Un drone potrà aiutarci nella misurazione dell’inquinamento atmosferico. Intervista a Massimo Cuscunà, ricercatore del Cnr

Un drone per migliorare il rilevamento dell’inquinamento atmosferico. Le sue qualità? Una maggiore flessibilità spaziale e bassi costi. Lo ha realizzato l’Istituto di Nanotecnologia del Cnr di Lecce, e servirà ad affiancare il monitoraggio delle centraline. Ne abbiamo parlato con Massimo Cuscunà, coordinatore scientifico del progetto.
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Michele Mastandrea 19 Aprile 2022
Intervista a Massimo Cuscunà Ricercatore dell'Istituto di Nanotecnologie del Cnr di Lecce

La qualità dell'aria è sempre più al centro dell'attenzione dei cittadini. La presenza di polveri sottili, di cui ti abbiamo già spiegato la pericolosità, è un problema soprattutto nei grandi centri urbani. Il rilevamento di queste particelle, ad opera di centraline fisse a terra, è sempre più preciso. Quello che ancora manca è però la capacità di misurare in maniera definita l'inquinamento in parti più ampie di atmosfera, così come la conoscenza della composizione precisa delle sostanze inquinanti.

A questi problemi sta provando a dare una risposta il progetto ‘In-Air'. Parliamo di un innovativo drone, sul quale è installata una piattaforma sensoristica multifunzionale abile nel monitoraggio della qualità dell’aria. Il drone è capace di raccogliere allo stesso tempo campioni di gas tossici e di polveri sottili. Il progetto, coordinato dall’Istituto di Nanotecnologia del Cnr di Lecce, è stato messo in atto grazie anche alla collaborazione dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Cnr di Roma e di un team di aziende.

Di questo progetto abbiamo parlato con Massimo Cuscunà, ricercatore del Cnr-Nanotec e coordinatore scientifico del progetto ‘In-Air'. Cuscunà sarà anche ospite alla prossima edizione del ‘Verde Giffoni – Youth Festival‘ in programma dal 27 al 30 aprile a Giffoni Vallepiana, in provincia di Salerno.

Dottor Cuscunà, in cosa consiste il progetto ‘In-Air'?

Si tratta un drone per il monitoraggio della qualità dell'aria in tempo reale, con un'elevata risoluzione spaziale e temporale. Ci abbiamo lavorato a partire dal 2018. L'idea è nata dal fatto che esiste un gap tra il monitoraggio delle stazioni a terra, che sono fisse, poco flessibili, e quello via satellite, che ha costi rilevanti. Noi volevamo situarci in mezzo, dando risoluzione spaziale e flessibilità allo stesso tempo. Il nostro progetto di drone unisce ai bassi costi di monitoraggio, flessibilità ed elevata risoluzione dei sensori montati a bordo.

Come funziona?

Lo strumento pesa circa 7 chili e ospita una nostra piattaforma di sensori, sviluppata insieme all'Istituto per l'inquinamento atmosferico del Cnr di Roma. Monitora a seconda delle necessità la presenza di diossido di azoto e altre polveri sottili, come il monossido di carbonio. Queste ultime sono uno dei più grandi problemi per l'uomo, e quelle più piccole, fino a un centinaio di nanometri (come i virus) le vorremmo iniziare a rilevare nelle prossime versioni del drone. La sfida è stata quella di realizzare noi direttamente lo strumento, e ce l'abbiamo fatta grazie al contributo di alcune aziende con cui abbiamo collaborato.

Ampliare le rilevazioni potrebbe anche farci scoprire che altre rilevazioni non erano corrette?

La tecnologia di monitoraggio su drone farà nei prossimi anni da supporto al monitoraggio già presente. Le attuali centraline hanno comunque una buona performance, i sensori fissi a terra sono molto sensibili ed efficienti. Il loro problema è però non riuscire a monitorare su uno spazio più ampio l'inquinamento dell'aria. La futura utilità dei droni potrebbe essere quella di andare a monitorare l'aria in tutta la colonna spaziale, non solo a terra e all'altezza di 2-3 metri.

A quali ulteriori applicazioni potrebbe portare la vostra ricerca?

Una delle applicazioni su cui stiamo ragionando è quella di andare a monitorare l'aria dei diversi quartieri. In futuro, nella valutazione del costo di una casa ci sarà come elemento anche la qualità dell'aria del quartiere che la ospita. Per fare questo tipo di monitoraggio, la flessibilità di un drone è imparagonabile, è molto più comodo rispetto a installare centraline fisse. In un'applicazione del genere verrebbe sicuramente utilizzato. Dovremo ovviamente lavorare bene sul rendere i droni più autosufficienti, puntando in particolare sulla loro autonomia di volo.

Ci sono state innovazioni nel rilevamento portate dai droni?

Sono stati confrontati i dati raccolti dei droni, comparandoli alle tecnologie standard dei sensori montati a terra. I risultati sono pressoché simili. Il drone può come detto misurare tutta la colonna, portando ad avere una mappa di tutti gli inquinanti, aggiornata in tempo reale e facilmente inseribile in rete. La novità è dunque il superamento del vincolo della misurazione a terra con centraline fisse o aerei. Questi ultimi per esempio non possono rilevare i gas di scarico, che si fermano nelle prime decine di metri. Dove gli aerei non possono volare, ma i droni sì. La flessibilità spaziale è il punto di forza del progetto.

A cosa lavorerete in futuro?

Stiamo sviluppando una seconda versione del drone, lavorando sulla piattaforma sensoristica, sulle batterie, sul tempo di volo. Vorremmo riuscire a farlo volare almeno un'ora per far più rilevamenti possibili, cercando inoltre di inserire nel monitoraggio le polveri sottili molto piccole. Inoltre, vogliamo riuscire a capire anche la chimica di queste polveri sottili. Sappiamo che hanno un certo valore, una certa grandezza, ma ora serve studiare meglio anche la loro composizione effettiva.