Un nuovo legno classificato come “medio” è capace di immagazzinare enormi quantità di CO2

Un tea, internazionale di ricercatori ha scoperto un nuovo tipo di legno mai visto prima e caratterizzato da una struttura interna estremamente affascinante perché capace di immagazzinare più CO2 delle altre piante della sua stessa famiglia. Un nuovo potenziale alleato contro la crisi climatica, insomma.
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Kevin Ben Alì Zinati 19 Settembre 2024

Fin da quando la scienza ha cominciato a studiare gli alberi, li ha sempre divisi in due grandi categorie sulla base del tipo di legno che possiedono.

Ci sono i legni “teneri”, tra i quali spiccano alberi a crescita rapida come i pini e gli abeti, e poi ci sono le querce e gli aceri, caratterizzati da uno sviluppo più lento e da un legno più “duro”.

Ora però un team di scienziati della Jagiellonian University e dell’Università di Cambridge, ha scoperto che ci sarebbe una terza categoria, ribattezzata “legno medio”, che potrebbe riscrivere non solo la storia degli alberi ma anche il loro ruolo nella lotta alla crisi climatica.

Secondo gli scienziati, le piante di questa categoria sarebbero contraddistinte da un tipo di legno pressoché mai visto ed estremamente efficace nell’assorbire e sequestrare CO2 dall’atmosfera. La stessa anidride carbonica emessa dalle attività umane che sta spingendo l’avanzata del cambiamento climatico.

Tra i “legni medi” rientrerebbero i cosiddetti Tulip Trees, ovvero alberi imparentati con le magnolie e capaci di raggiungere anche i 30 metri di altezza. Oggi ne sono sopravvissute solamente due specie: il Liriodendron tulipifera, originario dell’America settentrionale, e il Chinese Tulip Tree (o Liriodendron chinense), nativo invece della Cina centrale e meridionale e del Vietnam.

Per distinguere tra legni duri o teneri si usano generalmente vari criteri tra cui l’analisi della macrofibrilla, ovvero una fibra composta principalmente da cellulosa che conferisce alle piante la forza di crescere più o meno alte.

Le sue dimensioni sono determinanti per classificare i legni perché quelli duri la macrofibrilla misura circa 16 nanometri di diametro, mentre nei legni teneri è di circa 28 nm.

Studiando la famiglia delle magnolie, però, i ricercatori hanno osservato qualcosa di insolito. Il legno dei Tulip Tree presentava infatti delle macrofibrille dal diametro di circa 22 nm. Una via di mezzo, dunque, tra i legni duri e i legni teneri che ha portato gli scienziati a definire una categoria ad hoc.

Sorpresi ed entusiasti, gli scienziati hanno così iniziato a indagare il perché di queste differenze macrofibrillari e gradualmente si sono spinti in un viaggio indietro nel tempo di milioni di anni. La storia evolutiva di questi alberi è stata descritta sulle pagine della rivista New Phytologist.

Tutto partirebbe circa 30-50 milioni di anni fa, quando i Liriodendron si sono evoluti per la prima volta. In quel periodo, i livelli di CO2 in atmosfera stavano diminuendo da circa mille parti per milione a 500 ppm. Una riduzione di CO2 disponibile estremamente drastica che spinse questi alberi a sviluppare un metodo più efficiente per stoccare e conservare il carbonio.

Un lento processo di adattamento che permise loro di sopravvivere e che, allo stesso tempo, determinò evidentemente anche lo sviluppo di una nuova ed esclusiva struttura macrofibrillare.

I ricercatori spiegano questa catena di eventi con l'ipotesi che la presenza di macrofibrille più grandi rispetto ai loro parenti del legno duro sarebbe la base per una miglior capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera. E quindi, anche di una rapida crescita dei Tulip Tree.

Insomma, quello che fu un adattamento necessario perché alcuni tipi di alberi sopravvivessero e proliferassero milioni di anni fa, potrebbe diventarlo nuovamente oggi per l’uomo, che di fronte si trova un avversario enorme come la crisi climatica.

Ne è convinto il dott. Jan Łyczakowski della Jagiellonian University e principale autore della ricerca: “I Tulip Tree potrebbero finire per essere utili per le piantagioni di cattura del carbonio. Alcuni paesi dell’Asia orientale stanno già utilizzando le piantagioni di Liriodendron per bloccare in modo efficiente il carbonio e ora pensiamo che ciò potrebbe essere correlato alla sua nuova struttura del legno”.

Fonte | "Convergent and adaptive evolution drove change of secondary cell wall ultrastructure in extant lineages of seed plants" pubblicata il 30 liglio 2024 ulna rivista New Phytologist