Amianto, quali sono le zone d’Italia più contaminate e quali Paesi al mondo non l’hanno ancora vietato?

Ad oggi sono stati individuati oltre 135mila siti sul territorio italiano in cui è nota la presenza di amianto: la maggior parte si trovano in Piemonte e Friuli Venezia Giulia oltre a molti altri tra Marche, Abruzzo e Campania. Di queste aree, ne sono state bonificate 15.737 e altre 2.620 sono state ripulite solo parzialmente.
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Kevin Ben Alì Zinati 10 Luglio 2024
* ultima modifica il 10/07/2024

Ti do delle coordinate temporali. Nella storia tra noi e l’amianto, quel materiale tossico e cancerogeno che per oltre 30 anni abbiamo utilizzato praticamente per qualsiasi cosa, il momento della svolta è arrivato il 27 marzo 1992.

In quella data venne approvata la legge 257 che di fatto ne vietò l’estrazione, l’importazione, l’esportazione e bloccò la commercializzazione e la produzione di qualsiasi oggetto contenente questo pericoloso minerale.

L’Italia ebbe coraggio e lungimiranza ad approvare una legge di fatto unica al mondo, ciononostante per certi versi fu come tentare di tappare la falla nella diga con il dito indice. Secondo alcuni dati forniti dal CNR e riportati dalla Camera dei Deputati, infatti, nel 2002 i quantitativi di materiali contenenti amianto presenti sul territorio italiano erano enormi e sembra si aggirassero intorno a 32 milioni di tonnellate.

Di fronte a questo mare di amianto, insieme allo stop il governo italiano diede anche il via libera a una serie di interventi per la bonifica di aree e siti contaminati da questo materiale tossico. Non si trattava di un obbligo: la legge, infatti, raccomandava una valutazione del rischio per quei siti dove fosse stata riscontrata la presenza di amianto. Se le analisi avessero evidenziato un livello di rischio contaminazione alto, allora sarebbe scattato l’obbligo di rimozione.

La bonifica sarebbe divenuta urgente, invece, nel caso in cui i materiali contenenti amianto avessero mostrato segni di danneggiamento o usura e fossero stati dunque in grado di disperdere nell’aria fibre che, inalate, avrebbero potuto innescare gravi e irreversibili malattie a carico dell’apparato respiratorio.

Le bonifiche

La legge stabilisce che ogni Regione d’Italia è tenuta a stilare dei piani d’azione per la gestione dell’amianto sul proprio territorio, oltreché per il censimento e la mappatura dei siti in cui è stato utilizzato nel corso degli anni. Tutti i documenti dovrebbero essere presentati entro il 30 aprile di ogni anno, ma come ha tristemente sottolineato l’edizione 2022 del «Libro bianco delle morti di amianto in Italia», tale termine non viene pressoché mai rispettato.

Nelle pagine che il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica dedica al tema, si legge che al 2002 la banca dati nazionale contava oltre 135mila siti interessati dalla presenza di amianto e 42 «Siti di Interesse Nazionale», ovvero porzioni di territorio italiano “di particolare pregio ambientale […] che comportano un elevato rischio sanitario ed ecologico in ragione della densità della popolazione o dell’estensione del sito stesso, nonché un rilevante impatto socio-economico e un rischio per i beni di interesse storico-culturale”.

A che punto siamo con le operazioni di bonifica? Giudica tu: al 31 dicembre 2022, ultimo monitoraggio ad oggi disponibile, sono stato bonificati 15.737 siti e altri 2.620 sono stati ripuliti parzialmente.

Dando uno sguardo alla mappa qui sotto, ti sarà facile capire anche la geografia dell’amianto. La maggior presenza di questo materiale si registra al nord-ovest (Piemonte) e a nord-est (Friuli Venezia Giulia) insieme a territori del centro come Marche e Abruzzo e la Campania al sud. Le principali azioni di bonifica invece sono avvenute in Trentino e in veneto, nello stesso Piemonte e in Campania oltre che in Sardegna.

Qui vedi la mappa con il censimento dei siti con presenza di amianto e le azioni di bonifica effettuate al 31 dicembre 2022. Photo credit: Mite.

Siamo ancora un po’ indietro, insomma.

In quali paesi l'amianto non è vietato?

Ad ogni modo, abbiamo il merito di aver ispirato il mondo nella lotta all’amianto. Nel giro di qualche anno, infatti, moltissimi paesi cominciarono a schierarsi contro l’impiego di questo materiale e a bandirne l’utilizzo. L’Unione europea lo vietò questo minerale a distanza di 13 anni dalla legge italiana, nel 1989 toccò alla Svizzera e una decina d’anni dopo al Regno Unito.

Molti ci seguirono, ma non tutti: c’è infatti chi continuò (e continua oggi) a utilizzarlo nei settori più svariati. È il caso dei Paesi in via di sviluppo, della Russia, che secondo Airc ne produce 2 milioni di tonnellate ogni anno, della Cina e dell’India. Brasile e Canada invece hanno vietato la produzione rispettivamente nel 2017 e nel 2018.

Gli Stati Uniti, invece, hanno fatto dietrofront e nel 2018 l’Agenzia per la protezione ambientale ne ha autorizzato l’utilizzo come materiale per l’edilizia dopo lo stop del 1989.

Domande senza risposta

Nella storia tra noi e l'amianto restano ancora diverse cose da capire e più di una domanda a cui urge risposta.

Per esempio: perché ci sono dei Paesi che ancora si ostinano a utilizzare questo materiale così pericoloso nella propria industria e nella propria edilizia?

I processi di bonifica vanno a singhiozzo ma il nostro Paese continua a importare amianto. Sembra, infatti, che negli ultimi anni l’India abbia esportato in Italia ingenti quantità di questo materiale: perché?

Oggi sappiamo che l’amianto può essere bonificato in tre modi:

  • incapsulamento: prevede sostanzialmente di ricoprire le superfici con amianto con altri materiali e prodotti che impediscono la dispersione delle fibre
  • confinamento: spesso segue all'incapsulamento e prevede l'installazione di una barriera o di lastre isolanti capaci di separare i materiali contaminati. Lo smaltimento
  • smaltimento: è l'unica misura risolutiva e prevede la rimozione e lo smaltimento, appunto, in discariche apposite.

Per poterlo smaltire in maniera corretta ed efficace, l'amianto dovrebbe essere scisso dal resto del rifiuto di cui ne costituisce una minima parte prima di poter essere gettato nella discarica, tuttavia ancora non abbiamo sistemi efficienti e sicuri in grado di farlo: perché?

Oggi poi abbiamo pochissime discariche, conta che sono solamente 18 gli impianti di smaltimento per l'amianto, distribuiti in 8 regioni di cui 4 in Sardegna e Piemonte, 3 in Lombardia e 2 rispettivamente in Basilicata ed Emilia Romagna, 1 per il Friuli Venezia Giulia, la Puglia e la Provincia Autonoma di Bolzano.

Invece che investire su queste strutture, esportiamo tutto fuori, all'estero, principalmente verso la Germania (oltre 69mila tonnellate di materiali contenenti amianto) e la Spagna (364 tonnellate): perché?

Amianto, dunque: perché?

Fonti | Osservatorio Nazionale Amianto; Airc

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