Tumore al seno, un algoritmo ora può predire il rischio di recidiva e metastasi

Un nuovo modello predittivo messo a punto dai ricercatori dello IEO combina i dati clinici legati allo stato dei linfonodi e alle dimensioni del tumore al seno con il “predittore genomico” scoperto nel 2019 dagli stessi autori: ora l’algoritmo è in grado di predire con una maggior accuratezza rispetto alle tecniche standard i rischi di sviluppare metastasi del tumore mammario di tipo luminale o una recidiva fino a 10 anni. Ciò permetterà agli oncologi di evitare alle pazienti sotto o sovra-trattamenti chemioterapeutici non indispensabili.
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Kevin Ben Alì Zinati 17 Maggio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Il rischio di recidive o metastasi del tumore al seno ora può essere letto in anticipo. E gli oncologi possono intervenire per tempo e mettere in campo terapie molto più efficaci evitando il sovra e il sotto-trattamento post chirurgia. È la prospettiva concreta che suggerisce un nuovo modello predittivo elaborato dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia in collaborazione con l'AIRC e l’Università Statale di Milano. In sostanza si tratta di un algoritmo capace di stimare in modo più accurato il rischio di sviluppare una recidiva fino a 10 anni e quello di una metastasi del tumore mammario di tipo luminale, tra i più diffusi tumori al seno: tutto attraverso la combinazione dei dati clinici con il cosiddetto “predittore genomico”, ovvero un set di geni chiamato StemPrintEr. Il risultato sarà presentato al convengono annuale della American Association of Clinical Oncology, il più importante meeting internazionale di oncologia medica.

Dati clinici e genomici

Il nuovo modello per la predizione dei rischi di recidiva e metastasi del tumore al seno messo a punto dallo IEO di Milano si basa sulla “nuova” combinazione di due gruppi di informazioni: i parametri clinici, quindi lo stato dei linfonodi e le dimensioni del tumore, e il predittore genomico. Si tratta di una serie di 20 geni correlati all’autorinnovamento delle cellule tumorali e scoperti nel 2019 dagli stessi ricercatori dello IEO. Partendo da questi geni, gli scienziati hanno creato un modello di rischio chiamato StemPrinterEr che è in grado di indicare il grado di “staminalità” del tumore, cioè quante cellule staminali del cancro ci sono e quanto sono aggressive.

Integrando questi dati con quelli clinici i ricercatori hanno studiato e testato oltre 1800 pazienti osservando che il modello era in grado di stimare il reale rischio di sviluppo di recidiva fino a 10 anni in modo più efficace e preciso rispetto alla combinazione dei parametri clinico-patologici standard. Secondo gli autori, il modello è importante per la prognosi del tumore del seno, utile sia alle pazienti con linfonodi negativi ma soprattutto per quelle che hanno pochi linfonodi positivi: queste donne, infatti, rappresentano la popolazione che più necessita di una predizione accurata del rischio di recidiva per evitare sovrattrattamenti con chemioterapie molto pesanti per il fisico.

Fonti| "Integration of the stem cell biology-based genomic tool, StemPrintER, with clinicopathological parameters for the prediction of distant recurrence in ER+/HER2- breast cancer (BC) patients" pubblicato il 14 maggio 2020 su ARCO; Università Statale di Milano; IEO

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