Il Governo Meloni vuole andare a gas: nuove trivelle in Italia?

Sfruttare nuovi giacimenti e spingere l’esplorazione in alcune zone del nostro Paese per estrarre gas naturale in attesa della transizione energetica?
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
15 Settembre 2023 * ultima modifica il 15/09/2023

Secondo il “Decreto aiuti quater”, divenuto legge il 13 gennaio del 2023, il Mare Adriatico potrebbe tornare ad essere una frontiera dell’esplorazione e dell’estrazione di idrocarburi, con buona pace delle energie rinnovabili. Questo in risposta all’aumento dei costi dell’energia, in particolare del gas, registrato nei mesi scorsi e ora sostanzialmente rientrato.

Mondo associazionistico e società civile sono in allerta per la possibile ripresa della ricerca e coltivazione di idrocarburi, un’azione completamente contraria agli impegni presi dal nostro Paese con gli altri della Comunità Europea ma anche a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti che, ricordiamolo, deve essere interesse e obiettivo globale.

Ma cosa dice il Decreto e quali sono i rischi per il futuro?

Cosa dice il Decreto

L’articolo 4 del Decreto legge del 18.11.2022 n. 176 (poi Legge del 13.01.2023 n. 6 di conversione del decreto “Aiuti quater) introduce alcune misure per consentire un aumento della produzione nazionale di gas naturale, attraverso la riattivazione delle concessioni di gas metano esistenti in Alto Adriatico e il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi nelle zone marine tra le 9 e le 12 miglia marine dalla costa e dalle aree protette marine e costiere. La zona interessata sarebbe quella “nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po”.

I beneficiari, fino al 2024, dovranno mettere a disposizione un quantitativo di diritti sul gas corrispondente ad almeno il 75% dei volumi produttivi attesi e, per gli anni successivi, ad almeno il 50% dei volumi produttivi attesi. Fanno eccezione i valori superiori a quelli di produzione effettiva attuale di ciascun operatore. Secondo il sottosegretario al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica Claudio Barbaro “Ad oggi non è in istruttoria presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica alcuna istanza di concessione, mentre vi sono 5 permessi di ricerca”.

In arrivo uno specifico decreto per l'estrazione di gas?

Sembra una battuta, ma durante l’ultimo Forum delle energie rinnovabili “Renewable Thinking”, tenutosi a fine luglio in Valle D’Aosta e ideato da CVA SpA in collaborazione con The European House – Ambrosetti e  Elettricità Futura, il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato che tra gli interventi sul settore energetico previsti in questo mese vi sarà anche “l’opportunità di utilizzare anche i giacimenti di gas dei nostri territori, altrimenti in alcune realtà, come nell’Adriatico, corriamo il rischio che peschino solo altri Paesi”.

Derogando dunque al tema dell’incontro (le energie rinnovabili, appunto) il Ministro apre la strada allo sfruttamento di nuovi giacimenti, intenzione già ricompresa dal Decreto Aiuti quater. È vero, la decarbonizzazione del settore energetico non può avvenire in un baleno, non possiamo abbandonare le fonti fossili dall'oggi al domani ed è necessaria una transizione progressiva che favorisca le "energie "pulite" a discapito di un utilizzo sempre minore di carbone, petrolio e gas. Ma i giacimenti dell'Adriatico quanti idrocarburi in più ci darebbero?

Secondo Alfonso Colucci, capogruppo Cinque Stelle nella commissione Affari Costituzionali di Montecitorio “L’incremento della produzione nazionale di metano (sfruttando questi giacimenti dell’Adriatico; ndr) sarà di 15 miliardi di metri cubi di gas in un decennio: si tratta di meno del 2% del fabbisogno italiano annuo”. Praticamente nulla.

I rischi

Le norme introdotte dal Decreto Legge derogherebbero alla legislazione ambientale esistente, permettendo le attività estrattive in aree marine estremamente delicate, in barba agli articoli 9 (“La Repubblica … Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni…”) e 41 (“…l’iniziativa economica… non può svolgersi… in modo da recare danno all’ambiente…”) della nostra Costituzione.

La realizzazione di nuovi pozzi estrattivi rischia di compromettere la biodiversità del mare Adriatico, già di per sé fortemente minacciata da altri effetti del riscaldamento globale come l'invasione di specie aliene e infestanti (es. il granchio blu) o l'erosione costiera.

Proprio le implicazioni geomorfologiche e geologiche sono tra le più rilevanti nel settore estrattivo. L’estrazione degli idrocarburi provoca fenomeni di abbassamento del suolo (subsidenza) che si ripercuotono non solo sulla morfologia dei fondali ma anche su quella delle coste, con un aumento del rischio di erosione e con possibili ripercussioni economiche sulle attività dei litorali. Perdite, rischio di incendi e incidenti come lo sversamento a mare di idrocarburi, possono poi arrecare danni incalcolabili all'ambiente marino o terrestre e a tutte le attività ad essi connesse.

A breve distanza dall’area individuata nel Mare Adriatico, inoltre, si trova il Delta del Po, area protetta di estrema importanza (oggi già apparentemente minacciata da un possibile caso di speculazione edilizia), riserva Mab Unesco e Sito di Importanza Comunitaria.

La posizione delle istituzioni, delle associazioni e della società civile

Nelle regioni che si affacciano sull’Alto Adriatico, fortunatamente, istituzioni locali, associazioni e società civile fanno fronte comune per dire no alle trivelle. Già lo scorso dicembre, Luca Zaia, Governatore del Veneto, aveva istituito un tavolo tecnico tra Ministero e Regione per mettere in pausa la possibile ripresa dell’attività estrattiva in Adriatico, ricordando i gravissimi danni ambientali arrecati negli anni dalle trivelle al largo delle coste del Polesine.

Da Zaia ora non sono giunti commenti alle nuove dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin. Anche Stefano Bonaccini si era dichiarato contrario all’apertura di nuovi pozzi, suggerendo di aumentare la capacità estrattiva di quelli esistenti.

Sul piede di guerra le associazioni come Legambiente, Greenpeace, che aveva presentato ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea contro le trivelle in Adriatico e Italia Nostra che, nel novembre 2022, aveva già espresso forti perplessità sulle misure contenute nel decreto in un appello al Governo e al Parlamento.

Persino il Vescovo di Chioggia, monsignor Gianpaolo Dianin, in un incontro con la cittadinanza, aveva dichiarato che “Come Chiesa sentiamo il desiderio di prenderci cura della gente che vi abita. Facciamo la nostra parte per l’ecologia integrale di cui parla il Papa”. Il riferimento è all’enciclica “Laudato sì”, un testo del 2015, scritto da Papa Francesco, contenente una profonda riflessione sul rapporto tra uomo e ambiente che, oggi, nelle parole di alcuni politici e del Legislatore, sono ancora troppo distanti.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…