Come fare causa allo Stato per la crisi climatica? Parla l’avvocato di Giudizio Universale, il primo processo italiano per il clima

L’avvocato di Giudizio Universale, il primo processo italiano contro lo Stato per la giustizia climatica, racconta come si potrebbe aprire un processo che ha come tema il rispetto del clima e del Pianeta.
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Mattia Giangaspero 12 Febbraio 2024
Intervista a Luca Saltalamacchia Avvocato di Giudizio Universale

È la prima azione climatica promossa contro lo Stato italiano, il quale dovrà rispondere di non aver fatto abbastanza per tutelare il clima e l’ambiente in cui abbiamo diritto a vivere e sviluppare il nostro futuro. Giudizio Universale è, però, anche uno dei tanti processi per il clima che negli ultimi anni è stato indetto in tutto il mondo. Ohga ha sempre raccontato i temi di queste cause che molto spesso sono portate avanti da associazioni ambientaliste o animaliste. Adesso invece non racconteremo semplicemente i temi di questo processo italiano, ma grazie a chi sta lavorando per ottenere giustizia climatica, proveremo a capire come anche tu, se riterrai giusto, potrai procedere con una causa per il benessere del Pianeta oltre che tuo. 

Abbiamo quindi sentito l'avvocato Saltalamacchia (che insieme al suo team sta lavorando al processo) per capire come si parla, si genera, si procede a indire una causa contro lo Stato per il benessere climatico

Avvocato, voi indicate lo Stato come inadempiente dal punto di vista climatico. Quindi io parto prima con questa domanda breve per chiederle ‘che vuol dire e inadempiente dal punto di vista climatico?' A processo avete portato delle prove concrete per verificare l'inadempienza dello Stato? 

Allora… prima di entrare nel merito devo partire con alcune premesse

  • Lo Stato italiano riconosce che siamo in emergenza climatica.
  •  Lo Stato italiano ha sottoscritto tutti gli accordi internazionali sul clima, dalla Convenzione quadro al Protocollo di Kyoto, all'Accordo di Parigi.
  •  Lo Stato italiano, anche attraverso le sue articolazioni e i singoli ministeri, piuttosto che istituti come il CNR, Ispra o Enea, riconosce che il cambiamento climatico ha degli impatti negativi e che in Italia questi siano superiori rispetto alla media mondiale e questo dato è ufficiale, risulta dai documenti: tant'è che il Cnr ha definito il termine di hotspot, cioè definisce l'Italia un hotspot climatico; un punto caldo.
  • E infine lo Stato italiano riconosce di dover fare qualcosa per contribuire alla lotta al riscaldamento globale e dice di voler rispettare quelli che sono i target fissati dall'accordo di Parigi.

Ora, spiego bene anche cosa sono questi target, così abbiamo tutto il quadro completo. L'accordo di Parigi non è che fissa dei target di riduzione delle emissioni specifici per ciascuno Stato, ma fondamentalmente riconosce che, nell'interezza, la Comunità degli Stati debba fare degli sforzi per contenere la temperatura ben al di sotto di 2°C e preferibilmente al di sotto di 1.5°C. Tutto ciò che ho detto fino a ora è la parte condivisa tra noi e lo Stato. Non viene contestato nulla di tutto ciò.

Ora quando inizia la contestazione tra la società civile e lo Stato?

Inizia nel momento in cui si deve calcolare qual è lo sforzo di riduzione delle emissioni che lo Stato deve fare.

Cioè quali sono le emissioni che lo Stato deve tagliare? Noi lo abbiamo chiesto a un'istituzione che si chiama Climate Analytics, che è un'istituzione che ha sede in Germania e che per lavoro controlla le politiche climatiche degli Stati e verifica se sono in linea con l'Accordo di Parigi oppure no.

E il Climate Analytics ha pubblicato un report sull'Italia dal quale risulta che gli sforzi fatti dal nostro Paese sono assolutamente insufficienti per poter essere considerati in linea con l'accordo di Parigi.

Quindi questa è la prova principale che noi abbiamo utilizzato. Un report scientifico proveniente da autorevoli scienziati che hanno fatto dei calcoli, quindi sono operazioni in qualche modo verificabili e hanno tirato fuori dei numeri che sono completamente diversi rispetto ai numeri che, diciamo, persegue lo Stato italiano.

E qual è l'inghippo? Perché Climate Analytics ritiene che lo Stato italiano non stia facendo abbastanza?

