
L’altro lato del Coronavirus. Perché parallelamente all’emergenza sanitaria, si è alzato il rischio di un altro problema, questa volta di tipo ambientale, legato all’inquinamento da DPI. Sai di cosa sto parlando: mascherine, camici, guanti, occhiali, visiere in dotazione agli operatori sanitari e indispensabili anche per i cittadini abbandonati ovunque. Te l’abbiamo raccontato: dal mare alla strada, sembra un vero mare di rifiuti. L’urgente necessità è quella di trovare una soluzione per curare in modo sempre più efficace il Covid-19 o per prevenire l’infezione con lo sviluppo di un vaccino (ti abbiamo raccontato del composto potenzialmente efficace annunciato dalla Russia), allo stesso tempo però ci stiamo adoperando per tutelare anche l’ambiente. E una possibile e sostenibile soluzione la suggerisce un gruppo di ricercatori dell’University of Petroleum and Energy Studies di Dehradun, in India: trasformare i Dpi abbandonati in biocarburanti.
La proposta dei ricercatori indiani è tutt’altro che infattibile e coniuga perfettamente ingegnosità e sostenibilità. L'hanno descritta sulle colonne della rivista Buofuels. In sostanza l’idea è quella di convertire lo strato plastico di propilene, un materiale non tessuto utilizzabile una sola volta, in biocrude, un tipo di combustibile sintetico con caratteristiche praticamente simili ai combustibili fossili. Come? Attraverso la pirolisi. Ovvero un processo di decomposizione della plastica. Sottoponendo il materiale ad altissime temperature, tra 300-400 gradi centigradi per un’ora e senza ossigeno, la degradazione delle molecole trasformerebbe il propilene in un combustibile liquido efficace per generare energia per qualsiasi applicazione industriale. Secondo i ricercatori indiani la pirolisi potrebbe davvero aiutare contro il mare di rifiuti, aiutandoci a trasformare un problema in un’opportunità efficace e sostenibile.