Finalmente la scienza ha compreso quante sostanze chimiche ci sono negli alimenti conservati negli imballaggi di plastica

Gli imballa alimentari rilasciano sostanze inquinanti nel cibo che poi mangiamo. Un team di ricerca di Zurigo ha confermato la presenza di alcune sostanze altamente dannose per la salute umana. Ecco di quali si tratta.
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Mattia Giangaspero 18 Settembre 2024

Eravamo fermi a una certezza, ovvero quella della presenza di sostanze chimiche e inquinanti all'interno degli imballaggi alimentari. Ancora non sapevamo quali sarebbero stati (anzi meglio dire quali sono) gli effetti sul corpo umano. Di recente a far luce è stato uno studio condotto dalla Food Packaging Forum Foundation, un'organizzazione non governativa con sede a Zurigo, la quale ha identificato 3.601 sostanze chimiche provenienti dagli imballaggi alimentari nei campioni  di sangue umani. Precisamente circa il 25% sono state trovate nel corpo umano, in campioni di sangue, capelli o latte materno.

"Ci sono sostanze chimiche pericolose note che sono note per essere collegate a effetti negativi sulla salute umana", ha affermato Jane Muncke, responsabile scientifico del Food Packaging Forum e uno degli autori del documento. "E queste sostanze chimiche fuoriescono dagli imballaggi".

Le sostanze più pericolose ritrovate all'interno degli imballaggi sono stati i PFAS e di questo ne parlammo già in un altro articolo d'approfondimento.

Sostanze nocive che possono causare danni per la tua salute, soprattutto a livello intestinale, con l'indebolimento del sistema immunitario e provocando disturbi endocrini.  

Altre sostanze rilevate includono il bisfenolo A (BPA), un noto distruttore endocrino, e i ftalati, che sono stati associati all'infertilità.

Nella stessa ricerca viene raccomandato di ridurre il tempo di contatto con gli imballaggi alimentari e di evitare di riscaldare il cibo nei contenitori in cui è stato confezionato. Inoltre, è importante promuovere l'uso di materiali di imballaggio alternativi che non rilascino sostanze chimiche nocive negli alimenti.

Fonte | The Washington post