Piccole e pelose, gialle a strisce nere, sono dotate di pungiglione ed emettono un fastidioso ronzio. Sei abituato a temerle e detestarle, addirittura potresti aver sviluppato una vera e propria fobia nei loro confronti e appena ne vedi una scappi a gambe levate. Per non parlare del fatto che se trovi per caso un alveare indesiderato nei pressi della tua casa, chiami immediatamente qualcuno per togliertelo di torno. Le temi perché pungono, e quando succede fa malissimo.
Eppure, se le api scomparissero dal Pianeta, cosa che per la cronaca sta già accadendo, le conseguenze sarebbero catastrofiche. E non solo perché l’ennesimo abitante della Terra l’ha abbandonata per sempre. Ma anche perché, a scomparire in breve tempo, potrebbero essere tante altre specie. Per capire meglio tutta questa situazione, noi di Ohga ci siamo fatte aiutare da Ignazio Floris, responsabile del gruppo di lavoro relativo alle api della Società Entomologica Italiana.
Ignazio Floris spiega che “Le api – nell’accezione entomologica del termine gli Apoidei – includono oltre 24.000 specie di insetti a livello mondiale, un migliaio per Italia, delle quali la più nota è certamente l’ape domestica (Apis mellifera), specie sociale dominante, ma non bisogna dimenticare che esistono tante altre specie di api, come i bombi, le osmie, le antofore, le xilocope, ecc., tutte accomunate dallo stesso ruolo fondamentale negli ecosistemi naturali e agrari attraverso i processi di impollinazione, che garantiscono la riproduzione di gran parte delle specie vegetali, incidendo significativamente sulle quantità e la qualità di molte produzioni agricole.”
Infatti, l’attività principale dell’insetto ape non è la produzione del miele, e neanche darti fastidio mentre prendi il sole o raccogli dei fiori in montagna. L’ape è un animale importante proprio perché si occupa dell’impollinazione, un processo fondamentale affinché nascano e crescano sempre nuovi frutti e semi, e di conseguenza fiori e piante. L’impollinazione viene effettuata da vari animali detti “agenti impollinatori”, di cui l’ape rappresenta il capofila, ma che includono anche farfalle, mosche, calabroni, coleotteri. In pratica, perché una pianta produca un seme, consentendo la nascita di nuovi frutti e germogli, deve essere fecondata, proprio come tutti gli altri animali. La fecondazione delle piante avviene tramite la fusione di un granulo di polline maschile nella cellula uovo femminile. Il granulo raggiunge l’uovo (quasi sempre di piante diverse) trasportato, appunto, dagli agenti impollinatori come l’ape. Questa, attratta dai colori e dall’aspetto dei fiori, ci vola sopra alla ricerca di nettare da portare nell’alveare. Entrando nel fiore, l’ape, che ha il corpo ricoperto di peluria, si impregna di polline, che depositerà nel fiore successivo. Se le api sparissero, il processo di impollinazione diminuirebbe in modo spaventoso, dovendo basarsi su altri insetti e su vento e pioggia, e diverse varietà di piante e frutti (di cui in larghissima parte ci nutriamo) smetterebbero di nascere.
“Tramite l’impollinazione”, prosegue il professor Floris, “le api aumentano complessivamente del 35% le rese di 87 delle principali colture alimentari nel mondo. I dati raccolti in 200 Paesi rivelano, infatti, che circa il 75% delle 115 colture alimentari si affidano soprattutto agli insetti per la loro impollinazione, mentre per il restante 25% l’impollinazione è legata ad altri fattori (vento, auto-impollinazione). Economicamente, tale incidenza è stimata in 361 miliardi di dollari all’anno a livello mondiale. Per mantenere questo servizio di impollinazione, le api sono essenziali, soprattutto le api domestiche.”
La sopravvivenza delle api è a rischio, e questo è ormai un dato certo. L’emergenza ormai è tale che anche l’Onu ha deciso di istituire la Giornata Mondiale delle Api il 20 maggio di ogni anno. Ma cosa sta succedendo al Pianeta tanto da renderlo un luogo non più adatto alla sopravvivenza di alcuni dei suoi più utili e operosi abitanti?
