
A volte tendiamo a dimenticarcene, ma la natura rappresenta lo strumento più efficace da cui trarre informazioni per quanto riguarda lo stato di salute dell’ambiente che ci circonda. Te lo dicono gli spostamenti e le migrazioni degli animali, te lo dicono le acque dei fiumi che attraversano la città, te lo dicono i fiori che tieni in un vaso sul balcone di casa. Ogni singolo elemento naturale presente attorno a noi, se analizzato in modo opportuno può trasmettere messaggi e informazioni anche molto datate nel tempo, che nessuno strumento automatico o meccanico è in grado di raccogliere in maniera così spontanea. Dagli anelli degli alberi secolari, ai licheni, ai coralli, le sostanze organiche contengono in sé un patrimonio di dati davvero incredibile. Basta saperli estrarre e analizzare nel modo opportuno.
A questo proposito, un nuovo studio effettuato in Canada da un team di ricercatori e pubblicato l’11 marzo 2019 sulla rivista Nature Sustainability, ha rilevato che il miele che si trova negli alveari urbani situati nei pressi di Vancouver contiene limitati livelli di piombo, in particolare nei centri cittadini e vicino al porto. Un chiaro segnale del fatto che il miele delle api potrebbe segnalare in modo piuttosto efficace la presenza o meno di inquinamento dell’aria nelle zone di tutto il mondo.
Ma andiamo con ordine. Tutto è cominciato quando un’associazione non profit, Hives for Humanity, che si occupa di gestire le comunità di alveari intorno alla città di Vancouver, ha chiesto al dottor Dominique Weis, docente di geochimica presso la University of British Columbia e co-autore dello studio, di controllare la presenza nel miele di piombo e altre sostanze. I risultati hanno manifestato tracce ridotte di piombo, ferro, zinco e altre sostanze, ma tutte in piccolissima parte, una quantità assolutamente non nociva per l’essere umano.
Escluso il pericolo per la salute dei cittadini, però, il risultato interessante è stato un altro. Infatti, questa scoperta ha suggerito l’idea che il miele degli alveari potrebbe rappresentare un importante indicatore della qualità dell’aria. Un vero e proprio segnalatore naturale di sostanze inquinanti, forte anche del fatto che gli alveari urbani sono sempre di più all’interno delle città, e quindi potrebbero fornire dati specifici e precisi. Infatti, è cosa nota che le api, mentre svolgono le loro attività di impollinazione, raccolgano piccole quantità di metalli depositatesi in precedenza su piante e fiori. Uno sguardo ampio, quindi, sullo stato di inquinamento di intere zone e interi quartieri.
A questo punto, l’interesse si è spostato sulla natura di queste sostanze reperite nel miele. Infatti, le fonti di piombo possono essere diverse, sia naturali come rocce di fiume e vulcani, sia umane come carburanti e traffico delle automobili. I ricercatori hanno quindi effettuato delle analisi, individuando le caratteristiche distintive delle varie fonti di piombo, basate sulla proporzione tra differenti isotopi dei metalli che si trovavano nel miele. È stato subito chiesto che gli isotopi di piombo del miele studiato non fossero affatto simili a quelli riscontrati nel fiume Fraser o in altre zone naturali. La fonte della sostanza è quindi stata indubbiamente riconosciuta come proveniente dalle attività dell’uomo, perché non corrispondeva a nulla che esistesse nel mondo naturale. Le ipotesi più probabili, sono i carburanti bruciati nel porto di Vancouver e il traffico delle auto.
Insomma, sembra che ancora una volta le api abbiano voluto ricordare al mondo la loro utilità per un suo sviluppo positivo, dando all’essere umano un altro (superfluo) motivo per incentivare il ripopolamento di questa specie in via di estinzione.
Fonte | Honey as a biomonitor for a changing world, pubblicato su Nature Sustainability il 11 marzo 2019