
In Ucraina ritorna la paura nucleare, anche se forse non se n’era mai andata. Il Presidente Volodymyr Zelensky, nelle scorse ore, ha parlato di un vero, concreto e “serio rischio” che la Russia possa provocare unʼesplosione controllata nella centrale di Zaporizhzhia.
Zelensky avrebbe ripreso informazioni della propria lʼintelligence e in virtù di un paura fondata ha chiesto alla comunità internazionale di alzare il livello di attenzione e sorveglianza su ciò che accade nell’impianto.
Il terrore è che a distanza di poco meno di quarant’anni, l’Ucraina e il mondo possano trovarsi faccia a faccia con le conseguenze di una nuova Chernobyl.
L’incidente avvenuto nel 1986 con l’esplosione del reattore 4 fu il più grande disastro atomico della storia dell’uomo, una disgrazia che ci portò molto, molto vicini a una catastrofe senza ritorno.
Un attacco volontario a un impianto come quello di Zaporizhzhia, che come già ti avevamo raccontato è la più grande centrale nucleare d’Europa con 6 reattori responsabili di metà del fabbisogno energetico dell’Ucraina prima della guerra, non potrebbe che avere conseguenze drammatiche e insostenibili.
Una conferma del rischio potrebbe risiedere nelle movimentazioni russe e ucraine registrate nelle zone limitrofe della centrale nelle scorse ore.
Secondo la direzione dell’intelligence militare ucraina, le truppe di Mosca avrebbero infatti ridotto la propria presenza a Zaporizhzhia e un centinaio di tecnici dell’agenzia statale per l’energia nucleare russa (la Rosatom) avrebbe già lasciato la centrale.
Sull’altra sponda del fiume Dnipro, invece, le autorità ucraine hanno mobilitato dipendenti del settore energetico, medici, squadre di soccorso e poliziotti coinvolgendoli in una serie di serrate esercitazioni su larga scala per prepararsi all’eventualità di un incidente nucleare.
C’erano le tute anti-radiazioni, le maschere per coprire naso e bocca e respirare aria filtrata, le pompe d’acqua per risciacquare a fondo ogni veicolo e i dosimetri per controllare la radioattività sui vestiti dei cittadini.
Se davvero la Russia decidesse di sferrare un attacco a Zaporizhzhia, il piano prevedrebbe poi anche l’evacuazione dei residenti in un raggio di 30-50 chilometri dal sito: una fuga che, comunque, non metterebbe del tutto al riparo.
Un’esplosione in una centrale nucleare, infatti, seppur «localizzata» non può essere «controllata». C’è ben poco che si può controllare se venisse sganciata una bomba o lanciato un missile su un gigantesco impianto di fissione nucleare attivo.
Far esplodere una centrale atomica, come spiega giustamente il Corriere della Sera, non è come far collassare un edificio o bombardare una qualsiasi altra attività, pensiamo a una centrale elettrica. Restando nel mondo delle metafore, potrebbe essere come lanciare un petardo in un mare di benzina.
Nell’eventualità che ciò accadesse sul serio, vi sarebbe un enorme rilascio di radioattività che non si limiterebbe a inquinare le zone circostanti.
La nube, spinta dal vento e dalle condizioni meteorologiche che non sono così facilmente prevedibili, si spargerebbe rapidamente in tutta Europa e, verosimilmente, nel resto del mondo. Potrebbe anche galleggiare sopra la Russia stessa.
E a quel punto, che succederebbe?