Buone notizie per il Mediterraneo: secondo la FAO la pesca nel mare nostrum sta cambiando rotta, diventando più sostenibile

Il mare nostrum potrebbe tornare a respirare. Sembra infatti che il sovra-struttamento ittico che da troppi anni sta spopolando il Mediterraneo stia lentamente diminuendo, promuovendo una pesca più sostenibile e quindi la riproduzione delle specie e il loro ritorno a popolare acque ormai troppo vuote.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Sara Del Dot 17 Dicembre 2020

Il mar Mediterraneo, che da anni sentiamo essere descritto come sempre più vuoto e desolato, potrebbe avere una speranza. Una speranza che, se fosse un’immagine, sarebbe un’automobile in frenata seguita da un cambio di marcia, indietro. Sì, perché sembra che le misure adottate (spesso con fatica) negli ultimi anni per ridurre gli effetti della pesca intensiva e dell'overfishing stiano iniziando a dare i loro frutti.

Infatti, pare che lo stato degli stock ittici del mar Mediterraneo, considerato come uno dei più sfruttati al mondo, sia pian piano in fase di miglioramento, permettendo ai pesci di riprodursi e tornare a popolare le acque che ci circondano.

A dare la notizia non è il primo che passa bensì la Fao attraverso il General fisheries Commission for the Mediterranean (Gfcm, Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo) che lo dichiara nero su bianco nel suo nuovo rapporto biennale The State of Mediterranean and Black sea fisheries 2020, in cui ogni due anni viene analizzato lo stato della pesca in questi mari.

Il report ha presentato principalmente dati e informazioni raccolti nei 25 paesi che si affacciano su queste acque fino al 2018 coinvolgendo anche parte del 2019, a seguito di elaborazioni effettuate con varie metodologie. In particolare, sono state prese in considerazione informazioni in merito alla quantità di pesce che viene portata a terra dal mare, quanti pesci per specie, tipo di imbarcazione e per attrezzo, e relative a campionamenti effettuati in mare sulla quantità di fauna ittica e sulla sua grandezza.

Meno sfruttamento nel Mediterraneo

In pratica sembra che dal 2012 al 2018 la percentuale di stock ittici presenti nel Mediterraneo sfruttata sia passata dal 88% al 75%. Un tredici per cento in meno che mantiene i numeri ancora alti, ma che rappresenta il primo segnale da decenni di inversione di tendenza nell’andamento degli stock.

In media, sembra che la quantità di specie soggette a sfruttamento sia scesa in generale. Esempi di questo calo sono il nasello per quanto riguarda il Mediterraneo e il rombo chiodato in riferimento al mar Nero.

Inoltre, l’analisi ha calcolato anche un indice di sfruttamento, per capire a che punto siamo con la gestione del pescato, il cui limite è fissato a 1. Un limite che rimane sempre ben superato anche se in miglioramento. Nel 2012 infatti l’indice era fermo a 2,9, nel 2018 è sceso (molto lentamente) a 2,4.

Ancora tanto lavoro da fare

Seppur sensibilmente, i dati riguardo lo stato della pesca nel nostro mare stanno migliorando. Questo grazie soprattutto alle campagne e alle normative di contrasto allo spopolamento messe in atto in modo collettivo, ma anche a causa della consapevolezza che, qui, c’è sempre meno pesce e se c’è meno pesce presto ci sarà anche meno lavoro. Per spingere azioni che favoriscano il ripopolamento delle specifiche aree, il Gfcm ha suddiviso tutto lo spazio marino interessato in 30 zone a ciascuna delle quali è dedicata una strategia di intervento definita e su misura, sulla base dello stato, del tipo di pesce e se si tratti o meno di zona riproduttiva.

Fonte | The State of Mediterranean and Black sea fisheries 2020