I rinoceronti africani sono ancora a rischio: in Sudafrica è ripartito il bracconaggio dopo un calo dovuto alla pandemia

Richiestissimi per il loro corno, i rinoceronti sono nuovamente in pericolo, dopo aver attraversato un anno più tranquillo grazie alla restrizioni imposte dalla pandemia.
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Sara Del Dot 6 Maggio 2021

Erano reduci da un periodo piuttosto tranquillo, dove le restrizioni dovute alla pandemia avevano provocato intensi stop negli spostamenti coinvolgendo quindi anche i traffici illeciti di prodotti derivanti dal bracconaggio. Sarebbe stato bello, però, che la situazione drammatica che abbiamo vissuto lo scorso anno avesse fatto dimenticare anche la ragione per cui in Sudafrica i rinoceronti vengono uccisi a centinaia ogni anno.

Infatti nel 2020 diversi fattori come la pandemia, con conseguente difficoltà a trasportare la merce in Asia, grande importatore di corno di rinoceronte per le sue “proprietà curative”, ma anche pratiche di conservazione, attività dei Rangers e procedure anti-bracconaggio avevano permesso di ridurre il numero di rinoceronti uccisi a 394, il 30% in meno rispetto al 2019.

Nel mese di novembre, però, la caccia è ricominciata e rischia di fare più danni di prima, come segnalato prontamente da ong e associazioni ambientaliste.

Il rinoceronte è una delle grandi vittime del bracconaggio nel mondo. Per strappare il suo corno, i cui prodotti sono richiestissimi soprattutto dai paesi asiatici, vengono utilizzati metodi spesso molto crudeli. Come sottolinea l’associazione Save the Rhino, i rinoceronti infatti vengono sedati con un tranquillante, privati del corno e abbandonati a morire dissanguati tra atroci dolori non appena si svegliano. Se sono più “fortunati”, vengono uccisi direttamente prima della rimozione del corno.

Una delle soluzioni adottate da alcune riserve per salvaguardare questi animali dalla morte, come riporta l’agenzia Reuters, è quella di far togliere il corno direttamente da un veterinario specializzato, che rende quindi gli animali “inutili” per i bracconieri. Tuttavia questa manovra è molto costosa e richiede una grande attenzione e monitoraggio su dove si trova ciascun esemplare (il cui corno ricresce dopo alcuni mesi). In ogni caso, sembra una delle poche attività in grado di salvare la vita di questi animali. Collateralmente al contrasto al bracconaggio, naturalmente.