
Quante volte, camminando accanto a un fiume o un torrente, ti è capitato di gettare un’occhiata alla ricerca di qualche pesce? Un’abitudine comune se si passeggia nei pressi di un corso d’acqua, ma che rischia di non durare ancora a lungo: secondo un rapporto presentato dal WWF, che lo ha preparato insieme ad altre 15 Ong, in tutto il mondo è in corso un’estinzione di massa dei pesci d’acqua dolce, che senza che ce ne rendiamo conto stanno via via scomparendo da laghi e fiumi.
“The world’s forgotten fish”, ovvero i pesci dimenticati del mondo, è il titolo del report che evidenzia la grave perdita di biodiversità alla quale stiamo andando incontro: i pesci di acqua dolce rappresentano infatti il 51% delle specie di pesci esistenti, ma un terzo di loro rischia di scomparire e aggiungersi alle 80 specie già estinte.
L’estinzione di massa dei pesci di acqua dolce è un problema destinato a toccarci in prima persona, ma non solo per il fatto di non vederli più nuotare nei fiumi o nei laghi. Questi ecosistemi, infatti, producono cibo per 200 milioni di persone, oltre a creare posti di lavoro e fornire mezzi di sostentamento per altri 60 milioni. La scomparsa di questa biodiversità subacquea, dunque, rischia di creare gravi danni economici: ti basti pensare che i pesci da acquario, gli animali domestici più diffusi al mondo, fanno parte di un mercato che vale 30 miliardi di dollari.
Ben prima della preoccupazione per i soldi, che poi è solo una conseguenza, viene quella per la scomparsa di specie uniche: soltanto nel 2020 sono 16 quelle dichiarate estinte dalla Lista rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) e non si tratta del dato più preoccupante. Secondo il dossier del WWF, infatti, dal 1970 ad oggi i pesci migratori d’acqua dolce sono diminuiti del 76% ed è scomparso addirittura il 94% dei pesci di grandi dimensioni.
A questo punto, la domanda è più che lecita: perché i pesci di acqua dolce si stanno estinguendo? Le risposte sono molto varie, e per gran parte hanno a che fare con l’uomo. A minacciare queste specie, infatti, sono soprattutto l’inquinamento derivante da attività agricole, domestiche e industriali, le dighe collocate nei fiumi per lo sfruttamento dell’energia idroelettrica, pratiche di pesca poco sostenibili e l’introduzione di specie invasive e non native, tutti fattori che hanno contribuito a distruggere gli habitat di questi animali e a minacciare pesantemente gli ecosistemi dei pesci d’acqua dolce.
Il rapporto contiene anche degli esempi concreti degli effetti devastanti causati da questa situazione: l'industria ittica basata sulla pesca dell'alosa orientale (Tenualosa ilisha), è passata da un rendimento di 19 tonnellate all'anno a una sola tonnellata dopo la costruzione della diga di Farakka, avvenuta negli Anni '70, mentre il bracconaggio per ottenere il caviale ha reso lo storione uno degli animali più minacciati sul nostro pianeta.
Secondo Steve Orr, che si occupa per il WWF proprio degli ecosistemi di acqua dolce, "in nessun posto del mondo la crisi della natura è più acuta che nei nostri laghi e fiumi, e l'indicatore più chiaro dei danni che stiamo causando è proprio il rapido declino della popolazione dei pesci d'acqua dolce". Per fortuna, però, nulla è ancora perduto: esistono delle soluzioni, che dovranno essere discusse urgentemente alla Convention delle Nazioni Unite sulla biodiversità, un'occasione imperdibile per fare il punto su un mondo trascurato e che, proprio per questo motivo, rischia un'estinzione di massa. "La buona notizia è che sappiamo cosa dobbiamo fare per salvaguardare i pesci d'acqua dolce", ha spiegato Orr. Riportare la vita all'interno di laghi e fiumi è un passaggio cruciale per "garantire cibo e posti di lavoro per centinaia di milioni di persone, preservare le nostre icone culturali, aumentare la biodiversità e migliorare la salute degli ecosistemi di acqua dolce, che sono premessa fondamentale per il nostro benessere e la nostra prosperità"