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Glifosato: per l’Agenzia UE delle sostanze chimiche non è cancerogeno. Ma secondo gli ambientalisti non è vero

La European Chemicals Agency ha commentato in una nota le conclusioni sulla prima valutazione del rischio dell’erbicida, spiegando che la sua classificazione come sostanza cancerogena “non è giustificata”. Secondo varie Ong, tuttavia, le prove scientifiche prese in considerazione sarebbero limitate e non indipendenti.
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Alessandro Bai 1 Giugno 2022

Pur provocando "gravi danni agli occhi" ed essendo "tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata" il glifosato non è cancerogeno o, per meglio dire, non ci sarebbero ad oggi prove scientifiche sufficienti per classificarlo come tale. È questa la conclusione raggiunta dal comitato per la valutazione dei rischi (RAC) dell'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), un parere che potrebbe rivelarsi determinante nel processo di rinnovo della licenza che consentirebbe agli stati dell'Unione Europea di continuare a usare l'erbicida più potente e diffuso al mondo per altri 15 anni.

Attiva dal 2017, l'autorizzazione attuale per l'uso del glifosato è in scadenza nel dicembre 2022 e quella dell'ECHA è la prima valutazione del rischio all'interno di un processo nel quale dovrà esprimersi anche l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Il dibattito sulla possibile classificazione del glifosato come sostanza cancerogena è acceso dal 2015, quando l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), definì l'erbicida come "probabilmente cancerogeno per gli esseri umani".

Dopo aver esaminato "un'ampia gamma di prove scientifiche disponibili", come si legge in una nota ufficiale, l'ECHA ha concluso che "la classificazione del glifosato come cancerogeno non è giustificata", ma il parere dell'agenzia fa molto discutere, specialmente tra gli ambientalisti.

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Ti basti pensare che senza aspettare le valutazioni del rischio da parte delle agenzie europee, Paesi come Austria e Germania hanno già annunciato di voler mettere al bando la sostanza nei prossimi anni. L'ECHA sottolinea invece che i risultati raggiunti sono in linea con quelli del rapporto preliminare  stilato dalle autorità di quattro Paesi membri UE, ovvero Svezia, Francia, Olanda e Ungheria, ma non si placano le critiche secondo cui molti degli studi presi in esame sarebbero stati realizzati dalle stesse aziende produttrici di pesticidi.

Secondo Peter Clausing, membro dell'Ong "Ban Glyphosate", "è triste constatare come l'ECHA abbia ripetuto il suo comportamento negligente a livello scientifico del 2017. Per raggiungere le proprie conclusioni, l'agenzia ha dovuto sorvolare sui tumori trovati in cinque topi e sette ratti esaminati in studi che indagavano la carcinogenicità della sostanza. Facendo questo, non solo l'ECHA ha violato le buone pratiche scientifiche, ma anche le sue stesse linee guida e persino i regolamenti europei, come dimostrato in molti studi sottoposti a peer review".

Anche l'Ong Health and Environment Alliance (Heal) sottolinea le "grandi incoerenze nella valutazione scientifica da parte dell'UE della genotossicità e la potenziale carcinogenicità del glifosato", spiegando che tutti gli studi presi in esame, compresi quelli degli stessi produttori di pesticidi, "indicano che la sostanza ha il potenziale per causare il cancro". Inoltre, alcune delle ricerche considerate sarebbero incomplete, oltre al fatto che gli argomenti presentati da scienziati indipendenti sarebbero rimasti inascoltati.

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Per Dolores Romano, vice responsabile delle politiche per le sostanze chimiche dell’organizzazione European Environmental Bureau, queste conclusioni dimostrano "l’urgente necessità di affrontare le carenze sistemiche del processo di classificazione delle sostanze chimiche pericolose nell’UE, come la grandissima quantità di prove richiesta, le grandi lacune delle fonti di dati, il rifiuto di prove scientifiche indipendenti e la mancanza di un approccio precauzionale".

In altre parole, è possibile che moltissimi Paesi europei possano continuare ad utilizzare il glifosato nelle proprie pratiche agricole, senza però che ci sia una vera garanzia sulla sicurezza di questa sostanza, anzi. La palla passerà ora nelle mani dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che proprio pochi giorni fa aveva posticipato a luglio 2023 il termine per giungere ad una decisione definitiva sulla valutazione del rischio del glifosato, in modo da avere più tempo per esaminare i commenti e gli studi sottoposti durante la fase di consultazione pubblica.

Un'altra tappa fondamentale per fare luce sui reali pericoli per la salute umana di un erbicida che nel frattempo, sicuro o meno, rischia di finire sui prodotti che arrivano sulla tua tavola.