
Ormai quasi non fanno notizia, purtroppo, le ondate di calore che periodicamente colpiscono tutte le regioni del mondo. Sempre più estreme e sempre più frequenti, sono uno dei chiari segni del riscaldamento globale causato dalla crisi climatica, e hanno gravi conseguenze ambientali, sanitarie, sociali ed economiche.
Nei giorni scorsi è toccato al sud-est degli Stati Uniti, una zona desertica già solitamente molto calda, ma diventata bollente per una violenta heat wave.
Come racconta il Guardian, in Arizona, Nevada, Colorado e California sono stati raggiunti diversi record di temperature lo scorso sabato. «Il caldo estremo è normale nel deserto durante la stagione estiva – scrive il quotidiano britannico – ma secondo i meteorologi questo non significa che la gente si senta a suo agio quando le temperature lievitano. Il calore estremo causa negli Usa più morti che tutti gli altri eventi climatici estremi messi insieme, compresi gli uragani, le inondazioni e i tornado».
A Phoenix, in Arizona, il termometro ha toccato i 46°C (114 fahrenheit), una temperatura che in questo periodo dell'anno non veniva raggiunta dal 1918.
Las Vegas ha pareggiato il record del 1956, raggiungendo i 43°C, mentre a Denver, 1.600 metri sul livello del mare, è stato pareggiato il record del 2013 con i 38°C registrati sabato.
È andata ancor peggio in California, dove nella Death Valley l'11 giugno c'erano 50°C, mentre a Palm Springs e nell'area di Sacramento la temperatura ondeggiava tra i 46°C e i 38°C.
La cosa peggiore, purtroppo, è che se non invertiamo la rotta delle emissioni, gli scienziati prevedono per il futuro delle ondate di calore più frequenti e più intense.