Il gasdotto Tap è entrato in funzione: è questa la transizione ecologica che vogliamo?

Si sono conclusi i lavori dell’infrastruttura che porta in Italia il gas naturale proveniente dall’Azerbaigian. La sua realizzazione è stata osteggiata a lungo dagli ambientalisti e dagli abitanti salentini per il suo impatto sul territorio. Ma il punto è (anche) un altro: è una buona idea affidarsi ancora così tanto al metano anziché puntare di più sulle rinnovabili?
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Federico Turrisi 17 Dicembre 2020

E alla fine, nel silenzio generale, con l'entrata del metano nella rete Snam il gasdotto della discordia è ufficialmente diventato operativo, dopo quattro anni e mezzo dalla cerimonia inaugurale dei lavori di costruzione a Salonicco, in Grecia. Stiamo parlando naturalmente del Tap (acronimo per Trans Adriatic Pipeline). Se ricordi, ti avevamo parlato nel dettaglio di questa opera controversa, costata la bellezza di 4,1 miliardi di euro, in gran parte messi da aziende private.

Fin dall'inizio, il progetto era stato duramente contestato dagli abitanti di Melendugno (in provincia di Lecce), dove il gasdotto si allaccia alla rete nazionale, per il suo impatto sugli ulivi secolari e sull'ecosistema marino nei dintorni della spiaggia di San Foca. La "ragion di Stato", se possiamo definirla così, sostiene invece che il Tap sia un'opera strategica. Il suo obiettivo, con il completamento del Corridoio Meridionale del Gas, è infatti quello di trasportare 10 miliardi di metri cubi all'anno – con la possibilità di raddoppiare la capacità di trasporto a 20 miliardi di metri cubi all'anno – di gas dall'Azerbaigian verso i mercati europei e di rendere così l'Europa meno dipendente dal gas russo. Quella stessa Europa che con il Green Deal ha promesso di raggiungere la climate neutrality, ovvero le zero emissioni nette, entro il 2050.

Non dobbiamo mai dimenticarci che il gas naturale, anche se è meno inquinante del carbone e del petrolio, è pur sempre un combustibile fossile, e dunque ha un impatto considerevole in termini di emissioni di gas climalteranti. La domanda allora è la seguente: l'Italia e l'Europa hanno ancora bisogno di nuove (e costose) infrastrutture per l’importazione di gas dall'estero? Pensiamo davvero di accelerare così il processo di decarbonizzazione? Con il passaggio al gas naturale la transizione energetica si compie soltanto a metà. E questo chiaramente non è sufficiente per rimanere in linea con gli obiettivi climatici stabiliti con l'Accordo di Parigi del 2015. Quando si parla di Tap troppo spesso si trascura questo aspetto cruciale.