Gli attivisti di Extinction Rebellion sono in sciopero della fame da nove giorni. Il ministro Cingolani potrebbe incontrarli oggi

Da diversi giorni è in corso una protesta davanti al Ministero della Transizione Ecologica. Ne sono protagonisti gli attivisti di Extinction Rebellion, che chiedono un incontro al ministro Roberto Cingolani. Alcuni attivisti sono in sciopero della fame e una di loro, Laura, è attualmente in ospedale.
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Michele Mastandrea 16 Febbraio 2022

Forse ne avrai visto qualche momento sui social networks. Dall’inizio di febbraio è in corso una protesta sotto la sede del Ministero della Transizione Ecologica. Attivisti di Extinction Rebellion si presentano ogni mattina davanti alla sede istituzionale, venendo poco dopo fermati e condotti dalle forze dell’ordine in caserma. Alcuni sono in sciopero della fame, da ormai nove giorni. Tra questi c'è Laura, ricoverata dall'altro ieri in ospedale per le conseguenze della protesta.

Devi sapere che queste azioni fanno parte della campagna “Ultima generazione – Assemblea cittadina ora”, nata nel novembre 2021. Ma qual è l’obiettivo di queste proteste? Gli attivisti vogliono un incontro con il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Incontro mai concesso finora, anche se – secondo alcune indiscrezioni – il ministro potrebbe parlare con i manifestanti questa mattina. Cingolani finora si era rivolto agli attivisti solo per ottenere scuse in merito all'irruzione dello scorso 2 febbraio, proprio negli spazi del Ministero.

I motivi della protesta

La portavoce del ministro, Giuliana Palminotta, aveva invece incontrato ieri mattina gli attivisti, a cui aveva ribadito che l’incontro sarebbe stato concesso solo una volta arrivate le scuse. Ma perché gli ambientalisti vogliono incontrare a tutti i costi Cingolani?  “Per dirgli che non vogliamo essere, vista la durezza di questa crisi climatica, l’ultima generazione di cittadini italiani. Vogliamo invece chiedergli di estendere ai cittadini i poteri necessari alla risoluzione della crisi”, spiega Giulia Jannon di Extinction Rebellion.

L’idea dei manifestanti è infatti che in materia ambientale ci sia troppo accentramento di potere, quando le decisioni andrebbero prese direttamente dai cittadini. Gli attivisti, spiega Jannon, vorrebbero poi un ulteriore incontro alla presenza non solo di Cingolani, ma anche dei ministri Giorgetti, Patuanelli, Carfagna e Orlando, oltre che del premier Draghi. Per dirgli cosa? “Nell’incontro vogliamo ottenere entro il 2022 la convocazione di un’assemblea nazionale, deliberativa, sul tema della crisi ecologica e sulle misure da prendere per affrontarla”. Deliberativa e non consultiva, puntualizza Jannon, “affinché i partecipanti abbiano davvero il potere di prendere decisioni rilevanti”.

"Servono lotte radicali"

Una manifestazione di sfiducia nella classe politica, dunque. “Riteniamo che l’attuale sistema sia troppo legato a interessi lobbistici e di partito, e dunque incapace di fronteggiare il collasso climatico ecologico e sociale”, sottolinea Jannon. Cingolani, come detto, non sembrava all'inizio essere molto disponibile a incontrare gli ambientalisti. Questo nonostante organizzazioni ambientaliste come Legambiente e Greenpeace avessero richiesto al ministro di farlo, così da mettere fine allo sciopero della fame delle persone coinvolte.

Ora da parte dei manifestanti c'è attesa per l'esito dell'incontro. “Sappiamo che il Ministro non è d’accordo con quello che chiediamo, ovvero che le leggi siano approvate direttamente dai cittadini. Noi vorremmo però in questo incontro pubblico, portare avanti la nostra idea. Crediamo che in questa fase di emergenza sia infatti meglio agire attraverso forme di democrazia diretta”, spiega la portavoce di Extinction Rebellion.

Eppure pratiche come quelle dello sciopero della fame, pericolose in primis per le persone coinvolte, non rischiano di spaventare parte della popolazione dall'appoggiare questo tipo di lotta? “Questa campagna è tutta costruita su azioni forti”, ribatte Jannon. “Spesso c’è chi esprime il suo dissenso, ma crediamo che fare azioni di questo tipo serva per entrare nel dibattito pubblico. Altre modalità usate finora sul tema della crisi climatica non hanno funzionato, pensiamo a raccolte firme, petizioni ed altro. Riteniamo necessarie forme di protesta sempre non violente, ma più radicali”, conclude.