Il lato oscuro della plastica: al suo interno ci sono migliaia di sostanze considerate “preoccupanti”

Sebbene sia ovunque intorno a noi, la plastica resta sempre un mistero. Cosa si trova oltre la superficie liscia e colorata che siamo abituati a vedere dappertutto? Un nuovo studio ci svela una realtà meno rassicurante del previsto.
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Sara Del Dot 27 Giugno 2021

La vediamo sempre così: colorata, pulita, rassicurante. La plastica è uno dei materiali più utilizzati al mondo e siamo abituati a trovarla praticamente ovunque negli oggetti di uso quotidiano. Giocattoli, elettrodomestici, utensili, mobili, mezzi di trasporto, si trova anche dove non la vediamo, nonostante l'intensificarsi degli sforzi per ridurne l’utilizzo e il consumo.

Ma sei sicuro di sapere che cosa c’è nella sua composizione? Di conoscere tutti i segreti di questo polimero?

L’EHT (Politecnico federale) di Zurigo ha scelto di provare a rispondere a queste domande pubblicando uno studio dal titolo “Deep Dive into Plastic Monomers, Additives, and Processing Aids” (Nel profondo dei monomeri, additivi e coadiuvanti che si trovano nella plastica), che propone un’analisi dettagliata delle sostanze presenti in questo materiale.

I ricercatori hanno controllato 63 fonti di dati sulle plastiche, arrivando a riconoscere circa 10.500 sostanze chimiche utilizzate all’interno dei vari settori cui il materiale viene destinato (imballaggi, giocattoli, tessile).

Ciò che è emerso dalla ricerca è un vero e proprio database delle sostanze usate nei processi di produzione e lavorazione della plastica, delle quali 2.480 sono classificate come “potenzialmente preoccupanti” dal momento che risultano applicabili ai criteri di persistenza, bioaccumulo e tossicità dell’Ue. In pratica, il 24% delle componenti dei materiali plastici con cui abbiamo a che fare tutti i giorni potrebbe essere rilasciata in ambiente arrecando danni all’ambiente, alla nostra salute o nei sistemi di riciclaggio. Inoltre, diverse sostanze tra quelle individuate non sono state studiate a sufficienza e quindi non sono nemmeno state regolamentate in diversi Paesi tra cui Stati Uniti e Unione Europea e anzi talvolta sono state approvate per essere utilizzate in materiali a contatto con gli alimenti.