Coronavirus, pubblicato lo studio del San Raffaele. Il prof Clementi: “Oggi infetto non è più sinonimo di malato”

Lo studio del San Raffaele che ti avevamo anticipato è stato pubblicato sulla rivista Clinical Chemistry and Laboratory Medicine. Il professor Massimo Clementi, coordinatore del progetto e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale milanese, ci ha spiegato che i risultati ottenuti nel periodo marzo-maggio oggi sono ulteriormente confermati. Ciò spiegherebbe ancora di più la minor gravità dell’infezione a cui stiamo assistendo nelle ultime settimane.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Luglio 2020
Intervista al Prof. Massimo Clementi Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano

Il Coronavirus replica meno, ergo è più “debole”. È il risultato a cui era giunto lo studio del San Raffaele di Milano: ce lo aveva raccontato il suo coordinatore, il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia della struttura milanese che ci aveva anche spiegato come la carica virale ritrovata nei pazienti di maggio fosse notevolmente inferiore a quella negli infetti di marzo. Se il virus replica meno, le infezioni hanno una carica virale minore e quindi vi è una riduzione della sintomatologia clinica. Che, di fatto, è ciò che si sta osservando nelle ultime settimane di emergenza. Ora lo studio del San Raffaele è stato pubblicato sulla rivista Clinical Chemistry and Laboratory Medicine e insieme al professor Clementi abbiamo provato a trasportare le intuizioni dello studio alla situazione di oggi, due mesi dopo.

Le cause

Il professor Clementi ci aveva spiegato che le cause dietro a questa minor virulenza del virus non erano certe e che si potevano avanzare fondamentalmente tre ipotesi. “Potrebbe essere una conseguenza positiva del lockdown e del distanziamento sociale” spiega Clementi: in sostanza si sta più attenti, si sta distanti gli uni dagli altri e c’è quindi una maggior attenzione che prima, invece, non c’era. La seconda ipotesi è legata alla stagionalità poiché “questi sono virus che normalmente replicano meno in estate perché risentono della temperatura e dei raggi UV. Infine, per il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele di Milano si potrebbe pensare che si sia innescata una sorta di convivenza fra l’uomo e il virus. Un po’ come è già successo con il virus influenzale che ha causato la pandemia di H1N1.

La novità

Mentre però sulle ragioni che potrebbero spiegare la “debolezza” del virus servono ancora studi più approfonditi, a praticamente due mesi di distanza le osservazioni riportate nel primo studio oggi sono state ulteriormente confermate. “Ciò che abbiamo osservato su 100 persone l’abbiamo rivalutato su tutti i nostri 1200 pazienti – continua Clementi – E qui si vede in maniera chiara che settimana dopo settima il virus si sta riducendo. Come l’abbiamo visto noi lo stanno osservando anche altri centri, come a Bergamo”. E questo, secondo Clementi, spiegherebbe i numeri di oggi, sarebbe la ragione per cui, insomma, chi si infetta oggi è poco sintomatico oppure del tutto asintomatico, come successo negli ultimi due focolai di Roma e Bologna”.

Cosa ci aspetta

Insieme al professor Clementi abbiamo provato a guardare al futuro. A che cosa potrebbe succedere dunque nei prossimi mesi di emergenza. Partendo dal presupposto, spiega, che “la Covid-19 è malattia che cambia dal punto di vista clinico e che infetto non è sinonimo di malato, anche qui vi possono essere tre scenari possibili. Accanto al più drammatico, ovvero una ripresa autunno-invernale devastante quanto o di più rispetto alla prima”, il virus potrebbe anche scomparire dopo l’estate, sullo stesso modello di H1N1. Ma c’è anche una terza strada, la più probabile per Clementi: “Sars-Cov-2 potrebbe anche rimanere. In questo caso spetterà a noi isolare i piccoli focalai che eventualmente nasceranno. E poi, lentamente, il virus potrebbe anche spegnersi o sopravvivere, senza però creare più alcun danno.