Acquacoltura in Italia e nel mondo: come funzionano gli allevamenti di pesci, alghe e molluschi

Di tutto il pesce che viene mangiato al mondo, più della metà proviene da allevamento e non dal mare. L’acquacoltura è il futuro? Sostituirà per sempre la pesca impedendo il sovra-sfruttamento dei mari? E come funziona? Esiste un modo per praticarla in modo sostenibile?
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Francesco Castagna 13 Aprile 2023

L’uomo mangia sempre più pesce, e non ha alcuna intenzione di smettere. Secondo l’ultimo rapporto The State of World Fisheries and Acquaculture (SOFIA) del 2018, entro il 2030 la produzione ittica mondiale raggiungerà le 201 milioni di tonnellate, una crescita del 18% rispetto al livello attuale. Ma da dove viene tutto questo pesce?

Naturalmente la pesca in mare non è l’unico modo attraverso cui i prodotti ittici e i molluschi arrivano sulla tua tavola. Anzi. Dei milioni che ogni anno vengono mangiati in tutto il mondo, uno su due è allevato.
In Italia, oltre il 40% degli alimenti ittici che vengono prodotti sono stati “coltivati”.

Cos’è l’acquacoltura

L’acquacoltura consiste nella produzione di pesce, crostacei, molluschi e alghe in ambienti circoscritti e completamente controllati dall’uomo. Una sorta di allevamento per pesciolini. Come attività ha origini antichissime, pare che gli aborigeni australiani la praticassero 8000 anni fa, ma ha avuto il suo principale momento di espansione industriale durante gli anni ’80 e ’90. Nel 2016, la produzione mondiale di pesce allevato ha raggiunto la quota di 80 milioni di tonnellate, fornendo il 53% del pesce consumato in tutto il pianeta. Solo in Europa, l’acquacoltura dà lavoro a circa 85.000 persone.

Storia dell'acquacoltura

Forse non tutti lo sanno, ma gran parte dei movimenti ambientalisti prende ispirazione da un libro che è stato definito come "antesignano" delle istanze ecologiste. Il 27 settembre 1962 è stato pubblicato "Primavera silenziosa" (Silent Spring), scritto dala biologa Rachel Carson.

Un manifesto green che documenta i rovinosi effetti del DDT e, più in generale, dei pesticidi sull'ambiente. La biologa è stata spinta a indagare su questi scenari dopo che una sua amica, Olga Owens Huckins, le scrisse una lettera in cui le descriveva la morte di numerosi uccelli nei pressi di Duxbury, in Massachusetts, a causa dell’irrorazione con il DDT.

Per questo motivo Olga Huckins spinse la biologa ad avviare un'indagine sull'uso dei fitofarmaci. Carson raccolse così tanto materiale che l'inchiesta divenne un libro, "The Silent Spring", per l'appunto. Ma perché te ne stiamo parlando? Perché come biologa marina Carson si era già occupata di casi in cui diversi pesticidi avevano contaminato le acque.

In realtà però questa tecnica risale addirittura al 5000 a.C., grazie a Fang Li, un piscicoltore cinese che scrisse un trattato sulle pratiche dell'acquacoltura, facendo riferimento alle tecniche più avanzate di quel tempo. Passando dai Fenici fino ai romani, dal medioevo fino alla metà del 1900, l'acquacoltura arriva fino ai giorni d'oggi.

Il sempre maggiore utilizzo dei fitofarmaci per i pesci ha portato nel tempo a seri problemi per l'ambiente. Tanto che l'EMA ha richiesto in passato all'Unione Europea di adottare misure di tutela dell’ambiente e della salute umana.

I tipi di acquacoltura

Le pratiche di acquacoltura non sono uguali ovunque, ed è opportuno quindi fare delle distinzioni. Si parte dal tipo di ambiente in cui viene praticata. La distinzione va fatta. quindi sulla base del genere di allevamento utilizzato, ovvero dell’entità del contributo umano nella coltivazione.

In questo caso l’acquacoltura può essere di tipo:

  • Estensivo: basato sull’utilizzo delle risorse naturali, prevede che l’area di allevamento sia molto vasta, con grande spazio per i pesci, che si alimentano in modo totalmente naturale. Il tipo di acquacoltura estensiva più diffuso è la vallicoltura, praticata nelle valli o nelle lagune costiere.
  • Intensivo: in questo tipo di allevamento, l’ambiente dipende completamente dall’intervento umano, la densità dei pesci è maggiore e le superfici ridotte. Solitamente per questo genere di acquacoltura vengono utilizzate vasche in vetroresina o cemento in caso di allevamento a terra, oppure grosse gabbie in caso di allevamento in mare. Inoltre, le specie vengono alimentate in modo artificiale tramite mangimi formulati o alimenti naturali.

