Alla partenza del primo campionato mondiale di Plogging: dove ci si sente parte del cambiamento che vorremmo

Kevin Ben Alì Zinati, giornalista della redazione di Ohga, oggi è a in Val Pellice e sarà tra gli atleti che correranno il primo campionato mondiale di Plogging, lo sport che mescola il running, la raccolta rifiuti e il senso civico: a pochi minuti dal via ci ha raccontato le sue emozioni tra guanti, sacchetti di plastica e Greta Thunberg.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Ottobre 2021

TORRE PELLICE – Tra le mani ho i miei sacchi dei rifiuti ancora vuoti. Ogni partecipante ne porterà ben quattro con sé questa mattina anche se l’augurio però è quello di non riempirli tutti.

Di fronte a me si apre l’intera Val Pellice, uno spettacolo di montagne e sentieri all’ombra delle Alpi Torinesi. Oggi la setaccerò alla ricerca di bottiglie di vetro, carte e cartacce, polistirolo, copertoni di ruote di bicicletta e qualsiasi altro tipo di rifiuto siamo in grado di abbandonare in mezzo alla natura, come fosse il nostro cestino personale.

La mattina fredda mi punzecchia i lembi di pelle che la maglia di gara non copre e le campane della chiesetta di piazza San Martino hanno già rintoccato le 8. Da qui a una manciata di minuti si parte. Le gambe sono pronte. Le due corse in montagne di quest’estate – toste e impegnative il giusto per uno abituato a correre “comodo” sull’asfalto delle maratone – mi danno fiducia. Eppure un po’ tremano lo stesso.

L’adrenalina e quell’eccitante paura di non sapere cosa mi aspetterà per i prossimi 20, 30, 40 chilometri stanno salendo. Si arrampicano sulle caviglie fin su al petto, prendendo il posto dell’emozione di essere tra i partecipanti del primo campionato mondiale di Plogging.

Quella c’era ieri, alla vigilia, nella giornata di apertura della prima manifestazione internazionale che certifica la grandezza di uno sport come il Plogging e il valore dellendurance sulle montagne come una delle più spettacolari, divertenti e anche salutari forme di attivismo ambientale.

Il mio pre-plogging ha seguito tutti i contorni di una classica gara di running. Corsa allo stand per il ritiro del pettorale – vestirò il numero 43, la cui somma fa 7, il mio numero fortunato – e sbirciata all’ambitissimo pacco gara. Accanto ai materiali dei vari sponsor, il succo e altri gadget alimentari che riempiranno i cassetti della mia scrivania al giornale, c’erano gli strumenti necessari per chi vuole fare Plogging.

Una mascherina antinfezione – che oggi non desta più alcun tipo di fascino – e un paio di guanti antitaglio. Sono di colore nero con i profili blu elettrico e ricordano quelli che usavo per dare l’antiruggine al cancello di casa. Ma soprattutto loro: i miei quattro sacchi per i rifiuti. Dico “miei” perché ognuno riporta il mio nome stampato sopra. Questo perché durante la gara potremo decidere di lasciarli in un determinato punto e recuperarli dopo aver raggiunto uno dei checkpoint del percorso e raccolto altri rifiuti, senza quindi doverceli portare necessariamente sempre appresso.

Ce l’ha spiegato l’organizzatore dell’evento, l’ecorunner Roberto Cavallo, durante il briefing con tutti gli altri atleti. Prima ancora della partenza, era questo il momento che più aspettavo e temevo.

Partecipare al primo campionato mondiale di Plogging non significa solo correre – o camminare – e raccogliere rifiuti. Roberto però ci ha svelato nel dettaglio il regolamento che dovremo rispettare e le modalità in cui si svolgerà la gara solo ieri sera: non proprio la “confort-zone” per uno abituato a seguire il percorso tracciato sulla strada dalla partenza all’arrivo.

In sostanza la Val Pellice ci ospiterà per 8 ore, durante le quali dovremo raccogliere più rifiuti possibile percorrendola in lungo, in largo e in alto. Avremo solo due punti di passaggio obbligatori. Uno al laghetto del Nais, uno specchio di acqua a una decina di chilometri dalla partenza, e un altro a scelta tra Bessè e Peyron, due località alla destra e alla sinistra del torrente Pellice.

L'endurance sulle montagne può diventare una delle più spettacolari, divertenti e anche salutari forme di attivismo ambientale

Accumuleremo i punti per la classifica finale a seconda dei chilometri che percorreremo e del dislivello positivo che raggiungeremo, insieme ovviamente al peso dei rifiuti raccolti. A contare però non saranno i chilogrammi quanto piuttosto il peso ambientale di ogni singolo pezzo di scarto e quindi la CO2 equivalente risparmiata.

L’alluminio di una lattina da 33cl, per esempio, ci porterà in tasca circa 127 punti, una scatoletta di tonno 38,5 punti mentre un mozzicone di sigaretta “solo” 0,7. Attenzione quindi all’inganno: i rifiuti più pesanti non è detto che siano anche quelli più inquinanti.

Quello che mi attende tra qualche minuto, mentre anche gli altri atleti hanno raggiunto l’arco della partenza alla chiesetta di Torre Pellice, non è quindi una semplice gara di corsa e raccolta cartacce. È un’avventura di orientamento, di strategia e resistenza tutto mescolato dentro a un’innovativa e intrigante manifestazione ambientalista.

Le parole di Greta Thunberg degli ultimi giorni alla Youth4Climate di Milano fanno eco anche qui, tra le montagne della Valle. Sentirla dire – dir loro, dirci, dirmi – che non si sta facendo abbastanza per dare forma ai “bla bla bla” che pronunciamo sulla difesa dell’ambiente e contro il cambiamento climatico oggi hanno fatto ancora più breccia nel mio animo.

L’emozione di essere al primo campionato mondiale di Plogging ha certo una matrice sportiva. Il brivido di far parte di coloro che per primi daranno vita a qualcosa che tra qualche anno, chissà, potrebbe diventare una disciplina olimpica accenderebbe la fantasia di qualsiasi sportivo.

Ma far parte di questo gruppo di Ploggers, mettersi in gioco e aver trovato il modo di declinare una mia passione – la corsa – a qualcosa di più alto – l’ambiente – oggi è emozionante. Mi permette di sentirmi parte di quel processo di concretizzazione che Greta e il Pianeta chiedono con urgenza.

Le 8.30 stanno per scoccare. Le gambe non hanno ancora smesso di tremare ma va bene così: qualche chilometro e si scioglieranno. Un check all’orologio. La sacca dell’acqua è piena e le barrette energetiche al loro posto nelle tasche laterali. Infilo i guanti, stringo il mio sacco. Si va.

Al primo rifiuto raccolto e buttato dentro diventerò uno dei minuscoli ingranaggi della macchina che vuole cambiare il mondo. Oggi però essere un ingranaggio è ancora più bello.