Il nuovo indice per valutare lo stato di salute delle foreste pluviali

Elaborato da un gruppo di scienziati guidato dalla Nasa, si chiama Tfvi e permette, con un aggiornamento costante, di identificare subito le aree più vulnerabili.
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Gianluca Cedolin 16 Agosto 2021

Le foreste tropicali sono luoghi meravigliosi e molto importanti per la Terra, perché conservano la più alta biodiversità del pianeta, ospitando innumerevoli specie di piante e animali, perché stabilizzano il clima, assorbendo CO2 e perché, tra le altre ragioni, aiutano a mantenere il ciclo dell'acqua e a ridurre l'erosione. Come evidenziato dall'ultimo rapporto del World resource institute, nel 2020 abbiamo perso 4,2 milioni di ettari di foreste tropicali, un'area grande quanto i Paesi Bassi, a un ritmo il 12 per cento superiore rispetto all'anno precedente.

Per aiutare nella tutela di questi polmoni verdi, un'equipe di ricercatori guidata dalla Nasa ha elaborato l'indice di vulnerabilità delle foreste tropicali (o Tfvi), una scala numerica che permette di valutare con precisione quanto siano a rischio questi luoghi a causa della crisi climatica e dello sfruttamento delle risorse e del suolo da parte degli umani. Come per quasi tutte le catastrofi naturali, infatti, i principali responsabili siamo noi, come ha stabilito «inequivocabilmente» l'ultimo, allarmante rapporto dell'Ipcc.

Gli scienziati che hanno lavorato allo studio, pubblicando il mese scorso i risultati sulla rivista One Earth, hanno utilizzato dati raccolti via satellite e sono riusciti per la prima volta a elaborare un indice quantitativo della vulnerabilità delle foreste pluviali valido a livello globale e non solo locale, superando un limite finora difficile da scalfire. Come si legge sulla Repubblica, a comporre l'indice, oltre alle osservazioni dal satellite, ci sono misure e indicatori accessori della salute delle foreste, come i flussi d'acqua, l'anidride carbonica assorbita e i livelli di biodiversità. Ogni mese gli scienziati aggiornano il Tfvi, per identificare tempestivamente le aree più vulnerabili, e proporre delle azioni concrete prima che sia troppo tardi.

«Alluvioni frequenti, aumento delle temperature e allungamento della stagione secca, insieme alla deforestazione e alla degradazione del suolo degli ultimi due decenni hanno spinto le foreste tropicali quasi al punto di non ritorno – ha detto Sassan Saatschi, esperto della Nasa e primo autore del lavoro, riporta sempre la rubrica Green&Blue di Repubblica -. Adesso stiamo osservando quello che avevamo previsto dieci anni fa usando i modelli climatici che avevamo a disposizione: è arrivato il momento di agire, ora e non più tardi. Il nostro lavoro sfrutta gran parte delle osservazioni satellitari degli scorsi decenni, per mostrare come e dove si potrebbero raggiungere i punti di non ritorno, e per aiutare i decisori a prendere le contromisure opportune alla conservazione di queste foreste».