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É vero che l’acqua in brick è un’alternativa sostenibile alla plastica?

Sempre più spesso troviamo sui treni, sugli aerei o ai grandi eventi l’acqua in brick. In molti associano questi contenitori al cartone e, quindi, credono siano più sostenibili rispetto alle classiche bottigliette in plastica. In questo articolo cercheremo di capire se è davvero così.
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Beatrice Barra 27 Agosto 2023

Sarebbe bello pensare che l'acqua in brick sia un'alternativa usa-e-getta sostenibile rispetto alla plastica, ma non è così. Sicuramente in molti se lo sono chiesti quando ha iniziato a diffondersi questa novità e quando il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha lanciato l'iniziativa "L'acqua del sindaco" per valorizzare l‘acqua dell'acquedotto cittadino, distribuendola in brick indicati come "ecologici e sostenibili" grazie a un investimento di oltre 1 milione di euro. É stata pensata per la protezione civile che avrebbe dovuto distribuirla in caso di guasti alla rete idrica, ma anche per gli uffici comunali e per i grandi eventi.

Seppur l'intento di incentivare i cittadini a bere l'acqua potabile del rubinetto e usare meno plastica sia completamente condivisibile, i brick – performanti e sicuri per la conservazione a lungo termine di molte bevande – dal punto di vista ambientale non sono molto più sostenibili delle classiche bottigliette in Pet. Bisogna partire dal presupposto che qualsiasi oggetto nato per essere usato una sola volta e poi dismesso è insostenibile, ma capiamo meglio come sono composti i packaging dell'acqua in brick.

Come sono composti i brick

Ci sono diversi aspetti che determinano la sostenibilità di un prodotto: la composizione, il suo LCA (Life Cycle Assessment) e le performance ambientali. Al momento non ci sono studi specifici che mettono in relazione questi brick e le classiche bottiglie di plastica per determinare quale materiale risulti più impattante. Quello che sappiamo con certezza, però, è che i brick che vediamo in commercio non sono fatti di "cartone", come spesso erroneamente si dice, anche perché il cartone a contatto con l'acqua si scioglierebbe.

Fonte: Pubblico dominio/ Wikimedia Commons

Questi packaging sono composti da un poliaccoppiato (comunemente conosciuto come tetrapak), che allo strato principale di cartone unisce uno strato di polietilene (la più comune tra le materie plastiche) e uno di alluminio. Proprio per la loro composizione le modalità di smaltimento per il riciclo variano in base al comune di appartenenza.

Perché i brick non sono più sostenibili della plastica

In uno studio del 2020 in cui si analizzava l'impatto del tetrapak rendendo in considerazione otto diverse categorie, questo materiale è risultato vincente nel punto relativo al surriscaldamento globale. Questo però non vuol dire che lo sia in tutti gli aspetti e che, quindi, nel complesso sia sostenibile. Anche perché, seppur i singoli materiali che compongono i brick siano meno impattanti della plastica,  la natura composita di questi packaging può rendere più complicate le pratiche di smaltimento e di riciclo, visto che i diversi materiali devono essere separati impiegando il doppio dello sforzo rispetto al Pet, di cui sono fatte le classiche bottigliette.

tetrapak riuso

E poi c'è un terzo punto da prendere in considerazione, forse il più importante. Quello che ormai dovremmo aver capito è che il cambiamento passa dalla riduzione dei rifiuti, non dalla sostituzione di un contenitore inquinante – in plastica – con un altro in tetrapak, come avviene con l’acqua in brick. L'idea di base è che l'opzione più sostenibile per l'ambiente sia riusare le risorse che già abbiamo a disposizione, piuttosto che produrne delle nuove che si aggiungono a quelle già esistenti da gestire e smaltire. Dobbiamo abbandonare il concetto di usa-e-getta, scegliendo oggetti che rispondano al paradigma dell'usa-e -riusa potenzialmente all'infinito.