Un laboratorio sta sfruttando le api per monitorare la crisi climatica

Le api, spesso celebrate per il loro ruolo cruciale nell’impollinazione, stanno ora assumendo un nuovo ruolo come sentinelle ambientali nella lotta contro la crisi climatica. Un laboratorio del Regno Unito ha sviluppato un metodo innovativo per utilizzare le api come strumenti di monitoraggio ambientale, offrendo una visione unica e a basso costo dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze sugli ecosistemi.
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Mattia Giangaspero 4 Ottobre 2024

Le api hanno bisogno dei fiori per nutrirsi e i fiori hanno bisogno delle api per l'impollinazione. Questo lo sappiamo tutti. È, quindi, di vitale importanza che le api escano dai loro nidi nello stesso momento in cui le piante fioriscono. Così è sempre stato. Ma forse così non sarà in futuro.

Infatti con l’aumento delle temperature le api escono prima dai loro nidi: questo causa una sorta di disallineamento con le piante in fiore che potrebbe avere conseguenti importanti in tutta la filiera dell’impollinazione.

Il UK Centre for Ecology & Hydrology (UKCEH) a Wallingford, Oxfordshire, ha avviato un progetto pionieristico che sfrutta le api per monitorare i cambiamenti ambientali. Gli scienziati del UKCEH utilizzano il DNA del polline raccolto dalle api nel miele per identificare le specie vegetali presenti nelle vicinanze degli alveari e capire quando queste durante le varie stagioni iniziano a germogliare.

Il team di ricerca ha scoperto che per ogni grado Celsius di aumento della temperatura causato dal cambiamento climatico, i bombi e le altre api selvatiche escono dai loro nidi in media 6,5 giorni prima. L'allineamento tra uscita delle api dalle arnie e fioritura è talmente importante che la sua interruzione potrebbe significare che le api non hanno abbastanza cibo o energia per impollinare efficacemente, o che potrebbero perdere del tutto la fioritura delle colture. In altre parole ci potrebbero essere un minor numero di piante in fiore disponibili al risveglio delle api, con conseguente riduzione del cibo e dei tassi di riproduzione. Il risultato potrebbe essere che colture come pere e mele finiscano per non essere impollinate.

I ricercatori hanno esaminato 88 specie di api selvatiche nell'arco di quattro decenni, registrando i cambiamenti nelle date di comparsa in relazione al tempo e alla temperatura. Le migliaia di registrazioni hanno evidenziato che alcune api sono uscite dal nido prima di altre, poiché le diverse specie rispondono in modo differente alle fluttuazioni della temperatura. I dati mostrano che, in media, ogni 10 anni le api anticipano la loro uscita di quattro giorni. In casi come questi, a nulla potrebbero valere le pur lodevoli iniziative dei corridoi dedicati agli impollinatori.

Stando ai meteorologi del Met Office del Regno Unito, entro il 2070 gli inverni potrebbero essere più caldi da 1 a 4,5 gradi Celsius e fino al 30% più umidi, il che significa che la primavera continuerà a essere anticipata e le api saranno ancora più disorientate. Senza contare tutte le altre fonti di stress, come i campi elettromagnetici, a cui le api sono sottoposte.

Fonte | Bbc