Direttiva Sup, è sbagliato colpire anche i prodotti monouso in plastica biodegradabile e compostabile?

In questo settore l’Italia occupa un posto di primo piano, ma per l’Europa bioplastiche e plastiche tradizionali sono da considerare sullo stesso piano. Il ministro della transizione ecologica Cingolani spinge per il compromesso, laddove non sia possibile ricorrere ad alternative riutilizzabili. Posizione condivisa da Luca Bianconi, neopresidente di Assobioplastiche.
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Federico Turrisi 27 Giugno 2021
Intervista a Luca Bianconi presidente di Assobioplastiche

Bioplastiche, il dibattito è (ancora) aperto. Come sappiamo, entro il 3 luglio l'Italia dovrà recepire la direttiva europea 2019/904, meglio conosciuta come direttiva Sup, che prevede il divieto di commercializzazione per alcuni articoli in plastica monouso come cannucce, piatti e posate. Le linee guida pubblicate lo scorso 31 maggio dalla Commissione Europea hanno chiarito che il bando vale anche per i prodotti realizzati in plastica biodegradabile e compostabile, dal momento che "attualmente non esistono norme tecniche ampiamente condivise per certificare che un determinato prodotto di plastica sia adeguatamente biodegradabile nell'ambiente marino in un breve lasso di tempo e senza causare danni all'ambiente".

Una scelta che sta facendo discutere, dal momento che colpisce un settore in cui l'Italia gioca un ruolo da protagonista. Stando ai numeri forniti dall'ultimo rapporto annuale di Assobioplastiche, l'associazione italiana delle bioplastiche e dei materiali biodegradabili e compostabili, la filiera nel nostro Paese conta circa 280 operatori e 2.800 addetti dedicati, per un fatturato da 815 milioni di euro (+9,4% rispetto all'anno precedente, a conferma del trend in crescita).

Negli scorsi giorni il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto di aver raggiunto un accordo con Bruxelles sulle bioplastiche. E ancora prima, anche Legambiente in una nota aveva criticato l'impostazione sulle plastiche compostabili delle linee guida emanate dalla Commissione europea. "L’utilizzo delle bioplastiche può dare un importante contributo nella gestione a fine vita del prodotto, anche quello monouso", sottolinea Luca Bianconi, neopresidente di Assobioplastiche.

Presidente, condivide l’approccio della direttiva Sup? 

Un conto è condividere gli obiettivi: sulla riduzione della plastica monouso niente da eccepire. Un conto, però, è condividere le modalità con cui ci si prefigge di raggiungere certi risultati; e dal nostro punto di vista sono rivedibili. Siamo invece d’accordo con quello che ha dichiarato il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, e condividiamo la deroga inserita nello schema di recepimento della direttiva che ammette i prodotti in plastica biodegradabile e compostabile, laddove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili. E poi parliamoci chiaro: la biodegradabilità non deve essere certo la scusa per gettare a cuor leggero un rifiuto per terra o in mare. Sarebbe del tutto insensato. Occorre invece rafforzare la raccolta differenziata e incrementare il recupero della frazione organica.

La direttiva è stata pubblicata più di due anni fa. Durante tutto questo tempo come si sono mosse le aziende?

Le aziende si sono dovute adeguare, anche perché è lo stesso mercato a chiedere una riconversione in senso più ecologico. Il mercato dei prodotti monouso è particolarmente importante per le aziende italiane, e sicuramente sulle bioplastiche siamo un gradino sopra gli altri.

La interrompo subito. Sembra però che l’Italia sia la prima della classe in qualcosa che l’Europa vorrebbe contrastare: è come prendere 10 in una materia che il ministero dell'Istruzione ha intenzione di abolire. Come si viene a capo di questo dissidio?

In un certo senso, l’osservazione è corretta. La nostra posizione come Assobioplastiche è quella di seguire la normativa. Che non significa sostituire uno ad uno tutti gli articoli che prima realizzavamo in plastica con la bioplastica. Naturalmente dobbiamo andare sempre di più verso la riutilizzabilità e cercare di realizzare prodotti più sostenibili, con un ridotto impatto ambientale. Tuttavia, non è sempre semplice andare su prodotti riutilizzabili. Durante la pandemia, per esempio, il monouso è stato utile per quanto riguarda il cibo da asporto. Laddove non è possibile il ricorso a prodotti riutilizzabili e in presenza di un circuito efficiente per la gestione e il riciclo del prodotto a fine vita, la bioplastica può essere considerata un’alternativa valida.

Quali sviluppi per il settore delle bioplastiche anche alla luce dell’entrata in vigore della direttiva?

La compostabilità di un prodotto, a nostro modo di vedere, rappresenta un valore aggiunto, ma non è la panacea di tutti i mali. Sicuramente la sensibilizzazione dei consumatori svolge un ruolo importante. La nascita del nuovo consorzio di filiera, Biorepack, permetterà di estendere la responsabilità del produttore e di gestire in maniera più efficiente gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile. Infine, una considerazione: la sostenibilità ambientale non può prescindere da quella economica. Quello delle bioplastiche non può essere visto come un settore a sè stante, ma si trova all’interno di una traiettoria, quella dell’economia circolare, che ha ripercussioni dirette sulla nostra vita quotidiana.