Il tumore al seno è una malattia che, se non è individuata e curata in tempo, può diventare anche grave. Colpisce una donna su 8 nell'arco della vita: è il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne.
Ma non spaventarti, le probabilità di sopravvivenza ormai sono molto alte e ai aggirano attorno al 90%, soprattutto in caso di diagnosi precoce. Per questa ragione è molto importante che tu faccia attenzione e che impari a riconoscerne i sintomi.
Tutto ha inizio da una moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne; a questo punto hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, con il tempo, anche gli altri organi del corpo.
Se, attraverso i vasi sanguigni o i linfonodi, le cellule tumorali raggiungono altri organi e si attaccano a questi, danno vita a nuove masse tumorali che si chiamano, come forse già saprai, metastasi. Se si genera una metastasi nel fegato, ad esempio, si parlerà di cancro al senso metastatizzato al fegato.
Esiste però anche un'altra possibilità, quella che il tumore sia benigno. Capita soprattutto alle donne in un'età compresa tra i 30 e i 50 anni e la forma più comune è il fibroadenoma. Si tratta di un carcinoma solido che si presenta come un nodulo, il quale alla palpazione potrà avere una consistenza solida oppure gommosa. Un disturbo benigno è una formazione anomala di cellule che, però, si replicano in modo molto lento e non provocano metastasi. In questo caso, i fattori di rischio sono riconducibili soprattutto a un livello troppo alto di estrogeni, ovvero gli ormoni femminili, nell'organismo. In realtà, però, una certezza assoluta sulle cause ancora non è stata raggiunta.
Generalmente le forme iniziali di cancro al seno non si manifestano tanto facilmente perché non provocano dolore. Uno studio effettuato su un migliaio di donne con dolore al seno ha dimostrato che solo lo 0,4% aveva una lesione maligna, il 12,3% riportava lesioni benigne (tipo cisti) e nel resto dei casi non c'era alcuna lesione: il dolore era causato solo dalle naturali variazioni ormonali durante il ciclo.
Sintomi che invece devono allertare sono:
Anche il dolore al braccio può essere collegato al tumore al seno. Dovrai fare attenzione soprattutto se è il problema si estende anche alla clavicola e all'ascella. Inoltre, dovresti notare un gonfiore nei linfonodi situati in questo punto. La stessa zona, poi, potrebbe farti male anche nel caso tu abbia appena subito un intervento di mastectomia. Non dovrebbe essere nulla di preoccupante, ma per sicurezza potresti parlarne con il medito che sta seguendo il tuo decorso post operatorio.
Per il carcinoma al seno ci sono diversi fattori di rischio:
Le gravidanze invece, siccome riducono la produzione degli estrogeni da parte dell'organismo, hanno un effetto protettivo e preventivo (per la serie "fate figli").
Se la diagnosi è precoce, al giorno d'oggi le possibilità di sopravvivenza dopo un tumore al seno sono pari al 90%. Il primo passo spetta a te: prendi l'abitudine di sottoporti a controlli periodici presso il tuo ginecologo o un medico esperto. Non ha importanza quanti anni hai o quanto pensi sia lontano il rischio, monitorare il tuo stato di salute non può essere che un bene.
Esiste poi quella che viene chiamata autopalpazione, cioè una tecnica che permette alla donna di individuare precocemente eventuali trasformazioni del proprio seno. La sua efficacia in termini di screening è però bassa: può essere un di più rispetto alla visita ginecologica e alla mammografia, ma non può sostituirle.
Ma vediamo quali esami esistono per arrivare a una diagnosi nel più breve tempo possibile e aumentare così le probabilità di sopravvivenza:
La mammografia è il metodo attualmente più efficace per una diagnosi precoce; le Linee guida del Ministero della Salute suggeriscono di eseguire una mammografia ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni di età.
Si tratta di un esame basato su una ridotta dose di raggi X, resa possibile da una delicata compressione del seno tramite un apposito strumento. Per non interferire con i macchinari, è meglio se quel giorno eviti di utilizzare deodoranti, borotalco o altre creme o lozioni, perché nella diapositiva potrebbero sembrare dei carcinomi.
Oggi, oltre alla forma analogica più tradizionale, si ricorre spesso alla mammografia digitale, la quale, come immaginerai, è in grado di fornire immagini di migliore qualità e risoluzione più alta.
