Viene definito “debolmente positivo” un tampone che risulta positivo dopo un numero molto alto di amplificazioni (35-40 cicli). Cosa vuol dire questo dato?
Bisogna partire da una considerazione: più cicli di amplificazione vengono eseguiti, più
debole sarà il segnale e più incerto il risultato. Potenzialmente ci potrebbero essere soltanto tracce residue del genoma virale ormai inattive (quindi non esserci più il virus), oppure potremmo avere un virus a carica bassa (quindi non contagioso) o ancora un virus a bassa carica potenzialmente contagioso.
L’unico modo che abbiamo per scoprirlo è quello di mettere in coltura il materiale del tampone in questione e vedere se replica. Nel caso in cui dovesse replicare significherebbe che il virus avrebbe conservato la capacità infettiva, viceversa sarebbe innocuo.
Ovviamente dipenderà dalle condizioni di salute della persona contagiata. Se il soggetto in questione fosse immunodepresso sarebbe necessario anche un solo virus per dare malattia sintomatica e importante. Un ruolo predominante viene ricoperto anche dalla carica virale che, essendo bassa, in un soggetto immunocompetente non genererebbe una malattia seria, anzi addirittura potrebbe essere sinonimo di non infettività. Molto spesso i debolmente positivi sono asintomatici e sono molto rari i casi in cui la malattia sia peggiorata.
Anche in questo caso non possiamo dare una risposta univoca vista la varietà di condizioni che si potrebbero presentare. Possiamo affermare, in linea di massima, che avere un tampone con esito debolmente positivo tende a indicare una condizione meno pericolosa rispetto a un tampone positivo. La carica virale bassa e l’assenza di sintomi tendono a formulare prognosi sicuramente più favorevoli.
È necessario considerare il soggetto positivo e quindi tenerlo in isolamento per 10 giorni dopo i quali, in assenza di sintomi da almeno 3 giorni e con malattia lieve, si può tornare alla socialità anche senza tampone negativo.