
Donare una rosa a San Valentino è sempre stato visto come uno degli atti più romantici. Il 14 febbraio i fiorai di tutta Italia saranno letteralmente assaliti da migliaia di innamorati che, in coda, aspetteranno il loro momento per acquistare una rosa, o un bouquet.
Che sia una o un mazzo di fiori, ogni rosa ha le sue spine, ma non stiamo parlando di quelle che trovi in natura. Dietro a questo mercato c'è un giro di soldi milionario, ma soprattutto dietro al profumo di rose si celano manodopera a costi disumani e impatti dannosi sull'ambiente. La freccia dell'arco di San Valentino fa un viaggio lungo diverse centinaia di kilometri di distanza. L'arco, ovvero chi "sta lavorando per noi" in queste ore d'attesa, è Made in Kenya. È proprio da lì che arriva circa il 40% dei fiori che acquistiamo in tutta Europa, ci troviamo precisamente nei pressi del lago Naivasha, uno specchio d'acqua nel quale confluiscono i fiumi Gilgil e Malewa. È qui che si trova il lato nascosto di San Valentino, dove le multinazionali dell'industria floreale hanno da anni costruito delle serre che utilizzano in maniera intensiva il lago, prosciugandolo e mettendolo a rischio esistenza. Oltre alla vegetazione, è qui che abitano diverse specie di animali, tra cui: ippopotami, fenicotteri e pesci.
Attorno a questo lago girano interessi enormi per il Kenya, che nel 2014 ha firmato con l'Unione europea l'Accordo di partenariato. Un trattato che, a detta del Kenya Small Scale Farmers Forum, metterebbe a rischio l'attività di milioni di agricoltori. Pensa che da quel lago ogni giorno vengono estratti 2omila metri cubi d'acqua e nel 2006 (già 18 anni fa) la superficie del lago si era ridotta del 75% rispetto al 1982. Il Lago Naivasha tra l'altro è una zona RAMSAR, ma il Governo keniota non sembrerebbe interessarsi dell'impatto ambientale derivante dal mercato dei fiori.
Non è tutto rose e fiori, dunque. Il "tappeto fiorito dell'Africa" permette al Kenya di essere il quarto Paese al mondo di fiori, ma allo stesso tempo fa sì che l'area venga quotidianamente contaminata da fertilizzanti e pesticidi, tanto che i muri delle case vicino alle serre sono dello stesso colore delle rose.
Questi prodotti chimici finiscono nel terreno e inquinano nel tempo le falde acquifere. Si aggiungono poi i costi ambientali dovuti al trasporto di milioni di rose, che arrivano in Europa nelle stive degli aerei refrigerati, con tutte le emissioni di CO2 che ne derivano. Secondo le stime dell'International Council on Clean Transportation, per esempio, in Colombia i fiori di San Valentino coltivati e trasportati negli aeroporti statunitensi hanno prodotto circa 360.000 tonnellate di CO2.
In nome della rosa quindi si sceglie di inquinare piuttosto che rinunciare all'amore. Dal momento che a un fiore reciso come regalo preferiremo sempre una pianta (magari di rose), è doveroso dire che non esiste una rosa completamente sostenibile, al massimo può esserlo più di quelle del mercato internazionale. Queste rose più sostenibili sono coltivate utilizzando pratiche che riducono al minimo l'impatto ambientale. Ciò significa seguire una precisa filosofia che mira a:
Ma come le riconosci quelle più sostenibili rispetto alle commerciali? Non essendoci una particolare tipologia di rosa sostenibile, dovrai far attenzione ad alcuni dettagli: