
Negli ultimi anni, potresti aver sentito qualcuno parlare di economia circolare, senza però coglierne il vero significato. Si tratta in effetti di un modello di produzione e consumo che fino a poco tempo fa era semplicemente impensabile, ma che oggi potrebbe rappresentare una vera e propria salvezza per il nostro Pianeta.
Questo sistema è mirato a ridurre al minimo la quantità di rifiuti che produciamo, allungando la vita dei prodotti utilizzati, che sono composti da materiali ai quali è possibile dare una nuova vita attraverso la loro reintroduzione nel ciclo economico. Ma come funziona nella pratica l'economia circolare? Gli esempi sono davvero tanti: bottiglie d’acqua che diventano panchine, copertoni che si trasformano in tegole, bucce d’arancia usate come materiale per abiti di lusso, olio di frittura a sostituzione del carburante delle automobili.
Scarti e spazzatura che si trasformano in risorse economiche da utilizzare ancora e ancora, offrendo vantaggi che riguardano sia l'aspetto economico che il suolo che calpestiamo, dato che una maggiore sostenibilità è la chiave per riuscire a ridurre l'impatto dell'uomo sulla Terra.
L’economia circolare è un tipo di economia pensata per rigenerarsi da sola, sul modello degli organismi naturali. Questo significa che i materiali che vengono prodotti e utilizzati, alla fine della loro vita non vengono semplicemente buttati via e smaltiti, ma inseriti in nuovi cicli produttivi per creare altro materiale (o nel caso di rifiuti biologici, essere reintegrati nella biosfera).
Secondo la definizione data dalla Ellen MacArthur Foundation, molto attiva in questo ambito, l'economia circolare si basa su tre principi:
In pratica, la vita di un prodotto non è più pensata come una linea che inizia dalla produzione e si conclude alla fine del suo utilizzo, bensì come un cerchio: il materiale viene creato, sviluppato, plasmato, segue il proprio ciclo di vita, poi si deteriora e infine rinasce dalle proprie ceneri. Questo modello si contrappone a quello che possiamo definire economia lineare, basata sul "take-make-waste" ovvero "prendere-fare-buttare", un sistema che come abbiamo ormai appurato è insostenibile per le imprese, per le persone e specialmente per l'ambiente in cui viviamo.
Prendiamo ad esempio un materiale molto utilizzato in un’ottica di economia circolare, come la plastica: una volta che una bottiglia o un altro prodotto simile viene gettato via, il materiale viene preso, tagliuzzato, pulito, miscelato magari con altri materiali, e utilizzato nuovamente per creare nuovi oggetti, uguali o di altro genere. In questo modo lo scarto è minimo, e così anche il dispendio di materiale ed energia.
Non è chiaro quando e da chi sia nato il concetto di economia circolare, ma si fa risalire la sua introduzione, almeno teorica, agli anni Settanta. Era infatti già chiaro che prima o poi si sarebbe resa necessaria un tipo di produzione rinnovabile, meno dispendiosa dal punto di vista energetico e di risorse.
L’economia circolare rappresenta il futuro della gestione dei rifiuti, in Europa e nel mondo. I vantaggi di tale concetto, infatti, sono innumerevoli. Eccone alcuni:
Inoltre, uno studio della Ellen McArthur Foundation, il maggiore centro di ricerca sull’economia circolare, ha rivelato che in Europa l’economia circolare può generare oltre 1.800 miliardi di euro entro il 2030, incrementare del 3% la produttività annua e creare migliaia di nuovi posti di lavoro. Insomma, sembra che ci sia tutto da guadagnare e praticamente nulla da perdere nell’utilizzo di un sistema di economia circolare.
Nell'Unione europea, ogni cittadino genera in media 4,5 tonnellate di rifiuti l’anno, di cui quasi la metà viene smaltita in discarica. Ai rifiuti prodotti nelle nostre case, chiamati rifiuti urbani, si aggiungono tutti gli scarti derivati dalle attività industriali, che sono tantissimi. Basti pensare alla quantità di plastica che viene prodotta solo per gli imballaggi aziendali.
L’Italia si piazza in pole position in Europa dal punto di vista della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti (76,9%), ma la media europea è ferma al 37%.
Nell’ambito del pacchetto sull’economia circolare approvato il 22 maggio 2018, l’Unione europea ha fissato due obiettivi comuni per quanto riguarda smaltimento di rifiuti e riciclo:
Inoltre, entro il 2035 potrà essere smaltito in discarica al massimo il 10% dei rifiuti.
Naturalmente questi obiettivi sono realizzabili soltanto se alla base c’è un’efficace differenziazione dei rifiuti. Quindi, oltre a una normativa ambiziosa, è importante riuscire a mettere in campo una sempre maggiore educazione del cittadino a una corretta raccolta differenziata, in modo da rendere più immediato poi l'inserimento di uno stesso materiale all’interno dei cicli di riutilizzo.
Senza differenziata, non può esserci circolarità.
Gli esempi di economia circolare sono centinaia, in Italia e nel mondo. Negli ultimi anni è stato addirittura creato un Atlante dell’economia circolare in costante aggiornamento, in cui vengono raccolte e catalogate le centinaia di realtà italiane che si occupano di produzioni impostate in quest’ottica.
Si passa quindi dal calcestruzzo realizzato con gli avanzi dei materiali edili, ai succhi di frutta prodotti dagli scarti di lavorazione, a scarpe e borse realizzate con vecchie vele da kitesurf.
L’elenco è lunghissimo, e presenta realtà estremamente diverse tra loro ma con un obiettivo comune: dimostrare che nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E, aggiungerei, si trasforma in qualcosa di migliore.
(Modificato da Alessandro Bai il 12-1-21)