“Tutela ambiente in Costituzione, una svolta dirompente”. Intervista alla docente di diritto ambientale Sara Valaguzza

Subito dopo l’inserimento della tutela dell’ambiente e degli ecosistemi nella nostra Carta Costituzionale, è partito il dibattito su come tradurre in azioni concrete questa importante novità. Ne abbiamo parlato con Sara Valaguzza, docente di Diritto amministrativo e dell’ambiente all’Università Statale di Milano.
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Michele Mastandrea 11 Febbraio 2022

La tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità è stata inserita in Costituzione. Lo ha sancito il Parlamento solo qualche giorno fa, come ti abbiamo raccontato. Ma quali conseguenze pratiche avrà questa decisione sulle politiche ambientali del futuro? Potrà aiutare davvero a cambiare la mentalità e le azioni della popolazione e della politica? Per provare a capirlo, abbiamo intervistato Sara Valaguzza (nella foto), docente di Diritto amministrativo e dell’ambiente all’Università Statale di Milano.

Professoressa Valaguzza, praticamente tutti hanno esultato dopo la modifica agli articoli 9 e 41 della nostra Costituzione, che ha inserito la tutela dell’ambiente all’interno del testo fondamentale del nostro ordinamento. Ma nella pratica, cosa cambierà?

Cambierà molto, perché nel nuovo articolo 9 la Repubblica fa diventare la tutela dell’ambiente un dovere. Si tratta di una sintesi dirompente, che qualifica l’ambiente come oggetto di politiche di protezione. Non è solo sancire il nostro diritto a un ambiente sano, ma affermare che l’ambiente è un soggetto che ha valore giuridico. Questa assunzione di responsabilità significa che ora che abbiamo una meta da raggiungere, chiaramente scritta, e che dobbiamo mettere in campo una serie di politiche conseguenti. Significa dover immaginare una nuova etica dell’azione pubblica.

L'ambiente e la sua tutela dovranno essere presi in considerazione nel momento in cui si svilupperà ogni nuovo progetto di legge?

Esattamente. La modifica della Costituzione ha comunque espresso uno spirito che era nell’aria da un pò. A dicembre era stato approvato, ad esempio, un importante provvedimento del Cipess, in cui si dice che le opere pubbliche dovranno essere improntate alla sostenibilità. Ora è stato fatto un passo in più rispetto al semplice dire che tutta la cittadinanza ha diritto a un ambiente sano.

La modifica dell’articolo 41 è inoltre per me decisamente interessante, dato che insiste su un assunto che sembrava immodificabile. Dire che l’iniziativa economica privata non è più libera in senso assoluto, ma che invece deve essere svolta in accordo con l’utilità sociale, senza recare danno a salute e ambiente, oppure dire che la legge può indirizzare l’attività economica a fini ambientali, non è cosa da poco.

Crede che si potrà avere maggior forza nel portare avanti provvedimenti a tutela dell’ambiente? Pensiamo ad esempio al tema delle politiche energetiche.

Senza dubbio. Nuove politiche ambientali potranno essere legittimate attraverso il richiamo della Costituzione. Attraverso la forma giuridica cresce la consapevolezza delle persone, questo è un esempio importante di funzione sociale del diritto. Le comunità così possono tutelare valori comuni a tutti noi, come in questo caso l’ambiente. C’è un potenziale enorme, è come se fosse stato fatto partire un cronometro. Ora che abbiamo scritto tutto questo nella Carta, e che i Tribunali nazionali e internazionali iniziano a emettere sentenze pesanti, c’è l’obbligo di inserire nell’agenda del governo azioni che vanno in questa direzione. A partire da temi come quello energetico, sicuramente. Credo che in questo senso sia importantissimo il ruolo delle associazioni, perché oggi serve rivendicare l’esistenza di politiche che a livello di sistema agiscano nell’ottica dello sviluppo sostenibile.

Ma chi deciderà se una legge non è in linea con la Costituzione? La Corte Costituzionale è in grado di diventare arbitro finale delle politiche di tutela dell’ambiente e degli ecosistemi?

Ogni volta che si stabilisce un dovere, poi ci deve essere da parte della politica la capacità di rispettarlo, anche dialogando con la scienza. Sul cambiamento climatico ad esempio c’è da prendere in considerazione i dati scientifici, sulla tutela degli ecosistemi la visione delle popolazioni. Non credo che assumerà un ruolo maggiore la Corte costituzionale, ma piuttosto che ci sarà una maggiore responsabilizzazione dello Stato.

Infatti, se l’ambiente e lo sviluppo vanno pensati di pari passo, ci vorranno motivazioni più forti per incidere sulla tutela degli ecosistemi. Sicuramente bisognerà capire chi farà valere i diritti dell’ambiente, che ovviamente da solo non può parlare. Spero che a farlo siano non solo le associazioni, ma anche le istituzioni, che è quello che ci è mancato negli ultimi anni. Il governo deve iniziare a dire che futuro immagina, come intende declinare queste novità.

Ma non c’è il rischio che diventi solo uno spot e che nei fatti non cambi nulla? Una sorta di “greenwashing” della politica?

Assolutamente, servirà infatti un’azione determinata per passare dalle parole ai fatti. Le nuove infrastrutture, ad esempio, dovranno non solo essere improntate genericamente  alla sostenibilità, ma bisognerà trovare degli indicatori precisi e coerenti per sostenere un progetto. Pensiamo al tema della rigenerazione urbana. Come riqualifichiamo aree dismesse, come miglioriamo ulteriormente i nostri territori? Dovremo confrontare la legislazione in materia con i nuovi imperativi, dato che la parola ecosistema può essere riferita anche alle aree urbane, al cosiddetto "ambiente costruito". In questo senso intravedo la possibilità di un dibattito innovativo, che può portare in futuro a risultati molto interessanti.