Inoltre, se si rendono necessarie indagini più approfondite, nei centri specializzati si ricorre alla tomosintesi: un macchinario che permette di localizzare anche quelle lesioni mammarie che possono sfuggire al primo screening. Si ottiene infatti una ricostruzione stratificata che riduce i problemi legati alla sovrapposizione dei tessuti, riscontrabili invece nella mammografia.
Un primo esame che può effettuare il medico per cercare di fugare i primi dubbi è di tipo clinico e consiste in una palpazione del seno alla ricerca di eventuali noduli. Se individuati, dovrà verificare se si muovono o meno. Quelli più restii allo spostamento sono solitamente di origine maligna.
In aggiunta o prima della mammografia, il medico può decidere di ricorrere a una ecografia. Proprio come quelle che si effettuano in gravidanza, si basa su una serie di onde sonore (non udibili all'orecchio umano) che rimbalzano sui tessuti e restituiscono determinate immagini dell'interno del tuo corpo.
In questo caso, serve a verificare se il nodulo è solido e quindi è effettivamente un cancro, oppure pieno di liquidi e quindi assimilabile a una cisti.
La risonanza magnetica serve per indagare ancora più a fondo, dopo che si sono ottenuti i primi risultati della mammografia. È un tipo di screening che fotografa più nel dettaglio il seno e mette meglio in evidenza le masse sospette e le loro caratteristiche.
La biopsia è, solitamente, l'ultimo esame che viene effettuato, se quelli precedenti non hanno fornito una risposta chiara. Un chirurgo preleva un piccola parte del tessuto da un nodulo o da una zona sospetta, utilizzando un ago, e un esperto lo esamina in laboratorio.
Nel caso tu abbia ricevuto una diagnosi di carcinoma al seno, quasi sicuramente dovrai sottoporti a un intervento. Ma non spaventarti: la maggior parte delle volte si tratta di una quadrantectomia, cioè l'asportazione del tessuto mammario che circoscrive la massa maligna. Si tratta, cioè, di chirurgia conservativa, volta a mantenere il più possibile il tuo seno naturale.
Se però il cancro è più diffuso, potrebbero doverti asportare anche il cosiddetto linfonodo sentinella: un ghiandola delle ascelle che drena linfa dall'area dove si trova il tumore. Con un esame, si verifica poi che il linfonodo non contenga cellule cancerogene, perché in quel caso dovranno essere rimossi anche gli altri linfonodi dell'ascella.
Quando il carcinoma ha invaso ormai tutto il tuo tessuto mammario, si dovrà però procedere a una mastectomia radicale. Il che significa che il tuo seno sarà completamente asportato, assieme a tutti i linfonodi dell'ascella. Di solito però si cerca comunque di conservare la cute e il capezzolo, che saranno poi riutilizzati al momento della ricostruzione.
Dopo qualsiasi tipo di intervento, dovrai probabilmente sottoporti a una o più sedute di radioterapia, per prevenire il rischio di recidiva. Seguiranno poi altri tipi di cure a base di farmaci anticancro.
La chemioterapia è invece meno usata in questi casi. Sicuramente aumenta le possibilità di sopravvivenza in caso di tumori diagnosticati allo stadio iniziale. Ma il suo utilizzo principale in questi casi è per ridurre le dimensioni e l'aggressività del carcinoma, prima di procedere all'intervento chirurgico.
Abbiamo ascoltato il parere sull'argomento del Dott. Roberto Bollina, Primario di oncologia ASST Rhodense:
"Oggi il tumore al seno è la neoplasia più frequente per incidenza nella popolazione femminile. In Italia si sono avuti nel 2018 circa 53.000 casi nelle donne e 500 negli uomini, con un trend di incidenza lievemente in aumento di circa +0,3 per anno, mentre continua a calare la mortalità (-0,8 per anno). Invece per ciò che riguarda la guarigione, oggi possiamo dire che grazie all'efficacia delle nuove terapie e alla diagnosi precoce, che ci permette di individuare il tumore in una fase iniziale, la sopravvivenza media dopo 5 anni dalla diagnosi è di circa l'87% e che la sopravvivenza dopo 10 anni dalla diagnosi è pari in media all'80%. Ciò significa che sicuramente si può guarire di tumore al seno, ma anche vivere di più se la malattia si ripresenta".
Fonti: Fondazione Veronesi; Humanitas; Airc
(Modificato da Gaia Cortese il 26/02/2019)
Modificato da Giulia Dallagiovanna il 18/06/2019)