È finita la protesta degli attivisti di Greenpeace sulla piattaforma petrolifera

Hanno viaggiato a bordo della piattaforma di Shell dalle Canarie alla Norvegia per tredici giorni, chiedendo al colosso del fossile di smettere di trivellare e di cominciare a pagare per i danni ambientali.
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Gianluca Cedolin 17 Febbraio 2023

È finita in Norvegia, nel porto di Haugesund, l'azione di protesta non violenta degli attivisti e delle attiviste di Greenpeace che lo scorso 31 gennaio avevano occupato una piattaforma petrolifera della Shell, a bordo della nave cargo White Marlin.

Erano saliti a bordo della nave al largo delle Canarie, e sono arrivati fino in Norvegia, dove il colosso petrolifero si prepara a sbloccare otto nuovi pozzi nel giacimento di petrolio e gas Penguins, nel Mare del Nord.

La Shell, una delle compagnie fossili più grandi al mondo, continua a guadagnare una quantità spropositata di denaro dalle sue attività altamente inquinanti e responsabili della crisi climatica: di recente ha annunciato profitti annuali record per quasi 40 miliardi di dollari.

Gli attivisti sono sbarcati in Norvegia pacificamente, senza arresti e, prima di terminare la protesta, si sono arrampicati per 125 metri sul ponte più alto della piattaforma dove hanno srotolato uno striscione rivolto a Shell con scritto «Stop drilling, start paying», «Basta trivellare, cominciate a pagare».

Come ha scritto Greenpeace in un comunicato, infatti, l'azienda deve "assumersi le sue gravi responsabilità nella crisi climatica e contribuire ai fondi per le perdite e i danni subiti dai Paesi più vulnerabili agli eventi climatici estremi".

Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace per l'area Sud-Est dell'Asia e tra i coordinatori della protesta sulla piattaforma, ha avvistao Shell che "questo è solo l’inizio. È giusto che le compagnie come Shell paghino per la devastazione di cui sono colpevoli. L’intera industria dei combustibili fossili deve smettere di trivellare e iniziare a pagare. In un modo o nell’altro faremo pagare chi inquina".