Birra dalle acque reflue: un tesoro miliardario che l’Italia non vuole sfruttare

Le acque reflue sono una risorsa sostenibile che stiamo continuando a ignorare. Cominciare a ragione nell’ottica di un’economia circolare delle risorse idriche è il primo passo per recuperare gli sprechi ambientali ed economici.
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Francesco Castagna 8 Agosto 2023

Nel nostro Paese esiste un tesoretto nascosto che le nostre istituzioni non prendono in considerazione da anni: sono le acque reflue, in Italia l'acqua rigenerata dai depuratori italiani ammonterebbe a 9 miliardi di metri cubi l'anno. Questo bene prezioso potrebbe essere riutilizzato per produrre perfino la birra.

Ce lo insegnano alcuni esperimenti condotti all'estero, come negli USA, dove alcune aziende si sono specializzate nel recupero e riciclaggio delle acque reflue: quelle utilizzate in ambito domestico o industriale che necessitano di essere depurate prima di poter essere riutilizzate o reimmesse nell'ambiente. Si tratterebbe di una situazione che segue fedelmente l'ottica di un'economia circolare delle risorse idriche.

Il tema è stato affrontato nel report Water Economy in Italy: il primo rapporto che fornisce un quadro organico della risorsa idrica in Italia. Il rapporto fornisce un quadro chiaro della situazione nel nostro Paese: l’Italia è più piovosa di Olanda o Germania, "eppure la penisola è a rischio siccità a causa della mancanza di infrastrutture".

In una situazione in cui i fenomeni siccitosi sono sempre più frequenti, lo abbiamo visto quando abbiamo parlato con l'agricoltore lombardo Cristian Belloni che ci ha spiegato come i suoi raccolti siano stati messi a serio rischio dalla mancanza di piogge, secondo l'analisi l’Italia soffrirebbe di una carenza di infrastrutture idriche per gestire e utilizzare l’acqua "quando e dove serve ed è caratterizzata da una rete colabrodo: oltre il 40% dell’acqua potabile prelevata non arriva ai rubinetti.

E nonostante il governo Meloni abbia messo in campo un commissario contro la siccità (ora alle prese con le conseguenze delle ultime alluvioni, come quella in Emilia Romagna), il nostro Paese non è ancora in grado di mettere in campo un Piano Invasi efficiente e di recuperare l'acqua persa a causa della mala gestione delle infrastrutture.

Il problema non rappresenta soltanto una perdita quotidiana di risorse idriche, ma anche un danno economico che i cittadini italiani pagano ogni giorno all'Unione europea: "l’Italia versa quotidianamente 165 mila euro (60 milioni all'anno) alla UE come sanzione per infrazioni relative alla carenza di sistemi di depurazione e riuso delle acque reflue", si evince dal report. Così lo stress idrico colpisce tutti, non solo i cittadini, ma anche gli agricoltori, il settore industriale e il turismo nostrano per un impatto pari a 20 miliardi di euro tra 2000 e 2022.

Per avere un'idea della pioggia che non riusciamo a riutilizzare nelle nostre città, possiamo cominciare a pensare che ormai Roma è un centro urbano dove la piovosità è maggiore a quella di Londra, mentre l'area di Milano è la più piovosa d'Europa.

Ma quali sono i principali problemi analizzati nel rapporto?

  • la tariffa media più bassa d’Europa che non disincentiva l'iperconsumo (176,16 € di consumo medio per una famiglia di tre persone)
  • mancanza dei sistemi di depurazione e filtraggio delle acque reflue, sia in ambito agricolo che industriale
  • acquedotti e sistemi irrigui inefficienti nonostante l'Italia abbia inventato ed esportato culturalmente queste tecniche

Per questo motivo come soluzione sono consigliabili maggiori investimenti, modifiche legislative e di governance; sostituzione e rigenerazione di reti ed impianti; realizzazione di nuove infrastrutture.

Sul tema ci sembra opportuno citare due esperimenti condotti uno in Italia e l'altro in Canada. In Sardegna infatti esiste "Progetto Bi.Ar", una collaborazione tra diverse aziende e il Dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari. "Il progetto mira a intervenire sui diversi aspetti dell'intera filiera produttiva della birra, dalla caratterizzazione e valorizzazione delle materie prime al processo di trasformazione, sino ad arrivare al recupero e riutilizzo degli scarti di produzione per la produzione di energia", si legge nella presentazione del lavoro.

Si tratterebbe però di un lavoro di recupero di risorse idriche utilizzate già precedentemente per la realizzazione della birra. In Canada invece un esperimento simile è stato fatto proprio a partire dalle acque di scarico: è la prima birra dell'Alberta prodotta con acque reflue trattate. Il prodotto è frutto di una ricerca condotta dall'Università di Calgary.

"È necessario superare l'ostacolo mentale di quanto possa essere disgustoso. Ma sappiamo che quest'acqua è sicura, sappiamo che questa birra è sicura e sosteniamo il nostro processo", afferma Jeremy McLaughlin, responsabile del birrificio Village Brewery.