
La Tunisia ha ufficialmente vietato la pesca del polpo per un periodo determinato, con l’obiettivo di proteggere la specie e favorire il ripopolamento marino. Una decisione che nasce dalla necessità di preservare l’equilibrio ecologico e rispondere alla crescente pressione sulla fauna ittica del Mediterraneo.
Il Ministero dell’Agricoltura, delle Risorse Idriche e della Pesca tunisino ha annunciato che la pesca del polpo sarà sospesa per tutta la stagione estiva, periodo critico per la riproduzione della specie. Questo provvedimento segue le raccomandazioni di esperti e associazioni ambientaliste che da tempo segnalano un declino preoccupante degli stock ittici, in particolare per il polpo comune (Octopus vulgaris).
Il polpo è una risorsa fondamentale per l’economia delle comunità costiere tunisine, ma negli ultimi anni è stato soggetto a una pesca intensiva e non sempre regolamentata. I principali motivi del divieto includono:
Il provvedimento, sebbene necessario dal punto di vista ecologico, avrà conseguenze sul settore della pesca artigianale tunisina, già provato da crisi economiche e aumento dei costi. Tuttavia, il governo ha annunciato misure di sostegno temporaneo per i pescatori colpiti e incentivi per attività alternative.
In parallelo, si lavora per intensificare i controlli contro la pesca illegale, che rischia di vanificare gli sforzi di tutela.
Il divieto di pesca del polpo in Tunisia si inserisce in un contesto più ampio di attenzione ambientale e gestione sostenibile delle risorse marine. Iniziative simili sono state già adottate in altri paesi del Mediterraneo, come Italia, Spagna e Grecia, dove la conservazione marina è diventata una priorità strategica.
Questa pausa forzata rappresenta non solo un’opportunità per la natura di rigenerarsi, ma anche un’occasione per ripensare il modello economico legato alla pesca, puntando su qualità, tracciabilità e sostenibilità.