La seconda classificazione avviene sulla base delle specie che vengono allevate. In base al tipo di animale “coltivato”, è possibile parlare di:

  •  piscicoltura: l'allevamento dei pesci in peschiere o bacini artificiali o naturali
  • molluschicoltura: allevamento, prevalentemente estensivo, dedicata all'allevamento dei molluschi bivalvi
  • alghicoltura: con il fine di coltivare biomasse per uso alimentare, mangimistico o industriale
  • crostaceicoltura, ovvero l'allevamento di crostacei come aragosta, astice, mazzancolle, gambero reale

L’acquacoltura in Italia

In Italia sono presenti più di 800 impianti che producono 140mila tonnellate l’anno di pesce, e che rappresentano il 40% della produzione ittica nazionale. La produzione italiana si occupa complessivamente di 30 tipi di pesce, molluschi e crostacei ma il 97% dei prodotti può essere sintetizzato in 5 specie: trota, spigola, orata, mitili e vongole veraci. Nonostante questo, l’80% del pesce che mangiamo in Italia viene importato dall’estero. L’Italia è al top nell’Unione europea per quanto riguarda la molluschicoltura: è infatti il principale produttore di vongole veraci e rappresenta il 45% della produzione comunitaria di storioni e il 20% della trota iridea.

Benefici e svantaggi dell'acquacoltura

L’acquacoltura rappresenta sicuramente una possibile soluzione al progressivo svuotamento di fauna marina a cui sono sottoposti i mari a causa del sovra-sfruttamento delle acque. Inoltre, la Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations) ha più volte posto l’accento sull’importanza della pesca e dell’acquacoltura come strumento per raggiungere l’obiettivo di un mondo senza fame e malnutrizione.

Inoltre, un tipo di produzione ittica così circoscritto potrebbe ridurre la quantità di scarti presenti nei mari provocati all’abbandono di attrezzature da pesca e del numero incalcolabile di microplastiche che lenze, reti e altri oggetti pescherecci rilasciano, aiutando così l’intero ecosistema marino. Tuttavia, sarebbe importante incentivare un tipo di acquacoltura sostenibile, estensiva, che venga sviluppata secondo la tutela dell’ambiente circostante e del consumatore che alla fine mangerà quel pesce.

Svantaggi dell'acquacoltura

Prospettiva diversa da quella dell’acquacoltura di tipo intensivo, che pare comporti diversi rischi per l’ecosistema, a cominciare dalle sostanze che vengono rilasciate nell’ambiente circostante: batteri, disinfettanti, antibiotici, cibo non consumato, pesticidi coloranti chimici, acque sporche. Sono diversi i punti deboli di questo tipo di produzione segnalati da diverse associazioni animaliste nel corso degli anni soprattutto per quanto riguarda Paesi sottoposti a minori controlli.

Rinchiusi in ambienti così ristretti, i pesci perdono i loro istinti naturali, e spesso vivono talmente attaccati l’uno all’altro che è molto facile che si trasmettano delle malattie (da qui l’utilizzo di antibiotici per evitare che si ammalino). In più, le specie vengono alimentate con altri pesci-foraggio, farina e olio di pesce che derivano da altre specie reperite in natura. Quindi, in pratica, si pescano in mare pesci da dare in pasto a pesci d’allevamento. L’Unione europea ha emesso norme molto restrittive in materia di ambiente, salute degli animali e tutela di consumatori, e in Italia i controlli sono molto stretti, grazie anche al numero piuttosto ridotto di acquacolture presenti sul territorio.

Nuove idee per un’acquacoltura sostenibile

Dal momento che si prevede che l’industria ittica occuperà sempre maggiore spazio nella produzione alimentare del futuro, anche l’innovazione deve fare la sua parte, per dare a questo settore un’impronta sempre più sostenibile. A questo proposito, le idee non mancano:

  • Acquaponica: consiste nell’integrazione tra acquacoltura e coltivazione idroponica. Prevede la coltivazione di piante senza terreno, quindi tramite soltanto acqua arricchita di sostanze nutritive, fertilizzata dai materiali emessi dai pesci, trasformati in nitrati e fosfati.
  • Acquacoltura integrata multitrofica: un tipo di acquacoltura che usa gli scarti dei pesci come nutrienti per altri organismi come molluschi filtratori e macro-alghe.
  • Utilizzo di insetti per nutrire i pesci di allevamento.

(Pubblicato da Sara Del Dot il 24 Ott 2018
Modificato da Francesco Castagna il 13 Apr 2023)