Insieme dobbiamo difendere la salute dei più fragili

Il coronavirus non guarda il nome e cognome sulla nostra carta di identità. Per il virus siamo tutti uguali e ognuno di noi è un possibile bersaglio. Ecco perché dobbiamo mettere da parte gli egoismi, le differenze e i contrasti. Adesso smettiamo di pensare all’io e iniziamo a ragionare come un “noi” unico.
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Simona Cardillo 7 Marzo 2020

Hai paura. Temi per te stesso e per chi ami. Ognuno di noi ha una persona cara che è più fragile di altre. Perché anziana, perché malata o perché debole. Ed è soprattutto per questo qualcuno che siamo tutti un po' preoccupati. Quando la salute è a rischio, dovremmo fare un passo indietro, mettendo da parte polemiche, differenze, contrasti e combattere tutti dalla stessa parte della barricata.

In questa emergenza fatta di numeri -quelli dei decessi, dei contagi e, per fortuna, anche dei guariti- ci stiamo dimenticando delle "persone". Del valore umano. Di quanto conti ognuno di noi e di quanto ogni vita umana sia importante. Quella degli anziani, dei malati, dei pazienti oncologici, degli immunodepressi, dei più piccoli.

Sii cauto. Non importa che tu sia forte, sano, sportivo. Puoi diventare strumento di trasmissione per tuo figlio, tuo nonno o tuo fratello malato.

Ognuno ha tra i suoi affetti una persona che appartiene a una categoria a rischio, che sia un figlio, un genitore, un nonno, un fratello. Non importa che tu sia forte, sano, sportivo. Puoi diventare strumento di trasmissione per il tuo bambino di 2 anni, per tuo nonno di 90 o per tuo fratello che anni fa ha subìto un trapianto. Dobbiamo smettere di pensare all'io e iniziare a ragionare come un "noi" unico. La società del 2020 non può permettersi egoismi, in una situazione come questa. Dobbiamo prima di tutto difendere la salute dei più fragili.

Il coronavirus non guarda in faccia la razza, l'etnia, il credo politico o la provenienza geografica. In questo il virus è assolutamente democratico: non bada al nostro nome e cognome sulla carta di identità. Per lui, da un punto di vista sanitario, ogni essere umano è uguale e diventa un possibile bersaglio.

Ecco perché dobbiamo combattere insieme, evitando situazioni a rischio come luoghi affollati, strette di mano, contatti eccessivamente ravvicinati. Almeno finché l'emergenza non si sarà placata. Non serve gioire della positività al test dell'esponente di un partito che non ci rappresenta, non serve puntare il dito contro ospedali o falle nel sistema, non serve andare in televisione a offendere l'altra parte politica, non serve discriminare il vicino di casa perché ha viaggiato all'estero.

Abbiamo molti strumenti a disposizione per combattere il coronavirus, ognuno per quel che gli compete.

Abbiamo molti strumenti per combattere il coronavirus, ognuno per quel che gli compete. Medici e operatori sanitari con preparazione e impegno sovrumano, come stanno dimostrando giorno per giorno da settimane. I politici e le istituzioni con comunicazioni chiare e misure adeguate. Noi professionisti dell'informazione con trasparenza, serietà e affidabilità. Tutti, come cittadini, con senso di responsabilità, misura e buon senso. E allora basta allarmismi, psicosi collettive e dichiarazioni offensive. Per una volta, siamo uniti.

Ogni morto in più è una sconfitta per tutti, ogni guarito in più una vittoria per tutti.

Giornalista di professione, curiosa per passione. Amo scoprire cose nuove, andare al di là delle apparenze e conoscere i fatti in altro…