Perché quando si dice che bisogna tagliare le emissioni, oggi si dice un qualcosa che può essere realizzato in vario modo. Per esempio, come ripartiamo gli sforzi tra gli Stati? La Cina ad esempio è il Paese che più emette e quindi dovrebbe essere quello che deve ridurre di più rispetto all'Italia, ma in realtà non è così e lo dico perché negli accordi internazionali si riconosce che gli Stati devono assumersi la responsabilità di quello che è stato emesso fino a ora e quindi gli Stati europei e gli USA hanno emesso molto di più della Cina, e devono attuare programmi di riduzione delle emissioni più ambiziosi, perché quello che potevano emettere lo hanno già emesso nel passato fino ad oggi.

Peraltro, la quantità di emissioni da ridurre è stata indicata dallo Stato italiano nel PNIEC 2019, ma questa quantità è superata dalla normativa successiva di matrice Europea, che ha richiesto una maggiore ambizione agli Stati e l'Italia ancora non ha adeguato, diciamo i suoi target di politica climatica. Quindi risulta inadempiente anche rispetto alla normativa europea.

Quello che sta facendo lo Stato italiano, dobbiamo dedurre che non è abbastanza.

Luca Saltalamacchia - Avvocato Giudizio Universale

Ci sono novità sul processo? 

C'è stata l'udienza il 13 settembre. Abbiamo depositato le memorie finali tra novembre e dicembre e adesso siamo in attesa che il giudice pubblichi la sentenza finale.

Invece adesso volevo con lei provare a capire come può iniziare un processo del genere. Ci ritroviamo sempre a raccontare tipologie di cause simili alla vostra, ma mai ci soffermiamo a capire come sia stato possibile attuare un processo per il clima. Se volessi iniziare un processo io, come dovrei muovermi? 

È una domanda complessa. Diciamo che innanzitutto non c'è un solo tipo di processo che si può intentare, ma ve ne sono tanti rispetto al clima. Nel mondo ci sono circa 3000 cause che hanno come protagonista il cambiamento climatico. Non sono tutte uguali. Noi abbiamo fatto una causa per chiedere al giudice di condannare lo Stato a ridurre le emissioni.

Ci sono tantissime cause contro le imprese che hanno lo stesso oggetto. Cioè si chiede al giudice di condannare le imprese, di tagliare le emissioni. Ci sono tante cause climatiche che però hanno una natura diversa. Per esempio si può condannare lo Stato ad alzare gli argini per la protezione dall'innalzamento dei mari. Oppure, ci sono anche le cause risarcitorie.

Siccome ci sono tanti grossi emettitori che hanno inciso nella creazione dell'alterazione del sistema climatico, più di altri, si chiede al giudice di condannare l'azienda a risarcire i soggetti che hanno subito impatti specifici del cambiamento climatico.

Ci sono molte cause che riguardano l'annullamento di concessioni relative a progetti climalteranti. Tutto quello che sto dicendo, lo dico perchè il cittadino, innanzitutto, dovrebbe in qualche modo capire che tipologia di causa intende fare. Poi… a seconda di questa, procedere a parlare con un avvocato. Tutte le tematiche però riguardanti il clima sono complesse.

Infatti io ho iniziato a lavorare al Giudizio Universale nel 2018. Il Giudizio universale è, invece, partito nel 2021. Sono passati tre anni di studio, di continua ricerca e lo stesso è capitato per le altre cause climatiche che io ho lanciato in Italia, sulle quali io e i miei colleghi abbiamo lavorato anni. Bisogna poi maturare un livello di conoscenza della materia che è particolarmente approfondita perché in realtà noi abbiamo messo insieme norme internazionali, norme di diritto europeo, norme costituzionali, norme del codice civile e via via…

E l'iter processuale sarebbe uguale o cambierebbe rispetto ad altri processi? Si può patteggiare…?

Non si può patteggiare perchè quello è una "scelta" legata a processi penali. La totalità dei processi climatici pendenti nel mondo non sono relativi a vicende penali, ma sono diciamo al 90-95% relativi a vicende civili.

Rispondendo però alla sua domanda, ci sono stati molti casi che si sono risolti con una transazione che è il concetto civilistico, per certi aspetti, simile al patteggiamento.

Per quanto riguarda l‘Iter processuale invece…. Se io volessi chiedere a un giudice di fermare le emissioni prodotte da un'acciaieria, dicendo, magari, che sono particolarmente alte e volessi utilizzare l'articolo 700 del codice di procedura civile (si tratta di un tipo di processo cautelare) si procederebbe con un processo diverso da quello ordinario. Per esempio con il 700 il tutto si chiuderebbe in massimo una o due udienze e in ognuna di esse le parti sarebbero chiamate a discutere dell'intera controversia, cosa che invece non si fa nel processo ordinario perché ogni udienza è chiamata per un motivo specifico.