
Da anni ormai l'uso di buste biodegradabili è diventato sempre più comune in negozi, supermercati ma anche nelle case per la raccolta differenziata.
È una tendenza, anzi un’abitudine, che nasce dalla crescente e urgente consapevolezza che dobbiamo ridurre in ogni modo il livello di inquinamento causato dai sacchetti di plastica tradizionali e da tutti gli altri rifiuti plastici.
Questi infatti, sono una vera e propria piaga per il nostro Pianeta perché hanno bisogno di centinaia di anni per decomporsi.
Siccome ancora molte persone hanno la pessima abitudine di abbandonarli in giro, capisci bene che i sacchetti di plastica rappresentano uno dei più grandi contribuenti all'inquinamento terrestre e marino perché finiscono letteralmente ovunque.
Non è un caso, dunque, se molti paesi hanno introdotto leggi che vietano o limitano l'uso di plastica monouso, incentivando l'uso di alternative biodegradabili. In Europa, 18 paesi hanno imposto divieti sulle buste di plastica sottili, tra cui Francia, Germania, Italia, Islanda e Albania.
Le buste biodegradabili sono quindi una soluzione decisamente più sostenibile dei classici sacchetti di plastica poiché si decompongono in maniera più rapida (la plastica ci mette secoli) e in modo più sicuro.
A differenza della plastica tradizionale, che è derivata dal petrolio e altre sostanza fossili, i sacchetti biodegradabili sono generalmente realizzati con materiali di origine vegetale, come amido di mais, oli vegetali o alghe.
Tra i materiali più diffusi c’è l'acido polilattico (detto anche PLA), ovvero una bioplastica ottenuta da amido di mais o zuccheri.
Vista la loro natura “organica”, sono capaci di decomporsi una volta a contatto con funghi e microorganismi trasformandosi in acqua, anidride carbonica e biomassa in un periodo di tempo relativamente breve: più rapido, di certo, dei materiali plastici ma più lungo rispetto ai materiali compostabili.
Durante i processi di decomposizione, dunque, non rilasciano sostanze chimiche nocive e tossiche per l’uomo o l’ambiente.
Capire se un sacchetto è davvero biodegradabile o meno non è sempre facile: a volte può capitare che l’indicazione non sia chiara o addirittura mancante. I dubbi e la confusione rischiano di portarci a sbagliare.
Ci sono diversi modi in cui puoi capire se un sacchetto è veramente biodegradabile. Uno di questi richiede di verificare se sull’etichetta siano presenti alcuni loghi come quello del Biodegradable Products Institute (BPI), il marchio OK Compost o la certificazione EN 13432. Si tratta di riferimenti che indicano che il prodotto è stato testato e approvato per la biodegradabilità.
L’aspetto e la consistenza rappresentano degli indizi utili perché solitamente i sacchetti biodegradabili hanno una consistenza diversa rispetto a quelli di plastica tradizionale: sono infatti più morbidi o meno trasparenti.
Il tempo necessario per la decomposizione delle buste biodegradabili dipende da fattori come le condizioni ambientali e dal tipo di materiale di cui sono composte. In condizioni ottimali di compostaggio industriale, queste buste possono decomporsi completamente nel giro di 3-6 mesi.
Questa tempistica è determinate perché è ciò che differenzia un materiale biodegradabile da uno invece compostabile. Questi ultimi sono quei materiali che possono decomporsi completamente in un ambiente di compostaggio diventando quindi compost in meno di 90 giorni.
I materiali biodegradabili, più in generale, possono invece decomporsi in modo naturale attraverso l’azione di microorganismi come batteri e funghi ma necessitano di più tempo.
Ricordati infatti che un materiale per essere compostabile deve essere necessariamente biodegradabile ma uno biodegradabile non è per forza anche compostabile. È per questo motivo che i sacchetti biodegradabili non vanno smaltiti nella raccolta dei rifiuti organici ma nell’indifferenziato.