Nord Italia in secca, in Val d’Aosta Legambiente attacca le imprese idroelettriche: “Svuotano i fiumi, danni alla biodiversità”

Le aziende del settore idroelettrico in Valle D’Aosta prelevano troppa acqua rispetto a quanto dovrebbero. Mettendo così a rischio gli ecosistemi e la biodiversità della Regione, e scatenando conflitti con altri settori ad alta necessità di acqua, come l’agricoltura. Lo denuncia la sezione locale di Legambiente, che chiede di aggiornare la legge che disciplina i prelievi di acqua da fiumi e torrenti, ferma al 1933.
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Michele Mastandrea 19 Giugno 2022
In collaborazione con Rosetta Bertolin Direttivo di Legambiente Valle D'Aosta

L'acqua, come sai, è fondamentale per tantissime attività. Serve all'agricoltura, agli usi quotidiani in casa, all'industria: essendo una risorsa non infinita, serve che sia ben distribuita tra tutti i settori. Questo però non sta succedendo in Valle D'Aosta. O almeno, è quanto denuncia la sezione locale di Legambiente, che punta il dito contro il comportamento delle aziende attive nel settore idroelettrico.

Come sai, si tratta dell'industria che produce energia sfruttando il movimento dell'acqua nel suo scorrere. Nella regione alpina, spiega però Rosetta Bertolin, membro del direttivo di Legambiente Val d'Aosta, "la maggior parte dei concessionari dell'idroelettrico prende più acqua di quanto dovrebbe", con conseguenze negative che potrai ben immaginare sull'ambiente locale.

Scontro sui prelievi d'acqua

Secondo un Regio Decreto risalente al 1933, ultimo provvedimento legislativo in materia, ogni impianto nel settore idroelettrico deve rilasciare il cosiddetto Deflusso Minimo Vitale (Dmv). Vale a dire, deve lasciare nel torrente o nel fiume su cui opera, l'acqua necessaria affinché la vita biologica dell'ecosistema non sia messa a repentaglio.

Secondo Bertolin, però, "si verificano molto spesso non solo prelievi in esubero rispetto alla quota assegnata dalla concessione, che sono già di per sé infrazioni alla legge. Ma anche prelievi che svuotano completamente torrenti e fiumi, che rimangono così in secca, non rispettando il Dmv. E questo significa una tragedia".

Legambiente denuncia costantemente queste infrazioni alla Forestale, tenuta dal Regio Decreto del 1933 a intervenire, accertando il reato e sanzionando le imprese. Eppure, spiega Bertolin, "le sanzioni quasi sempre non vengono pagate, nonostante non siano comunque molto onerose, non vanno sopra i 5mila euro per intenderci". Alcune imprese fanno inoltre ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e poi in Cassazione in caso di verdetto negativo, "rivendicando il diritto a maggiori prelievi senza essere sanzionati".

Il problema è che spesso ci riescono, giocando sui tempi lunghi della giustizia amministrativa, ma anche su interpretazioni particolari della normativa.  La determinazione del Dmv è calcolata infatti a partire dalla portata annuale media del corpo d'acqua, e non sulla portata massima dei singoli momenti dell'anno. "Ma i nostri torrenti cambiano molto, moltissimo, a livello di portata massima tra estate e inverno. Se uno preleva la stessa quantità di acqua a giugno o a gennaio, quando i corsi d'acqua sono molto meno pieni, cambia molto. E questo non va a tutela degli ecosistemi", aggiunge Bertolin.

I rischi per l'ambiente

La soluzione richiesta da Legambiente – che ha realizzato un dossier sul tema – è quella di attualizzare il Regio Decreto, rivedendone le prescrizioni e prevedendo controlli e sanzioni adeguate. Anche perché i danni ambientali di questa azioni non sono da sottovalutare. "Se i torrenti sono senza acqua muoiono i pesci, ma anche gli animali che vivono sull'acqua come rane, girini e libellule. Rischia tutto ciò che è vivente insomma, compresa la vegetazione della riva". Insomma, si rischia di perdere la funzione ecologica svolta dal corso d'acqua, a partire dal mantenimento degli habitat e delle specie autoctone.

E la soluzione rischia di aggravarsi con il diminuire delle precipitazioni e con la siccità che sta mettendo a dura il Nord Italia. Scatenando anche possibili conflitti per l'utilizzo dell'acqua, che in Val d'Aosta si sono già visti in passato. Sicuramente, a detta di Legambiente, esiste una contraddizione tra settore idroelettrico e attività agricole. "Il conflitto c'è ed è molto sviluppato. Abbiamo segnalato più volte ad esempio il caso di un torrente che serve sia per l'irrigazione dei prati che per le attività di alcune centraline idroelettriche". Spesso capita che non ci sia l'acqua per irrigare i prati "perché la risorsa è prelevata prima dalle aziende produttrici di energia", che penalizzano così le attività agricole.

In alcuni casi si è arrivati a soluzioni, come la messa in comune delle tubature, che trasportano l'acqua prima all'idroelettrico e poi ai campi, "ma a volte questo non succede. Bisogna regolamentare caso per caso", conclude Bertolin. Evitando che a pagare per il conflitto sull'utilizzo dell'acqua siano gli ecosistemi e la biodiversità locale.