nelle scuole. Dopo un’esperienza con la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli, ndr) insieme a mia figlia per ascoltare i rapaci nel bosco, questi animali mi hanno così stregato che mi sono messa a cercare la persona più esperta in Italia su questa materia e mi sono imbattuta nel nome di Marco. Dall'incontro con lui è nata una sorta di alchimia; tra l’altro, Marco da tempo aveva nel cassetto l'idea di scrivere un libro sul traffico illegale di gufi e così ci siamo trovati, mossi da un intento comune.

Marco: Abbiamo fatto un lavoro di ricerca molto approfondito. Mi occupo di gufi da più di 30 anni. La scelta è caduta su di loro perché volevamo degli animali rappresentativi per ogni continente. Se prendi un rinoceronte, capisci al volo che ci si riferisce soprattutto al continente africano, se prendi una tigre a certe zone dell’Asia. Anche i gufi sono vittime della violenza dell’uomo, che interviene nei vari continenti con modalità e finalità differenti. Abbiamo cercato nel libro di affrontare anche aspetti legati alla cultura e alla storia, a come sono stati e sono tuttora visti questi uccelli dal genere umano nelle varie aree del mondo.

Effettivamente quando sentiamo parlare di bracconaggio, pensiamo quasi sempre a elefanti, rinoceronti eccetera. Ma il fenomeno riguarda anche i gufi e gli altri rapaci notturni: perché sono ricercati dai cacciatori di frodo?

Raffaella: In gioco ci sono diversi fattori come superstizioni, credenze religiose, rituali legati alla medicina tradizionale, oltre a interessi economici ovviamente. Per esempio, in India, nell’ambito di una festività tradizionale come il Diwali (la festa della luce, ndr), il sacrificio di gufi e civette durante i riti propiziatori è considerato di buon auspicio. Il numero di Strigiformi coinvolti nel commercio illegale cresce notevolmente nel periodo del Festival delle Luci.

Si possono individuare dei veri e propri hotspot del traffico illegale di rapaci notturni?

Marco: Ci sono delle regioni che sono maggiormente interessate dal fenomeno. In testa ci sono Asia e Africa, ma anche i Paesi occidentali hanno le loro responsabilità. Spesso noi ci sentiamo superiori dal punto di vista della civilizzazione rispetto alle culture di quella che viene chiamata parte Sud del mondo. In realtà, l’egoismo dell’uomo non ha confini. Qualche esempio? Negli Stati Uniti ci sono bracconieri che vanno a razziare i nidi di gufo reale per venderne le uova. Nel Regno Unito capita che le persone costruiscano nidi artificiali e poi vadano a prelevare le uova o a catturare i pulli, cioè i piccoli quando sono già nati, per poi allevarli.

E in Italia?

Marco: Per la legge italiana tutte le specie di rapaci sono protette. Esiste una certificazione, accreditata presso il CITES (Convention on International Trade of Endangered Species, ndr), che è l’organismo internazionale che si occupa di verificare se un animale è in regola o meno. Fino a poco tempo fa aggirare queste normative era molto semplice; adesso forse tecnicamente un po’ meno. Comunque in Italia attualmente c’è una quantità incredibile di persone che detengono gufi, civette, allocchi o barbagianni rispettando le normative vigenti. Normative, però, inadeguate, perché manca una legge che vieti di detenere i rapaci, ma soprattutto manca una legge che determini un minimo di regolamentazione. In America, per esempio, per detenere un rapace bisogna avere una competenza tecnica molto elevata e superare degli esami rigidi. Dovrebbe esistere anche in Italia un sistema del genere: il problema non sta solo nel traffico illegale, ma a volte anche in come vengono tenuti gli animali. Non basta voler bene a un gufo. Bisogna conoscerne i comportamenti, altrimenti si rischia soltanto di fare danni.

Un gufo, inoltre, non è un animale abituato alla cattività, o sbaglio?