“Il declino delle api”, racconta Floris, “è un fenomeno che suscita allarme a livello mondiale e che si manifesta in maniera rilevante, talvolta eclatante, da oltre un decennio, a partire dalla descrizione della sindrome dello spopolamento delle colonie (CCD – Colony Collapse Disorder) negli Stati Uniti. In Europa, le perdite di colonie di api è stata monitorata e attribuita a varie cause, di cui l’acaro parassita varroa (Varroa destructor) è ritenuto il principale responsabile. In Italia, gli sforzi maggiori volti a chiarire le cause delle perdite di colonie, sono stati profusi nell’ambito di vasti programmi di monitoraggio come ApeNet e BeeNet, e il numerose ricerche con risultati significativi per quanto riguarda il parassitismo della varroa e le sue interazioni con alcuni virus patogeni (es. il virus delle ali deformi), ma anche relativamente all’impatto di nuovi insetticidi di largo impiego in campo agricolo.”
In sintesi, le cause del declino delle colonie di api sono riconducibili a
Se le api sparissero completamente la biodiversità del nostro Pianeta verrebbe fortemente intaccata, privandoci di diverse specie vegetali di cui ci nutriamo e portando alla scomparsa di migliaia di specie di piante, fiori e alberi da frutto, oltre che del miele. Questo provocherebbe dei grossi cambiamenti (in negativo) anche negli assetti idrogeologici di alcune zone ed eliminerebbe i principali mezzi di sostentamento di molte altre specie animali. Insomma, cambierebbe tutto, senza alcuna alternativa plausibile.
Come rimarca il professor Floris, “La carenza di impollinazione negli ambienti naturali e agricoli si traduce in una mancata o ridotta riproduzione delle piante, nella mancata formazione di semi e di frutti. Le api sono soprattutto un fattore di equilibrio e regolazione naturale negli ecosistemi. L’impollinazione svolta dalle api è insostituibile per la fecondazione incrociata della gran parte delle piante, quindi per gli equilibri degli ecosistemi e per la conservazione di molte specie vegetali, dalle quali dipende la vita sulla terra in quanto ‘produttori primari' (autotrofi) alla base della catena alimentare."
L’Ue ha imposto delle restrizioni molto forti sull’utilizzo dei tre neonicotinoidi più pericolosi, proprio per salvaguardare la sopravvivenza di questi piccoli impollinatori così importanti per l’ecosistema mondiale. Ma non è stata la sola a muoversi. Nel 2013, Greenpeace ha lanciato la sua petizione Salviamo le api, invitando tutti coloro che avessero a cuore la biodiversità a prendere parte alla campagna.
Per far fronte al problema a livello ancora più individuale, nascono continuamente diverse idee per mantenere alveari e attività degli apicoltori protette e in salute, come l’app Beehave, di cui abbiamo già parlato, e le iniziative spuntate in tutto il mondo per dare un contributo, seppur piccolo, alla salvaguardia dei piccoli impollinatori, come la costruzione di luoghi appositi per garantirne protezione durante periodi freddi e per favorirne la riproduzione, anche in contesti urbani.
“Le Convenzioni internazionali sulla diversità biologica hanno riconosciuto l'importanza strategica degli impollinatori e hanno promosso iniziative per la loro tutela anche attraverso la diffusione di pratiche agricole sostenibili.” Prosegue Floris, “Considerato il ruolo fondamentale dell’ape domestica, qualsiasi iniziativa o strategia di tutela di questa specie, di fatto, ha ripercussioni positive su tutte le api. La natura multifattoriale di questi fenomeni di declino rende, tuttavia, difficile trovare una singola soluzione al problema. Certamente gli apicoltori, come custodi di questo patrimonio fondamentale di insetti, sono una categoria che va sostenuta e orientata verso pratiche di gestione sanitaria più efficaci, così come vanno favorite tutte le pratiche di riqualificazione dell’agricoltura in un’ottica di maggiore sostenibilità e di gestione biologica o integrata dei parassiti delle piante, al fine di ridurre l’impatto degli insetticidi. In generale,” conclude, “occorre limitare le fonti di inquinamento, che sono causa di alterazione degli ecosistemi, di cui le api sono sensibilissimi bioindicatori.