COP27: il testo finale dell’accordo, tra la delusione dell’Unione Europea e l’approvazione del fondo Loss and Damage

La Cop27 volge al termine, e con essa anche la speranza da parte dell’Unione Europea e di altri Stati delle Nazioni Unite di firmare accordi più ambiziosi. Ma vediamo cosa è successo.
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Francesco Castagna 20 Novembre 2022

Si è conclusa la COP27 di Sharm el-Sheik, in Egitto, con un accordo al photo finish. Fino agli ultimi minuti del vertice che si è tenuto dal 6 al 18 novembre 2022, i Paesi membri delle Nazioni Unite si sono scontrati duramente su una serie di decisioni che determineranno le politiche di contrasto al cambiamento climatico.

Come ti avevamo già anticipato in precedenza, questa Cop avrebbe dovuto stabilire non solo l'uscita del carbone nei sistemi produttivi di tutto il mondo, ma anche il finanziamento di un fondo sulle perdite e i danni legati agli effetti del riscaldamento globale (Loss and Damage).

Ripercorrendo ciò che è successo il 19 novembre, la presidenza egiziana aveva presentato una bozza di testo finale che ha creato non poche tensioni. Con il documento infatti, l'Egitto affermava di voler rimettere in discussione l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura globale entro 1.5°C da livelli pre-industriali.

La motivazione "siamo un Paese in via di sviluppo e non possiamo permetterci un impegno del genere" è stata immediatamente rigettata dagli altri Stati, in particolar modo dall'Unione Europea.

Il Commissario UE olandese sul clima Franciscus Timmermans infatti aveva reagito immediatamente a un'ipotesi del genere, affermando che sarebbe stato "meglio nessun accordo che un brutto accordo".

Ci è voluto un giorno interno perché la situazione rientrasse, quando è stato riconfermato che i Paesi saranno ora più che mai i responsabili dell'obiettivo 1.5°C. Una soluzione che comunque non soddisfa i Paesi UE, che si aspettavano un passo in avanti rispetto agli accordi di Glasgow.

Il fondo Loss and Damage

Arriva invece un importante segnale da parte delle Nazioni Unite sulla proposta di creare un fondo d'aiuto ai Paesi più poveri. Inizialmente nella lista degli Stati colpiti dai disastri ambientali c'era anche l'ipotesi di includere Cina e India. Successivamente queste due potenze hanno perso lo status di nazioni deboli, poiché sono Paesi in via di sviluppo.

Sono anni che si parla del fondo Loss and Damage, ma non si è mai arrivati a tirare le somme su come realizzarlo e finanziarlo. Per questo motivo, un Comitato transitorio si occuperà di preparare un progetto da presentare e discutere nuovamente in occasione della prossima Cop28 (Dubai) nel 2023, per rendere operativo il fondo.

Al momento la richiesta dei Paesi più poveri è stata accolta, diversamente da quanto si pensava nei giorni precedenti, quando dalla Germania era arrivata la proposta di uno scudo fiscale (Global Shield).

Nonostante le buone intenzioni però, al momento di questo fondo non se ne parlerà fino al 2023. E sono bassi anche i finanziamenti climatici attuali, secondo le ultime analisi per le Nazioni Unite, solo il 31-32% del sostegno economico necessario è giunto ai governi degli Stati più poveri, che dovranno utilizzarlo per provare a mantenere gli obiettivi di 1,5°C.

Obiettivo 1.5°C

Sul mantenimento della temperatura globale secondo gli Accordi di Parigi del 2015 ci sono diverse perplessità. Le Nazioni Unite concordano sul fatto che per farlo sarebbe necessario quasi dimezzare le emissioni attuali: il 43% al 2030 rispetto al 2019.

Gli attuali impegni sulla decarbonizzazione non rispettano il trend indicato: ci sarebbe un taglio di emissioni solamente dello 0,3% al 2030 rispetto al 2019.

E non è tutto, perché esistono Stati che non hanno ancora aggiornato i loro obiettivi sulla decarbonizzazione, nonostante gli Accordi di Parigi e di Glasgow. Le nazioni che non lo hanno fatto, quindi, sono invitate a provvedere entro il 2023.

Un obiettivo del genere può essere realizzabile soltanto con una serie di finanziamenti diffusi a livello globale. Solo così il NetZero entro il 2050 è un orizzonte realistico.

Le Nazioni Unite concordano che i fondi andrebbero aumentati (se ne era parlato anche durante la Cop26, quando si era parlato di un raddoppio dei finanziamenti) fino al 2030 di 4.000 miliardi di dollari all'anno in fonti rinnovabili e 4/6.000 miliardi di dollari in economia a base emissioni.

Phase Out

Proprio sul termine "basse emissioni" deve essere aperta una parentesi necessaria per capire cosa accade dietro le righe del testo approvato.

Perché la presidenza egiziana sarebbe riuscita a ottenere ciò che le interessava maggiormente: ha portato a casa la promessa del fondo d'aiuto, intestandosi in questo modo la guida dei Paesi africani e, allo stesso tempo, una menzione per l'energia a basse emissioni, che potrebbe risultare però una scappatoia per il gas naturale. A dirlo non siamo noi, ma le ultime analisi dell'Agenzia internazionale dell'energia(IEA) e dell'agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti d'America(EIA).

Non proprio una decisione accolta con il sorriso da tutti i Paesi, in un Cop27 in cui gli Stati hanno deciso deliberatamente di puntarsi il dito a vicenda sui modelli economici e produttivi invece di cooperare, come aveva chiesto il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Proprio Guterres in chiusura della Cop27 ha commentato i lavori della Conferenza, affermando che se da una parte ci sono stati passi in avanti rilevanti sulla giustizia climatica, con la decisione di istituire un fondo per perdite e danni e di renderlo operativo nel prossimo periodo, dall'altra parte questo non sarà sufficiente. In ogni caso per Guterres questo rimane "un segnale politico assolutamente necessario per ricostruire la fiducia infranta".