In Iraq raggiunti i 50°C gradi all’ombra e il riso ambrato non cresce più, l’ONU: “Un monito per tutti”

Il Paese sta affrontando la peggiore ondata di calore degli ultimi decenni e il quarto anno consecutivo di siccità. Le temperature non sono umanamente sopportabili e alcune colture non riescono più a crescere. Per l’ONU è un segnale che l’era dell’ebollizione è ufficilamente iniziata.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 19 Agosto 2023

In Iraq ci sono 50°C all'ombra. È un dato allarmante che si inserisce in un contesto di crisi climatica e che deve fungere da monito per il resto del mondo, Italia compresa. Il Paese sta attraversando la peggiore ondata di calore degli ultimi decenni e il quarto anno consecutivo di siccità. A Bagdad, la capitale, non si respira, mentre nelle regioni di Samawah, Nassiriya, Diwaniyah e Najaf il termometro è arrivato a segnare i 51°C. Gli orari di lavoro di chi esercita professioni che devono rimanere all'aperto sono stati ridotti, ma l'aspetto più grave è un altro: il riso ambrato, uno degli alimenti portanti della cucina irachena, non cresce più.

In alcune aree del territorio di Najaf, la produzione si è ridotta fino a rappresentare solo il 2% del totale. Quello che viene coltivato serve più a evitare l'estinzione della pianta che al sostentamento della popolazione. Stiamo parlando di un ingrediente che si trova in tantissimi piatti tradizionali e che sempre più spesso viene importato da India e Iran.

L'Iraq è uno dei Paesi considerati più vulnerabili al riscaldamento globale, assieme a Bangladesh, Iran e a diverse nazioni africane. Oltre alla maggiore esposizione per motivi geografici e di condizioni climatiche, il problema riguarda le risorse economiche che non sono sufficienti ad adottare efficaci misure di mitigazione. L'aria condizionata, banalmente, è un lusso per pochi. E anche questi pochi faticano a utilizzarla con continuità a causa dei continui blackout alla rete elettrica.

Quello che sta accadendo tra il Tigri e l'Eufrate, però, non è così lontano da noi come potrebbe sembrare. Anche le Nazioni Unite hanno auspicato che tutto questo possa rappresentare un campanello d'allarme per il mondo intero. "In quel caldo torrido, di fronte a un paesaggio sfregiato, mentre respiravo aria inquinata dalle numerose eruzioni di gas derivate dai giacimenti che punteggiano la regione, mi è stato chiaro che l'era dell'ebollizione globale è davvero iniziata" ha dichiarato Volker Türk, l’Alto commissario ONU per i Diritti umani, che ha visitato il Paese la scorsa settimana.

E che la questione riguardi tutti è piuttosto chiaro. Basti pensare a quello che stiamo vivendo in Italia, con un luglio a oltre 40°C in diverse città e due anni di siccità consecutivi, interrotti da nubifragi violenti che hanno provocato vittime e danni economici. Il caldo record ha inoltre favorito il divampare di incendi e reso più complicato fermarli. Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna, ma anche Rodi, Canada, Tenerife, Hawaii. Nell'estate 2023 la Terra è letteralmente andata a fuoco. La NASA ha confermato come lo scorso mese sia stato il più caldo di sempre a livello globale.

La direzione in cui stiamo andando è quella dell'Iraq, che ci piaccia o meno. Ma non si tratta semplicemente di caldo. Il riscaldamento globale incide sull'economia, con riduzione degli orari di lavoro e aziende che devono fermarsi, e con ingenti investimenti necessari per far fronte alle conseguenze. Secondo Bankitalia, entro il 2031 11mila imprese rischiano di chiudere solo per ragioni climatiche. Diverse città, tra cui Catania e Torino, hanno dovuto fare i conti con blackout elettrici e addirittura con l'interruzione dell'acqua potabile a causa delle temperature troppo elevate.

E ancora. La siccità e il caldo record obbligano a ripensare alle tipologie di coltivazioni che possono crescere e resistere alle nuove condizioni. Secondo Coldiretti le ondate di calore e l'alluvione in Romagna, due facce della stessa medaglia, hanno provocato una riduzione del 70% della produzione di miele, abbattutto del 60% quella di ciliegie e dl 10% per il grano: "Il caldo torrido brucia la frutta e verdura nei campi con ustioni che provocano perdite, dall’uva ai meloni, dalle angurie alle albicocche, dai pomodori alle melanzane".

In Iraq le temperature dovrebbero rimanere elevate fino alla fine di settembre, in Italia stiamo affrontando la terza ondata di calore del 2023 che dovrebbe proseguire almeno fino al 26 agosto. Persino la Groenlandia ha appena vissuto il periodo più caldo degli ultimi mille anni. Ridurre le emissioni ora è l'unica opzione possibile.