Raffaella: Esatto, andrebbe rispettato per quello che è. Bisognerebbe fare un passo indietro e allargare quello che è il concetto di maltrattamento. Un gufo, se fosse per lui, non entrerebbe mai in un salotto, a contatto con degli esseri umani. Per questo motivo sono delle autentiche aberrazioni i cosiddetti “Owl Café”, diffusi soprattutto in Giappone, dove un esemplare viene tenuto all’interno di un locale chiuso per prestarsi ai selfie degli avventori. Un altro caso interessante è quello scatenato dall’uscita dei libri e dei film di Harry Potter, che involontariamente hanno fatto crescere nel mondo la richiesta di gufi delle nevi. La stessa Rowling si è schierata in maniera netta contro la pratica di tenere gufi e civette come animali da compagnia.

Che influenza hanno avuto e hanno tuttora i social network?

Marco: Hanno accentuato moltissimo quest’ultimo fenomeno di cui parlava Raffaella. Se per esempio una persona posta un video mentre si scambia dei baci con una civetta e il video diventa virale, ottenendo anche milioni di visualizzazioni, ecco che siamo di fronte a una stortura delle abitudini di questi animali. I gufi e gli altri Strigiformi non sono degli animali domestici, non sono paragonabili a un cane o a un gatto.

È vero che nel traffico illegale non sono soltanto coinvolti i gufi in sé, ma anche le loro uova, soprattutto in Africa?

Marco: In alcuni Paesi africani è successo qualcosa di davvero particolare. Considera che gran parte delle risorse stanziate per la salvaguardia della fauna selvatica e per il contrasto al bracconaggio sono destinate ai grandi animali, dal leone all’elefante passando per il rinoceronte, che hanno un valore anche per il settore del turismo. Di tutti i luoghi che abbiamo analizzato l’Africa è quello in cui si concentra la maggiore cattiveria diretta sui gufi, che vengono uccisi in riti woodoo o comunque di stregoneria locale o anche per mangiarseli, anche se non si tratta di un cibo prelibato. Charles Darwin aveva creato da giovane una sorta di circolo dove i membri assaggiavano gli animali più strani e aveva definito il gufo immangiabile. Per quanto riguarda le uova, sono commercializzate in alcuni Paesi dell’Africa con un prezzo al grammo addirittura superiore a quello del corno del rinoceronte e dell’avorio. Vengono regalate come portafortuna, oggetti per augurare buona salute e prosperità. Il punto è che, mentre per uccidere un elefante o un gorilla i bracconieri devono scontrarsi con i ranger, nel caso dei gufi hanno vita abbastanza facile, sottraggono le uova dal nido e via.

In generale, come se la passano i gufi e gli Strigiformi?

Marco: Il principale problema per questi animali è la deforestazione. In Italia abbiamo una decina di specie di rapaci notturni, in Europa 14 e in tutto il mondo 270, di cui almeno la metà vive nella fascia tropicale-equatoriale. Magari però una specie è endemica in una piccola isola, cioè vive solo in quel luogo. Immagina una popolazione di gufi legata alla superficie forestale di questa piccola isola: una volta che questa viene spazzata via, la specie si estingue. In Italia tutto sommato – e questo può consolarci – i rapaci se la cavano abbastanza bene rispetto ad altre specie, con l’unica eccezione del barbagianni, che sta subendo un fortissimo calo, in particolare al Centro-Nord (mentre resiste nelle campagne meno antropizzate del Sud).

Quale messaggio volete lasciare con il vostro libro?

Raffaella: La parola chiave è consapevolezza: conoscere il problema e ragionare su quello che ognuno di noi può fare. Dobbiamo fare un passo indietro e rispettare la natura.

Marco: Come dice giustamente Raffaella, il faro è stato il proposito di sensibilizzare le persone. Abbiamo lanciato anche una call to action. Con le misure restrittive dovute all’emergenza Covid-19, i viaggi in quest’ultimo anno si sono ridotti drasticamente; ma quando si tornerà a viaggiare, se dovessi ritrovarti in luoghi dove gli animali vengono sfruttati a scopo di intrattenimento, sarebbe buona norma non fotografarli o filmarli né tantomeno condividere sui social poi le immagini. Scrivendo questo libro, abbiamo semplicemente cercato di dare voce ai gufi, che da soli non possono difendersi, e di puntare un riflettore su di loro.