Il mondo nell’Età della Plastica, ma uscirne si può: con il riciclo

C’è stata l’età della pietra, poi quella del bronzo, e dopo quella del ferro. Ma quella in cui viviamo ora è innegabilmente l’età della plastica: la troviamo ovunque, la usiamo quotidianamente e ogni giorno diventa rifiuto. Che però spesso finisce nell’ambiente, tanto da essere ormai diventata parte integrante delle stratificazioni fossili del fondale marino. Ma fare la differenza si può: con il riciclo. Che fa bene all’ambiente ma anche all’economia.
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Ciaopeople Studios 27 Novembre 2020

Secondo uno studio condotto dalla Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California di San Diego e pubblicato lo scorso anno su Science Advances, la plastica è ormai entrata a far parte delle sedimentazioni fossili sul fondo marino: in un lontano futuro, dunque, i geologi potranno “datare” in modo preciso la nostra epoca storica proprio analizzando gli strati di sedimenti e rilevando la quantità di plastica presente. Secondo la ricerca, infatti, sul fondo dell’Oceano la concentrazione di residui plastici è raddoppiata ogni 15 anni dal 1945 al 2009: si tratta, scrivono gli scienziati, di “un incremento strettamente correlato con la produzione globale di plastica”. Che è ormai presente ovunque nell’ambiente, dagli oceani alle montagne, dalle profondità della Fossa delle Marianne alle vette dell’Everest. E che sta dando origine anche a nuovi “territori”, come il Pacific Trash Vortex (conosciuto anche come “Great Pacific garbage patch”, Grande chiazza di immondizia del Pacifico), una vera e propria isola di plastica che galleggia nell’Oceano.

E se i grandi mari del mondo soffrono, anche il nostro “piccolo” Mediterraneo non gode certo di ottima salute: proprio sulle nostre coste, all’isola del Giglio, è stato rilevato il “plasticrust”, un sedimento di polietilene che, rilevato la prima volta a Madeira, nell’Atlantico, si “aggrappa” agli scogli come fanno le alghe, ricoprendoli. Ma nel Mare Nostrum vengono riversate ogni anno anche migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti plastici: una quantità variabile tra una stima prudente di 230mila tonnellate e una pessimistica di 570mila.

Una quantità enorme di materie plastiche che, se trattate correttamente, avrebbero invece potuto conoscere una nuova vita grazie al riciclo, a tutto vantaggio dell’ambiente e con ricadute positive anche sulla Green Economy e sul suo indotto (con creazione di valore e di posti di lavoro: in Italia il settore dell’economia circolare del recupero occupa complessivamente oltre 19.000 persone, con un fatturato totale di circa 11 miliardi di euro).

Perché ovviamente il problema dell’inquinamento non sta nella plastica in sé, che come materia prima è invece utilissima e insostituibile, ma nell’uso che se ne fa e nella gestione del suo ciclo di vita. Si tratta, insomma, in gran parte di una questione di educazione ecologica, dato che oggi il 20% della plastica viene abbandonato nell’ambiente (quindi non solo in mare, ma anche sul territorio): e in quest’ottica ognuno, nel suo piccolo, può fare la differenza… differenziando e dando una mano alla sostenibilità. D’altra parte è anche vero che un grosso problema è rappresentato dall’utilizzo di plastiche monouso o non riciclabili, per le quali servirebbe un processo di progressiva riconversione delle aziende che su queste produzioni fondano le loro attività. La plastica riciclabile, invece, se viene correttamente differenziata può essere rigenerata in modo efficace e tornare a essere una risorsa.

Proprio per questo motivo il gruppo Hera, multiutility che con i suoi servizi ambientali si occupa della gestione del ciclo dei rifiuti di 3 milioni e 200mila italiani, ha fatto della sostenibilità ambientale una missione, investendo risorse soprattutto per la transizione verso l’economia circolare e raggiungendo in largo anticipo tutti gli obiettivi fissati dall’Unione europea per gli anni a venire. Secondo i dati del rapporto “sulle tracce dei rifiuti”, infatti, i rifiuti urbani conferiti in discarica, che per l’Ue devono scendere al 10% entro il 2035, già nel 2019 erano al 3% nei comuni dove la raccolta è gestita dal Gruppo Hera (contro una media italiana del 24% nel 2018); il tasso di riciclo, fissato dall’Ue al 55% entro il 2025, è già stato superato lo scorso anno da Hera che ha raggiunto il 56% (con una media italiana al 2018 del 45%). E per quanto riguarda il tasso di riciclo degli imballaggi, che l’Europa ha fissato al 70% entro il 2030, Hera ha già raggiunto il 72% nel 2019 (mentre in Italia la media si è fermata al 60% nel 2018).

Il merito degli altissimi tassi di riciclo della plastica va anche a Aliplast, la società di Herambiente che si occupa proprio di dare nuova vita alla plastica. Fondata nel 1982, Aliplast fa parte del gruppo Hera dal 2017 ed è oggi leader nel riciclaggio delle materie plastiche per la produzione di polimeri rigenerati, di film flessibili in rLDPE (polietilene a bassa densità rigenerato) e di lastre in rPET (polietilene tereftalato rigenerato). E grazie a un recente accordo con Maire Tecnimont per l’utilizzo della tecnologia Myreplast di NextChem, Hera e Aliplast saranno in grado di potenziare la loro attività di riciclo in un nuovo impianto che potrà trattare 30mila tonnellate di rifiuti plastici l’anno. Non solo con un procedimento di “upcycling” nella rigenerazione del riciclo dei materiali, che beneficeranno così di un innalzamento di qualità e purezza, ma anche con la possibilità di trattare polimeri come polipropilene, polietilene ad alta densità e Abs che solitamente sono di difficile riciclo. Facendo così ancor più la differenza in tema di sostenibilità e di economia circolare.