Gli insetti impollinatori stanno diminuendo, ed è un problema per tutti

L’ultimo rapporto dell’Ispra “Piante e insetti impollinatori: un’alleanza per la biodiversità” mette in guardia sul fenomeno e sui rischi conseguenti, soprattutto a livello ambientale e alimentare.
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Gianluca Cedolin 28 Settembre 2021

La vita delle piante è, come tutti sappiamo, fondamentale per il futuro del pianeta. A loro volta, per sopravvivere e riprodursi le piante da fiore hanno bisogno dell'impollinazione di insetti. Per questo, è preoccupante che gli impollinatori come api e farfalle si stiano riducendo di numero, a causa principalmente dell'azione umana. Come si legge nell'ultimo rapporto dell'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) intitolato "Piante e insetti impollinatori: un'alleanza per la biodiversità", circa il 90% delle piante selvatiche da fiore ha bisogno di impollinatori per riprodursi e oltre il 75% delle principali colture agrarie beneficia dell'impollinazione operata da decine di migliaia di specie animali.

Il valore economico dell'impollinazione

Parliamo di almeno 16mila specie di insetti, tra cui ci sono api, farfalle, vespe, mosche, coccinelle. E poi anche ragni, rettili, uccelli, e addirittura mammiferi. Circa il 9% delle specie di api e farfalle, avverte l'Ispra citando l’Iucn (l'Unione internazionale per la conservazione della natura), è a rischio estinzione, e con loro i contributi che danno alla biodiversità, primo tra tutti l'impollinazione dei fiori. Un guaio anche in termini economici: la produzione agricola direttamente associata all'impollinazione rappresenta un valore economico stimato tra i 199 e i 589 miliardi di euro, si legge sempre nel documento dell'Ispra. Solo in Italia, il valore economico del servizio di impollinazione animale arriva a circa 3 miliardi di euro l'anno.

Le conseguenze dell'estinzione degli impollinatori

Senza gli impollinatori, moltissime piante non riuscirebbero a riprodursi. Questo potrebbe causare una perdita di biodiversità a cascata, perché molti animali sarebbero privati di una fonte primaria di cibo. Inoltre, cesserebbero di esistere moltissimi frutti, verdure e semi, oltre agli oli vegetali, alla legna e a tantissime altre materie fondamentali per la nostra vita.

Le ragioni del declino

Come nella maggior parte delle sciagure naturali degli ultimi anni, la responsabilità ricade in larga parte sulle nostre spalle e sul nostro insostenibile modello di crescita. L'Ispra cita alcune delle principali cause: «L’attuale declino degli impollinatori – si legge nel report – dipende da una serie di pressioni ambientali che spesso agiscono in sinergia: distruzione e frammentazione degli habitat, inquinamento ambientale ed eccesso di pratiche agricole intensive, cambiamenti climatici, l’arrivo e la diffusione di specie aliene invasive, tra cui patogeni e parassiti».

Come invertire la tendenza

La Strategia europea per la biodiversità 2030 contiene già azioni concrete per salvaguardare gli ecosistemi, e quindi gli impollinatori, e garantire di conseguenza la sicurezza alimentare. «Tra questi, ridurre il consumo di suolo e quindi il degrado degli habitat nei quali gli impollinatori vivono e si nutrono, incrementare la superficie coltivata con metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente e della biodiversità (come l’agricoltura biologica, che dovrebbe raggiungere il 25% dei suoli europei), ridurre del 50% l’utilizzo di pesticidi nell’ambiente e favorire il mantenimento di specie vegetali selvatiche attraverso aree inerbite e incolte sia in ambito agricolo sia urbano e periurbano».