Dopo quasi 20 anni arriva il via libera del Ministero dell’Ambiente al progetto di bonifica del Sin Caffaro di Brescia

L’approvazione del progetto operativo di bonifica è un primo importante passo in avanti per il risanamento di una delle aree più inquinate del nostro paese, vittima del pluridecennale inquinamento da Pcb provocato dall’azienda Caffaro di Brescia. “Abbiamo finalmente scritto una pagina importante”, ha commentato il ministro Costa.
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Federico Turrisi 7 Settembre 2020

Che sia davvero la svolta per una delle aree più inquinate d'Italia e per i suoi abitanti, che attendono da anni risposte concrete? Il Ministero dell'Ambiente ha finalmente approvato il progetto operativo per la bonifica e la messa in sicurezza permanente dello stabilimento Caffaro di Brescia, uno dei siti di interesse nazionale (SIN) più esteso del nostro paese: 260 ettari di terreni e 2.100 ettari di falda acquifera.

Ad ufficializzare la notizia è stato lo stesso ministro Sergio Costa con un post su Facebook: "Una delle mie prime visite da ministro in Italia fu a Brescia dove promisi che donne, uomini e bambini non avrebbero dovuto più attendere la bonifica nel Sin Caffaro: finalmente ci siamo! Non vi nascondo che la situazione era, e in parte lo è ancora, molto, molto complessa. Ma oggi sono orgoglioso: abbiamo finalmente scritto una pagina importante, forse la più importante. È ora che la «Leonessa d’Italia» ritorni a ruggire, adesso avanti tutta".

Il progetto, presentato dal commissario straordinario delegato per il SIN Brescia-Caffaro Roberto Moreni a giugno 2019 e successivamente integrato a seguito dell’istruttoria preliminare, è stato depositato in via definitiva a dicembre 2019 e prevede, oltre ai necessari approfondimenti per l’esatta determinazione della contaminazione presente nell’area dello stabilimento Caffaro e lo smantellamento degli impianti dismessi, gli interventi per la bonifica dei suoli e la messa in sicurezza della falda, la realizzazione di campi prova di soil washing e ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente del sito.

Come sottolinea ancora la nota del ministero – che ricorda come "nonostante le criticità emerse, sia dal punto di vista tecnico che da quello amministrativo, in meno di nove mesi e in pieno lockdown si sia riusciti a garantire l’avvio degli interventi" – , il tempo stringe: i lavori dovranno essere affidati entro il 31 dicembre 2021 per poter usufruire dei 70 milioni del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Il progetto operativo per la bonifica del SIN vale in tutto 91 milioni di euro.

"Per quanto riguarda lo stabilimento siamo al primo passo, ma i problemi aperti sono ancora molti", mette in guardia Marino Ruzzenenti, storico dell’ambiente e collaboratore del tavolo Basta veleni di Brescia, ai microfoni dell'emittente bresciana Radio Onda d'Urto. "In realtà si tratta di un progetto preliminare. Si dovrà poi definire il progetto esecutivo e ci sono tanti interrogativi, tante criticità. Non si sa ancora quanto sia inquinato il suolo. È opportuno che ci sia una vigilanza e che la popolazione venga informata correttamente".

La vicenda della Caffaro

Quella della Caffaro è una storia di inquinamento, di veleni sversati nell'ambiente per decenni e di una comunità profondamente ferita che da tempo invoca giustizia e un risanamento dell'area. Nel sito d’interesse nazionale di Brescia, sia le acque superficiali sia quelle sotterranee sono risultate contaminate da metalli pesanti (soprattutto mercurio e arsenico) e da diverse sostanze organiche clorurate persistenti (soprattutto PCB, diossine e furani). Stiamo parlando di sostanze cancerogene e con un elevato grado di tossicità.

L’origine della contaminazione è attribuita principalmente all’azienda Caffaro, che per oltre un cinquantennio, cioè dagli anni trenta fino alla prima metà degli anni ottanta del secolo scorso, ha prodotto vari composti clorurati tra i quali i policlorobifenili, universalmente noti come PCB. La vicenda Caffaro è salita agli onori della cronaca solo a partire dal 2001, quando ormai il danno ambientale era un fatto compiuto: la contaminazione del terreno si era già estesa anche alle aree circostanti, fino a raggiungere Castegnato e Passirano, nel cuore della Franciacorta, dove ancora oggi esistono ordinanze che vietano di coltivare certi tipi di verdure e ortaggi. E non dimentichiamoci delle conseguenze per la salute umana: nel corso degli anni si è registrato una crescita anomala dei casi di tumore nel Bresciano.

Agire concretamente per la messa in sicurezza del SIN significherebbe dunque non solo tentare di risolvere un problema annoso per Brescia e la sua popolazione, ma anche dare un segnale a tutti quei progetti di bonifica che nel nostro paese rimangono incagliati per svariati motivi, in particolare di natura burocratica. Il risanamento dello stabilimento della Caffaro, se fatto come si deve, può diventare un esempio per tutta l'Italia.